E a Mussolini aveva continuato a rimarcare l’inadeguatezza delle truppe italiane in Africa per arginare l’offensiva nemica.
Oltre che a supplicarlo di non entrare in guerra a fianco di Hitler.
Inascoltato.
In verità lo aveva capito anche prima, alla fine del 1940 quando aveva chiesto a Roma, in vista dell’offensiva nemica, qualcosa come 100 aerei, 10.000 gomme per autocarro e 100.000 ton di carburante.
Poteva contare ancora su 92.000 uomini nella divisione “Granatieri di Savoia” schierati intorno ad Addis Abeba e 80 battaglioni di camicie nere. E poi 200.000 indigeni. Ascari eritrei, zaptjè e dubat somali, poco adatti però ad una guerra difensiva
Scarsissimi. Doveva difendere 8.700 Km di confini con soli 990 pezzi d’artiglieria, 240 aerei e una sessantina di “scatolette di sardine” o “bare d’acciaio” o “casse da morto.
Chiamavano così i nostri carri armati leggeri.
Erano rimasti quasi tutti.
La fine dell’Impero.
Gli avevano offerto di mettersi in salvo utilizzando un S79 in grado di fare la rotta Etiopia-Italia.
Aveva rifiutato.
“Devo difendere il mio onore e quello del mio Paese. Se devo cadere, cadrò in piedi”.
“Non ripagate dunque il male col male. (...) Prenderemo le armi al nemico e lo lasceremo andare a casa per la stessa via dalla quale è venuto."
Senza più colpi nei cannoni, pochi caricatori, senza viveri e acqua. Con una sete allucinante. Non avevano scampo. Avevano resistito tanti giorni e l’onore della bandiera era salvo.
Era giunto il momento.
Da quel giorno l’Impero dovette fare assegnamento solo sulle proprie forze.
Come olio, pasta e riso per pochi mesi, carburante per sei mesi, carbone per quattro, pneumatici per 60 giorni.
E dell’aviazione. Che disponeva solo di 325 caccia e bombardieri di cui 61 in magazzino e 81 in riparazione.
Era il 3 ottobre 1935 quando tre corpi d’armata italiani avevano varcato dall’Eritrea il fiume Mareb iniziando l’invasione dell’Etiopia.
Il sottosegretario agli esteri italiano Fulvio Suvich spedì un telegramma alla Società delle Nazioni.
Lo spirito bellicoso e aggressivo che si è sviluppato in Etiopia…ha trovato la sua ultima e piena espressione nell’ordine di mobilitazione generale annunciato dall’Imperatore…”
Il Governo italiano costretto ad autorizzare il comando superiore a prendere le misure necessarie di difesa..”
Secondo il Governo italiano eravamo noi gli aggrediti e loro gli aggressori.
Ma non fu solo gas.
In Etiopia il fascismo mostrò il suo vero volto.
Mostrò quanto fosse razzista e violento.
bit.ly/2LGHCvp