Era il 1926 quando sposai Walter Porschütz che lavorava come autista e cameriere
Per noi “di cotone”, per uomini a basso reddito, le cose erano sempre difficili e complicate.
55.000 nella sola Berlino.
La vita diventò un inferno per loro.
Dal cibo al vestiario, persino documenti falsi.
Chi meglio di me. Per questo venni assunta come stenodattilografa. Solo una copertura, ma finalmente quel diploma mi sarebbe servito nel caso qualcuno volesse mettermi alla prova.
Non furono le sole. Arrivarono anche Grete Seelig e sua nipote Lucie Ballhorn.
Diedi loro il mio letto. Io mi sistemai in cucina.
E poi quel 3 giugno 1944. La polizia in casa.
Sette chili e mezzo di dolci, 384 sigarette, 104 saponette da barba, tre paia di calze da uomo. “Sottrazione di viveri destinati alla popolazione tedesca”, fu l’accusa.
Con Walther, tornato dalla guerra, ci trasferimmo al 43 di Feurigstraße. Pochi soldi. E malati. Per questo nel 1956 mi rivolsi all’Ufficio per la compensazione dei danni di guerra.
Non era un atto di resistenza.
“Ci risulta che lei era una battona, e una donna che vende il suo corpo è per definizione vile e immorale. Questo rende il suo gesto privo di valore. Spiacenti, ma lei non può essere considerata un’eroina silenziosa".
Già. Immorale lei.
Per lui nessuna definizione di “vile e immorale”.
Nel 2012 è stata riconosciuta "Giusta fra le Nazioni" dallo Yad Vashem.
Come Oskar Schindler, Giorgio Perlasca, Otto Weidt e tutti coloro che con le loro azioni hanno salvato ebrei dai nazisti.
Racconta “dodici storie di donne fortissime che hanno saputo essere protagoniste della loro epoca e della loro società pur esercitando una professione che in teoria le escludeva.”. Tra queste Hedwig Porschütz