Negli ultimi otto thread vi ho raccontato storie della Resistenza bergamasca.
Dai tredici martiri di Lovere alla strage di Petosino.
Da Giorgio Paglia ad Angelo Gotti, dall’eccidio di Cornalba alla strage di Nese per concludere con Bepi Signorelli e Adriana Locatelli.
Tutte queste storie hanno un comune denominatore.
Lo scontro con la famigerata 612° Compagnia OP (Ordine pubblico) comandata dal capitano Aldo Resmini.
Ci sarebbe ancora molto da raccontare, ma giusto rimarcare alcune cose.
La Corte d’Assise straordinaria di Bergamo definì la 612° Compagnia OP “Famigerata abominevole banda Resmini”
“Banda Resmini terrore e obbrobrio della provincia di Bergamo per i numerosi delitti ed atti di crudeltà commessi contro uomini e donne di ogni classe sociale”.
Cosa fosse la “Banda Resmini” lo si può leggere nella sentenza del 16 febbraio 1946 emessa dal giudice Artina nei confronti del milite Agostino Speranza, uno dei militi della OP, condannato a dieci anni e otto mesi per aver partecipato ai rastrellamenti di Cornalba e Val Vertova.
Ma cosa erano le Corti d'Assise Straordinarie (Cas)?
Le Cas furono istituite con decreto legislativo luogotenenziale 22 aprile 1945 n. 142.
"Istituzioni delle Corti straordinarie di assise per i reati di collaborazione con i tedeschi" (da qui il termine collaborazionismo).
Le Corti Straordinarie d’Assise, stabiliva il decreto, sono composte di un presidente e da quattro giudici popolari.
Il presidente è nominato dal Primo presidente di Corte d’Appello competente [...] I giudici popolari sono estratti a sorte dagli elenchi...
Il reato di collaborazionismo con i tedeschi era stato introdotto dall’art. 5 del decreto legislativo luogotenenziale 27 luglio 1944 n. 159.
Competenti a giudicare gli imputati del reato di collaborazionismo con i tedeschi furono proprio le corti d’assise straordinarie.
Tutto a posto quindi? Non proprio.
Forse in futuro parleremo della Corte straordinaria d’Assise di Bergamo e delle sue sentenze contro i militi della 612° Compagnia OP.
Ma prima dobbiamo parlare di uno “scontro” avvenuto all’interno della CAS di Bergamo.
Il motivo?
Gli orientamenti diversi nell’interpretare e nell’applicare ai comportamenti dei militi dell’OP il reato di collaborazionismo.
Era militare o politico?
Due reati molto diversi, e diverse le pene.
Per quello politico era prevista la reclusione da dieci a venti anni.
Per quello militare era prevista anche la pena di morte. E, cosa importante, solo il collaborazionismo militare postulava il riconoscimento dei partigiani come lotta di liberazione a fianco delle forze armate militari.
Quello politico no.
Per il giudice Artina il collaborazionismo dei militi della 612° OP era sicuramente di tipo militare.
E così si era comportato nella sentenza indicata precedentemente per Agostino Speranza.
Tenendo conto del fatto che lo Speranza fu molto collaborativo.
Per Luigi Signori, altro milite della OP, presente pure lui alla rappresaglia di Cornalba come lo Speranza, l’accusa fu invece di collaborazionismo politico.
Ma il giudice in questo caso era Giraldi, presidente della Cas di Bergamo che sostituì Artina in sette occasioni.
Per una sua strana interpretazione della guerra in Italia, lui non considerava le formazioni partigiane come facenti parte delle forze armate dello Stato.
Nessun milite della OP fu riconosciuto da lui colpevole di collaborazionismo militare.
Quindi ebbero pene molto più lievi.
Giraldi era convinto che le uniche operazioni militari si erano svolte lungo la linea del fronte e nei territori occupati. Ma non al Nord.
I rastrellamenti, le torture, le rappresaglie, i saccheggi e le uccisioni dei partigiani erano da lui derubricati come “atti politici”.
Difficile essere d’accordo con un “collaborazionismo politico” a colpi di mortaio.
Tanto che il Giraldi fu estromesso dalla presidenza della Cas nel gennaio del 1946.
Ci tornerà nel maggio del 1947, dopo essersi reso conto, lo ammetterà pubblicamente, di essersi sbagliato.
Detto questo giusto precisare una cosa.
Nella CAS bergamasca, e non solo in quella, venne utilizzata spesso la concessione delle attenuanti generiche per ridurre le pene.
A nessun giudice piaceva l’idea di condannare a morte le persone, anche se criminali.
A Bergamo su 180 sentenze per 302 imputati furono sei le condanne a morte.
Il gruppo più numeroso di imputati furono i 57 militi appartenenti proprio alla 612° Compagnia Ordine Pubblico, comando provinciale della Guardia nazionale repubblicana.
Come riconobbero i giudici un aiuto al nemico nei suoi disegni politici, da un aiuto al nemico nelle operazioni militari?
Ricordate la super delatrice Clelia?
Fu condannata per collaborazionismo militare.
Invece il comandante della Gnr per collaborazionismo politico.
E i minori che avevano aderito alla RSI accusati di collaborazionismo? Furono processati.
Nel 1946 la seconda sezione della corte di cassazione annullerà le sentenze di condanna.
La propaganda fascista aveva influito pesantemente sulla loro capacità di intendere e di volere.
Fu Umberto di Savoia a proporre un’amnistia bocciando la prima proposta perché ritenuta troppo limitata. La successiva amnistia Togliatti depenalizzò tutti i reati di collaborazionismo ad eccezione di quelli commessi per motivo di lucro.
