Stasera @Inter e @borussia Monchengladbach si ritrovano in Champions 49 anni e un giorno dopo "la partita della lattina", un episodio che fece giurisprudenza nel calcio europeo e impose in tutto il continente un personaggio entrato da quel momento nel pantheon interista. Thread!
Al 29' p.t. di Borussia-Inter, andata ottavi di Coppa Campioni, sul risultato di 2-1, Roberto Boninsegna viene colpito alla testa da un oggetto piovuto dalle tribune. Cade a terra, viene sostituito da Ghio e viene portato in barella negli spogliatoi con il dottor Quarenghi.
Cos'è stato? Una lattina? Una lattina. Ludwig Muller rilancia verso il pubblico il corpo del reato, ma Sandro Mazzola se ne fa dare una mezza piena da uno spettatore italiano e la consegna prontamente all'arbitro olandese Dorpmans, che non si è accorto di niente.
Anche se Dorpmans (che curiosamente fa il rappresentante di vino, birra e Coca Cola) dirà diversamente: "Le lattine le ho sotto gli occhi tutto il giorno, so riconoscerle al volo". Nel referto dichiara la partita regolarmente conclusa, ma riporta anche fedelmente l'accaduto.
Oltre a Dorpmans, c'è un altro illustrissimo testimone oculare che convalida il match: il delegato UEFA è infatti sir Matt Busby, leggendario tecnico del Manchester United sopravvissuto all'incidente aereo di Monaco 1958 e campione d'Europa dieci anni dopo.
Il tecnico Invernizzi tranquillizza i suoi, nervosi e impauriti: "Finiamo la partita, tanto ce la danno vinta a tavolino". Il grande "angelo biondo" Netzer travolge il suo marcatore Fabbian. Finisce 7-1: il portiere Vieri, in stato di choc, viene sostituito all'intervallo sul 5-1
La partita ha una coda ancora più polemica: all'86', dopo un fischio poco gradito, Mario Corso si avvicina all'arbitro e lo colpisce con un calcio alla gamba sinistra. Espulso, grande parapiglia. Corso verrà squalificato per quattordici mesi. Ma è in arrivo un colpo di scena.
Clamoroso: a una rapida occhiata al regolamento UEFA, non esiste il principio della responsabilità oggettiva in caso di intemperanze del pubblico. 7-1 omologato! L'Inter fa subito ricorso e affida la patata bollente al brillante avvocato Giuseppe Prisco, 49 anni.
Primo grado a Ginevra il 28 ottobre: i tedeschi sostengono la tesi che Boninsegna abbia simulato, che sia stato colpito non alla testa ma alla spalla, e che la lattina fosse vuota (ma Dorpmans ha segnalato la fuoriuscita di liquido durante la parabola della lattina).
L'interrogatorio incrociato con Prisco che conclude la sua arringa con le parole: "Se non volete punire troppo severamente il Borussia, salvate almeno lo sport: quella sera a Monchengladbach fu umiliato". E quella notte, tornando in hotel a cena...
...all'una e mezza di notte, Prisco trova un bigliettino accanto alla chiave con su scritto il verdetto. Nella hall c'è anche il presidente UEFA Wiederkehr, a cui chiede immediatamente conferma. Affermativo. Partita annullata.
La partita va ripetuta dopo il return-match di Milano (3 novembre) in campo neutro a Berna. Vengono diffuse le foto del colpevole, Manfred Kirstein (che curiosamente, mentre viene scortato fuori dagli agenti, ha un'altra lattina in mano).
I media tedeschi (e non solo: anche Marca si schiera "contro") ironizzano sulla sentenza e sugli italiani. In una vignetta sulla Bild un giocatore in trasferta si rivolge a un signore a bordo campo: "Se ci va male, lancia la bottiglietta!". Il Borussia annuncia ricorso in appello
Il 3 novembre l'Inter vince 4-2 a San Siro il "ritorno". Appello il 10 novembre a Zurigo. "I tedeschi portarono in aula anche Netzer, forse per sedurre uno dei componenti del giurì d’appello che si diceva fosse notoriamente sensibile a biondi argomenti" (Prisco).
Ma la sentenza viene confermata, con unica concessione al Borussia di giocare la ripetizione in Germania, ma a 100 km da Monchengladbach (verrà scelta Berlino). La "bella" finirà 0-0 con il giovane Ivano Bordon eroe-paratutto, compreso un calcio di rigore.
L'Inter arriverà sino in finale di Coppa, dove sarà spazzata via dall'Ajax di Cruijff. Prisco, secondo i tedeschi "il miglior giocatore dell'Inter", assisterà alla partita in tribuna all'Olympiastadion con una sciarpa tricolore ben visibile sotto il cappotto.
Nel 1979, a pochi giorni da Inter-Borussia di coppa UEFA, un signore di Milano, simpatizzante del Torino, scriverà al Corriere della Sera e confesserà: "Sono stato io a dare a Mazzola la lattina. Era tale l'eccitazione che, invece di chiamarlo Sandro, l'ho chiamato Ferruccio".

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