E qualcosa vorrà dire, visto che mi chiamo Ana Fidelia.
Non sono più nemmeno la donna di un tempo.
In attesa dello start vi posso raccontare qualcosa di me e di quello che ero.
Cominciando dall'atleta.
A L'Avana, il 5 agosto 1991, corsi in 49”61.
Però sono arrivata alla finale in questi mondiali di Goteborg.
E me la voglio giocare malgrado quello che ho passato.
Quello che si abbattè su di me quel 23 gennaio del 1993 fu qualcosa di più di una tempesta. Fu un autentico tornado.
Che sconvolse la mia vita.
Con ustioni sul 38% del corpo.
Ustioni di terzo grado: sullo stomaco, sul collo, sotto le braccia.
Dovettero farmi partorire prematuramente. Ma la bambina morì una settimana dopo.
Povera mia bambina.
Poi mi portarono uno specchio.
E il mondo mi cascò addosso.
Perché non ero più la stessa donna.
Ero orribile.
Le gambe non avevano subito danni e dopo pochi mesi mi presentai al campo dal mio allenatore Leandro Civil.
Nemmeno lui era convinto che ce l’avrei fatta.
Voglio tornare ad essere una grande atleta.
L’avversaria più forte, la Mutola, è stata squalificata nel turno precedente per invasione di corsia. Mi dispiace.
Perchè lei era stata l’unica a venirmi a trovare in ospedale.
Ma non finì lì.
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Una donna che non si è mai arresa.
Che è tornata a vincere in pista.
Perché la sua battaglia con la vita, l’aveva già vinta.