"L'amore è quanto c'è di più prossimo alla psicosi. L'amore è follia", diceva Freud in quegli anni.
E Oskar Kokoschka l'aveva sempre saputo, sin da quando aveva scritto "Assassino, speranza delle donne", in cui, a ben vedere, c'era già tutto.
Ma non immaginava certo fino a che
punto sarebbe arrivato lui stesso nel suo delirio.
Aveva conosciuto Alma, vedova di Mahler, e s'era innamorato pazzamente - è proprio il caso di dirlo.
Lei era donna vivace, disinibita, bella, libera. Tutta Vienna l'ammirava e ne subiva il grande fascino e lui, 7 anni più giovane
l'amò di una passione tanto malata quanto irrinunciabile, dipingendola instancabilmente. Ma lei, seppur assecondandolo per qualche tempo, non lo contraccambiava allo stesso modo e finì con l'esasperarsi per le sue folli gelosie. Più di tutto era geloso del ricordo del suo defunto
marito musicista; quando lei rimase incinta arrivò a vaneggiare che il bambino avrebbe potuto somigliare a lui, Mahler, morto ormai da tempo. Allora lei decise di abortire e fu il primo passo per sganciarsi definitivamente da quella relazione insana che la stava trascinando in un
abisso in cui non aveva intenzione di precipitare. E così alla fine lo lasciò. E lo lasciò in un'angoscia che lo spinse ad arruolarsi in cavalleria nella Grande Guerra, nella speranza di dimenticarla.
Ma al fronte si faceva sul serio, e Oskar non era in sé. Fu ferito gravemente,
e l'esercito colse l'occasione per congedarlo per instabilità mentale. Rientrato dal fronte seppe che Alma s'era sposata con Walter Gropius e questo diede il via all'ultimo atto della sua ossessione.
Contattò la modista Hermine Moos, e la incaricò di realizzare una bambola dalle
fattezze di Alma. Le diede istruzioni precise, in quello che fu probabilmente l'epistolario più folle della storia. 12 lettere dense di disegni e descrizioni dettagliate, non solo della fisicità della sua amata, ma anche delle sensazioni tattili che il manichino avrebbe dovuto
garantirgli, ogni curva del corpo, ogni piega della pelle, ogni minimo particolare delle sue parti intime, la lingua, i denti...
Attese impaziente la consegna e finalmente dopo qualche mese il pacco arrivò. Lo aprì convulsamente, ansioso di stringere di nuovo tra le braccia la
sua amata, ma fu preso da grande delusione quando vide l'oggetto del suo pazzo desiderio. Reclamò. Ma in breve finì per accettarlo, quel grottesco e inquietante surrogato che gli regalava l'illusione di poter vivere un amore finito. E allora la vestì di tessuti preziosi, la portò
a teatro, le fece fare passeggiate in carrozza da sola, "per distrarsi"... Visse con lei come non aveva mai vissuto con Alma, lei era docile, pensava i suoi pensieri, lo riamava del suo amore, non lo avrebbe mai lasciato.
E la dipinse. Come un tempo dipingeva Alma,ora la bambola.
Finché una sera, durante una festa, successe qualcosa. Pare che degli amici la presero e ci giocarono un po', svestendola. Allora Oskar, ubriaco, in preda alla gelosia, si avventò su di lei pugnalandola, la decapitò, e tutta intrisa di vino rosso la gettò in giardino. La mattina
dopo il postino credette di vedere un cadavere insanguinato e chiamò la polizia. Che arrivò e chiese spiegazioni.
"È solo una bambola", rispose Oskar. Ormai sobrio, finalmente rientrato in sé.
E finalmente come una bambola la dipinse.
Consapevole, ma pur sempre inquietante. Come
il tempo in cui visse, di cui fu decisamente figlio.
Anche nella "Pietà", prima di Alma, c'era già tutto. Anche la profezia della sua sposa-cadavere:
"L'uomo è rosso sangue, il colore della vita, ma lui è morto sulle ginocchia di una donna che è bianca, il colore della morte".
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A differenza della taberna, nel thermopolium si può mangiare e bere stando seduti. Solo che se, per una strada qualsiasi, chiedessimo a qcn di indicarci il "thermopolium", nessuno capirebbe, ché è una parola greca che nessuno usa nella Roma imperiale. La gente lo chiama "popina".
