I politici italiani non hanno ancora trovato il tono giusto, il timbro comunicativo necessario al discorso pubblico sulla crisi. Macinano sempre le stesse parole, si nutrono di una retorica da oratorio, incolore e senza slancio.
Ondeggiano tra il compiacimento passato e lo smarrimento futuro, si attorcigliano in esortazioni al non mollare, al tener duro, spaventano e rassicurano nello stesso giro di frase. La via d’uscita è sempre dietro l’angolo e insieme irraggiungibile.
Sul loro conto il tasto è sempre quello di quanto duramente lavorino, pancia a terra, giorni e notti, senza tregua, costantemente. Mente ai cittadini si rivolgono con vaghi richiami all’unità e all’ottemperanza.
Nei discorsi non ci sono dati di fatto, previsioni verificabili, scadenze, impegni, parametri; c’è esitazione, ritrosia, dire e non dire, far intendere, il senso di tastare un terreno che non si vorrebbe percorrere
Questa verbosa afasia istituzionale manca di risonanza, si spegne appena pronunciata e lascia vuoti di senso che si riempiono di gaffe e malintesi.
Il declino della professione politica lascia senza voce proprio quando ci sarebbe molto da dire.
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In Europa ferve da tempo un dibattito animato e interessante sul futuro delle grandi città, che il covid-19 ha rilanciato e fornito di nuove riflessioni. La sindaca socialista di Parigi, Anne Hidalgo ha appena vinto il suo secondo mandato con lo slogan "Paris Piéton"
La sua idea è pedonalizzare al massimo la città, creando delle zone autosufficienti in cui tutto o quasi possa essere fatto in 15 minuti e quello che esce da questo raggio deve potersi ottenere on line. Dal 2014 Hidalgo libera aree della città dalle auto e le consegna i pedoni
Ovviamente non mancano le polemiche. Questa è un'operazione che funziona molto bene in centro e per le classi abbienti che o lavorano vicino casa o possono spostarsi con monopattini e bici elettriche o con dovizia di mezzi pubblici.
La comunicazione del governo tende a faci credere una cosa: c'è una masnada di cittadini irrequieti, attivisti ludici, assembratori domiciliari e congiunzioinisti orgiastici che vogliono il "tana libera tutti". E c'è un presidente, severo ma giusto che li protegge da loro stessi
Non è così. Se c'è una protesta è perchè i cittadini sentono di aver fatto il loro: sono stati a casa, si sono lavati le mani e si sono distanziati. Ma non vedono compiuta l'altra parte del patto: tracciamento dei positivi, isolamento lontano da casa, app&test, mascherine...
Non vedono un piano, né per il contenimento del virus (oltre a "aspettiamo il caldo") né per la ricostruzione economica (oltre a "ti presto i soldi ma li spendi come dico io")
Niente di quello che ci si aspettava di sapere è stato detto. Nessuna distinzione normativa per area geografica o per età. Nessuna notizia su campionamento dei contagi. Niente su tracciamento sanitario nè indicazioni su criteri per eventuali chiusure o zone rosse
Niente sul monitoraggio del sistema sanitario e la relazione con le riaperture (ci sono regioni con il 43 per cento ICU occupate e altre con il 2) Niente su come recuperare mesi di scuola persi e come consentire a famiglie con bambini di tornare a lavoro.
Non una parola sul destino del lavoro remoto (è stata una parentesi da dimenticare o un'occasione per imparare qualcosa). Poco o nulla sulle nuove prospettive industriali ed economiche.
Non credo che il NO vincerà al referendum sul taglio dei parlamentari (basta il fatto che la questione sia messa così per capirlo) eppure potrebbe essere un’occasione preziosa per la scombinata politica italiana di favorire l’emersione di cose nuove.
D’altro canto abbiamo imparato che i referendum mettono in moto dinamiche non solo politiche che superano il contenuto racchiuso nel wording dei quesiti. Tagliare i parlamentari può essere una soddisfazione e dire di NO una fatica ma lo stesso NO potrebbe dire molto altro
Per esempio potrebbe mettere insieme chi ancora pensa che il consenso non vada solo consumato ma creato, che il rispetto per il volere del “popolo” non consista nel seguirne gli istinti più brutali al grido di “è quello che ci chiedono i cittadini”