Thread by @MariuzzoAndrea

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Nel 2000, agli inizi delle rlevazioni @OECDEduSkills riportate nell'annuale Education at a Glance, la percentuale di italiani tra i 25 e i 34 anni in possesso di un titolo universitario era circa il 10%

Spesso questo dato viene riportato in comparazione al 28-29% attuale, per mettere in evidenza come riforme e dinamiche sociali e culturali abbiano contribuito, soprattutto nei 10-12 anni immediatamente successivi, ad avvicinarci a una media OCSE che cmq è ancora lontana (44-45%)

Stavolta io invece, da storico, cercherei di valorizzare proprio quel dato del passato, mettendolo nel giusto contesto per rispondere ad alcune questioni del presente.

Chi aveva 30 anni nel 2000 oggi ha 50 anni, ed è nel pieno dell'età produttiva, nella fascia anagrafica...

...da cui una società, un'impresa, una realtà amministrativa dovrebbero estrarre le figure dirigenti e i quadri decisionali. Figure dirigenti e quadri decisionali da cui, nel 2020, un paese tra i più sviluppati al mondo si aspetta proprio quella preparazione...

...per ottenere la quale ci si rivolge all'università: una preparazione culturale e professionale non normativa ma critica e creativa, non monolingue e "parrocchiale" ma fondata sull'affaccio almeno nelle letture al "gran vento del mondo", ecc. Ma solo il 10% di loro ce l'ha

Così chi aveva 30 anni nel 1990, quando la quota di 25-34 laureati era ancora inferiore, oggi ha 60 anni, ed è in quella fascia di popolazione che, sappiamo, è pronta a votare QUASI LETTERALMENTE HITLER pur di andare in pensione un anno prima

Quando ci chiediamo come mai i leader 75enni faticano così tanto a schiodare il culo dalla poltrona e a cedere il posto a quella che dovrebbe essere la classe dirigente "giovane" del paese, teniamo conto dei dati per capire quale profondità sociale questa classe dirigente offre

E quando ci chiediamo perché è così difficile mettere in piedi un sistema pensionistico sostenibile, chiediamoci perché una fascia di età così cospicua si sente così inadatta a stare al lavoro, o è costretta a svolgere lavori che non è più in grado di sostenere...

...senza reali possibilità di cambiare, e chiediamoci che cosa bisogna fare in termini di formazione continua, aggiornamento, diffusione della cultura superiore affinché non ci capiti ad ogni generazione, oltreché a limitarci a maledire (anche comprensibilmente, eh?) i boomer

In generale, quando tiriamo fuori astrazioni come la knowledge economy o guardiamo a certe scelte e comportamenti, ricordiamoci che dietro i dati statistici ci sono esistenze individuali che sono scorse e scorrono nel tempo...

...e soprattutto ricordiamoci della dimensione temporale di questi fenomeni, per evitare di lamentarci domani della situazione che avremo costruito con le scelte di oggi

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