O da persone rivestite di elevate funzioni
O legati a “fatti di stragi, sevizie particolarmente efferate, omicidio o saccheggio”.
Per gli imputati che non godevano dei benefici dell’amnistia le pene furono ridotte di un terzo.
Col trascorrere dei mesi si riscontrò un atteggiamento meno rigoroso da parte dei magistrati.
Non solo.
Ci fu uno scontro (un altro?) tra la magistratura locale, più vicina all’esigenza della popolazione di avere giustizia, e l’Alta Corte, che tendeva a estendere i benefici degli imputati (qualcuno la definirà "parafascista dal tecnicismo miope")
Insomma. Si andò ben oltre l’amnistia Togliatti.
E i successivi decreti negli anni successivi non fecero altro che allargare ulteriormente i termini temporali e la casistica.
Così molti gravi delitti commessi da fascisti rimasero impuniti.
Questo consentì il reinserimento nel nuovo Stato Repubblicano di soggetti che erano stati parte integrante del regime fascista.
Anche i più compromessi.
Come disse il Bepi Signorelli “passare dall’amnistia all’amnesia fu un attimo”.
Un avvocato, dieci anni dopo la liberazione..
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Tempo fa Johannes vi ha raccontato la storia del calciatore cileno Carlos Caszelye e della partita fantasma disputata a Santiago su ordine di Pinochet.
Ricordando con dolore quell'11 settembre 1973 che cambiò la storia del Cile.
(Da leggere qui bit.ly/3FuPfOZ )
Ha solo accennato ai caccia Hawker Hunter di fabbricazione britannica che quel giorno sganciarono bombe incendiarie sul Palacio de la Moneda dove aveva sede il governo democratico di Salvador Allende.
Lui era lì.
Ma non era solo. bit.ly/32kOPfl
Io ero con lui, con il Presidente Allende.
Quando ero entrata nel Palazzo presidenziale quella mattina mai avrei immaginato quello che stava per accadere.
Che ci facevo nel palazzo?
Mi chiamo Beatriz, per amici e famiglia “Tati”.
Figlia del Presidente Allende.
Lo so, qualcuno sminuisce continuamente quello che abbiamo fatto, affermando che in fondo sono stati gli Alleati a liberare il Paese.
Secondo queste persone noi potevano starcene tranquillamente seduti sul divano, aspettando la loro avanzata.
Agimmo diversamente.
Insieme a molti altri, decisi anch'io di fare qualcosa.
Tutto cominciò dopo l’8 settembre.
Nelle valli bergamasche si andavano formando i primi gruppi di lotta contro i nazi-fascisti.
Abitavo a Bergamo, quando si presentarono alla mia porta alcuni militari sbandati.
Li accolsi. E li organizzai.
Diventammo la “banda Maresana”. Li guidai per oltre un anno in azioni contro i tedeschi e i fascisti. Finché la rappresaglia nazi-fascista non si scatenò contro la X Brigata Garibaldi, attiva nella val Taleggio, che aveva occupato i paesi della valle.
Tra morti di Cornalba (Eccidio raccontato giorni fa bit.ly/31QE3wY) c’erano anche tre partigiani russi.
Ricordati con i nomi di Angelo, Carlo e Michele.
In realtà non si è mai riusciti a risalire alla loro vera identità.
C’erano molti russi sul territorio bergamasco.
Bianchi, caucasici, georgiani, asiatici e calmucchi.
Ma tanti di loro, per i loro tratti orientali e gli occhi a mandorla, i bergamaschi li chiamavano “i mongoli”.
Esattamente erano dell’Azerbaigian.
Il soprannome proveniva dalla vulgata popolare che li chiamava così per le fattezze asiatiche di molti di loro. Qualcuno diceva che si muovessero come un’orda.
Mi chiamavano “il tessitore”, ma sono sempre stato per tutti solo il “Bepi”.Per il mio carattere, per quello che ho passato e per come è finita, la voglia di raccontarvi la mia storia è poca, anzi pochissima. Ma per Johannes deve essere raccontata. Dice che la gente deve sapere.
Mi chiamo Giuseppe Signorelli e sono nato a Bergamo il 18 settembre 1907.
Come molti ragazzi ho frequentato le scuole professionali indirizzo meccanico, riuscendo ad entrare, ancora giovane, alla Dalmine.
Con una mansione che mi aiutò moltissimo, quando venne il momento.
Ero addetto alla manutenzione delle macchine da scrivere negli uffici. Con assoluta libertà di movimento. Di più. Avevo la possibilità di conosce i dirigenti.
Come accadde a molti, io non aspettai l’8 settembre. Iniziai ancora prima della guerra.
Prenderà la denominazione di 612° Compagnia OP (Ordine Pubblico). Sotto i suoi ordini.
Perché, si diceva, lui gli uomini li sapeva comandare “in modo adeguato”.
Che solo a sentire la parola “adeguato” ai bergamaschi faceva venire i brividi.
Come nel gennaio 1944 quando aveva effettuato un rastrellamento al Roccolo "Gasparotto al Colle di Zambla per cercare i responsabili dell’uccisione a Bergamo di Giovanni Favettini, commissario prefettizio di Scanzorosciate.
Un attacco ai partigiani di Dante Paci e Aldo Battagion concluso con l’arresto di tutti i partigiani e l’uccisione di Valdo Eleuterio, 17 anni.
E il roccolo dato alle fiamme.
Lui quei partigiani li aveva torturati.
Il Paci per sei mesi.
Senza ottenere nessuna informazione.