E’ stata dura dover fare i conti con la mia dipendenza da metanfetamine.
Ed è tutto così strano.
Sto cercando di rimanere aggrappato con tutte le mie forze ad una vita che, di fatto, ho da tempo deciso di buttare.
E ho il tempo di ripercorrere la mia vita.
Sono nato a Parigi il primo luglio 1969, ma ci siamo trasferiti subito a Los Angeles, dove i bambini sognano di surfare sulle onde del pacifico.
Quanto sbavavano gli scout della NHL e gli allenatori del college. Tutti mi volevano.
Professionisti o college?
Scelsi il college.
Un modo di fare che urtava amici e compagni. I Los Angeles Kings mi fecero un'offerta per giocare per la loro squadra della lega minore, l'Ontario Reign.
Rifiutai e me ne andai in Europa
Non è vero. Mia madre c’è sempre stata. Anche nei momenti più bui.
Lei era sempre accanto a me.
In tasca due barrette energetiche, tre gomme da masticare, un sacchetto di metanfetamina, alcuni fiammiferi e un lettore Mp3
Pensavo che quel fiumiciattolo fosse la mia salvezza.
“Se lo seguo arriverò a valle”, avevo pensato. Avrei fatto meglio a seguirlo dalla riva invece di saltare di pietra in pietra nel fiume.
Ed ero caduto in acqua.
Come ho fatto a sopravvivere?
Sento che le forze mi stanno lasciando. Dicono che ci si addormenta, piano piano, per sempre.
Mi dispiace mamma.
Le aveva gettate nella neve e aveva fatto una promessa a se stesso.
Se si fosse salvato basta con quella porcheria. Certo, una promessa inutile vista che sta per morire.
Niente di più nutriente aveva pensato.
Ma era stato tutto inutile.
Ha capito che suo figlio è su quelle montagne. Malgrado la squadra di recupero le dica che è inutile continuare le ricerche perché non si resiste otto giorni a quelle altezze, lei insiste.