Alcuni siedono all'esterno per mangiare, ai banconi a L un lato dei quali è affacciato sulla strada. Nello spessore del bancone c'è una vasca che fa da lavandino, con un minimo di alimentazione di acqua corrente. Sul resto del bancone, dei grandi fori rotondi. Al di sotto, la
bocca di grandi anfore incorporate nel bancone. In una le olive, in un'altra del farro, in un'altra del vino, che viene messo in un pentolino su un piccolo braciere in fondo al bancone, ché il vino si beve caldo. In un angolo della popina c'è un forno per le focacce e il pane e
È iniziato da qualche giorno il lavoro di acquisizione dati 3D per la realizzazione di un "gemello digitale" del David di Michelangelo c/o la Galleria dell'Accademia di Firenze per l'Expo di Dubai. Per la riproduzione del "colosso toscano" c'è un team della madonna, fatto di
scienziati, tecnici, restauratori, artigiani sceltissimi. L'acquisizione dati è una fase cruciale poiché l'intento non è solo di poter riprodurre l'originale con una tolleranza prossima a zero ma anche di utilizzare gli stessi dati a scopo di studio e di conservazione dell'opera.
Infatti i dati dovranno rilevare non solo la "forma" ma anche la texture. Un lavoro immane, anche per le dimensioni eccezionali, straordinarie anche per la stampa in 3D. La copia verrà realizzata in resina, la finitura sarà curata dai restauratori. Molte parti sono estremamente
L'esercito di terracotta (Cina, Xi'an, III sec. a.C.)
Oltre 8000 pezzi totali a grandezza naturale, a guardia (a corredo) della sepoltura del 1° imperatore, accidentalmente scoperti da contadini che, a metà degli anni '70, scavarono nel terreno per realizzare un pozzo.
Non ne so
granché, ma questo stesso imperatore vedeva certamente le cose in grande. Non solo si fece costruire un mausoleo fuori misura (56kmq), ma fu lui a pensare di unificare tutte le fortificazioni precedentemente costruite sì da formare la Grande Muraglia.
Si chiamava Qin Shi Huang. E
cmq il tutto ciò perché, incappata casualmente in una foto, mi sono intrippata a osservare le facce. Alcune mi sembravano identiche, altre no. Così ho scoperto che busto e arti vennero modellati a mano mentre per le teste e le mani c'erano degli stampi. E ogni statua reca l'iden-
"Placebo" (=piacerò) deriva dalla traduzione medievale un po' malfatta di un passo della Bibbia reso con "Placebo Domino in regione vivorum", cioè "piacerò al Signore", anziché "camminerò davanti al Signore".
In Inghilterra allora prese piede l'usanza, durante i funerali, di riu-
nirsi millantando una qualche parentela o stretto legame col defunto, e cantare in coro questo versetto. Il tutto per potersi imbucare e scroccare, alla fine del rito, il pasto offerto dalla famiglia. Questi che si davano a "cantare placebo" col tempo, secondo alcuni, arrivavano
persino a specializzarsi facendone quasi una professione. In ogni caso era un pianto interessato, adulatore, una pantomima inscenata ma non sentita, per un qualche interesse.
Per questo il termine Placebo si associò a finzione, a comportamento ingannevole. Di qui il significato
Claudia Quinta, lo sapevano tutti, era una donnaccia.
"Ma non vedi come s'è conciata??". "Ma non si vergogna??". "Tutto quel trucco! E tutta quella chincaglieria!". "E quel vestito? Che scostumata!!"
La vox populi la voleva pure pettegola, accusandola di ciò che in effetti subiva
e lei, bellissima e sfrontata, rispondeva a tono, zittendoli, anche a tutti quei vecchiacci che, vedendola passare discinta, non le risparmiavano i commenti peggiori. Certo il basso profilo proprio non le apparteneva. Ma perché avrebbe dovuto, del resto?
È probabile che anche lei
stessa si stupì quando un bel giorno l'oracolo la indicò come la "castissima femina" incaricata di accogliere a Roma la statua della Magna Mater in arrivo via fiume.
Come, proprio lei?? E il pudor? La pudicitia? Roba da matti! Di sicuro così fu accolta la notizia tra la gente che
"Elena scrive a Paride" (dalle Eroidi di Ovidio, codice della Bibl. Nationale de France).
Ho letto sta lettera immaginaria.
"Quanto alla tua richiesta di PARLARE segretamente e di persona, so COSA cerchi di avere e COSA chiami colloquio..."(😈) è forse l'unico guizzo di lucidità
e di realismo della Più Bella Del Mondo, il cui ruolo appunto è quello di essere la più bella del mondo, non la più intelligente, e infatti.
Su quanto questo mito, come tanti altri, raccontati sempre e solo da uomini, abbia influito a configurare l'equazione bella=scema non si
può sorvolare.
La donna bella non ha pensieri, emozioni, parole, senno. È lì per sedurre, meglio se muta.
Eppure ne avrebbe avute di cose da dire, sta poraccia, se solo l'avessero fatta parlare davvero, e con parole sue!
Ma no,è bellissima, la sua funzione è un'altra e si capisce