DIPLOMI QUADRIENNALI
Una riforma per la quale i nostri kompetenti sembrano fare gli occhi a cuoricino: tagliare di un anno le secondarie superiori. Perché? Come? E che senso ha?
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miur.gov.it/-/diploma-in-4…
Dopo il fallimento della ben più articolata proposta Berlinguer del 1999-2000 ne è cominciato a parlare nel 2013. Le sperimentazioni sono cominciate tra 2017 e e 2018, coinvolgendo un numero sempre maggiore di classi. Oggi iniziano a essere disponibili i primi diplomati
Finora la sperimentazione non è risultata popolarissima, e il ministero non ha ancora trovato una "narrazione" per venderla, anche se la strada per una generalizzazione delle nuove tempistiche sembra ormai decisa
Ma prima di tutto ha senso? Potrebbe averne, perché è vero, come fanno sempre notare i suoi fautori, che nei principali paesi sviluppati i cicli scolastici complessivi durano 12 anni e non 13. Bisogna però tenere a mente alcuni presupposti
Una revisione dei cicli, infatti, può essere il punto di arrivo di una ristrutturazione più profonda, allo stesso modo in cui gli aspetti istituzionali della scuola, per quanto solidi, sono un mezzo per definire l'esperienza culturale ed educativa che ci si fa dentro
Per arrivare a completare i cicli preuniversitari in 12 anni si dovrebbe partire dal presupposto che anche neppure a programmi inalterati potrà essere conservata l'efficacia didattica del percorso in 13. Un anno in più di riflessione e "masticazione" non è superfluo
Bisogna quindi pensare a nuove scansioni ed elaborare una nuova strategia. Intanto bisogna garantire per TUTTI gli studenti il completamento di quei 12 anni, e viste le quote di dispersione specie al Sud serve attivarsi molto di più che con l'obbligo a 18 anni
Dopodiché, bisogna arrivare a un regime in cui, come nel paesi sviluppati a cui si guarda, il proseguimento degli studi dopo la secondaria sia il destino comune di oltre la metà di diplomate e diplomati
E lo è in percorsi successivi che di solito durano un anno in più che da noi, e che hanno le risorse materiali e umane per offrire agli studenti anche quella sistemazione della cultura generale che alla secondaria è stata solo introdotta
Un ripensamento del ruolo e delle dimensioni istituzionali dell'istruzione superiore (non necessariamente universitaria, ma allora gli ITS devono essere risvegliati dal coma non soltanto con un discorso di insediamento) è quindi necessario per completare il passaggio
E per la metà di studenti che non continua gli studi occorre poter garantire un accesso alla formazione continua strutturato e verificato, per non perderli in un quasi-analfabetismo di ritorno. Tutte opportunità, come si vede, che oggi sono fantascienza
Finché questi elementi non sono assicurati fermare agli studi ragazze e ragazzi un anno in più è importante per salvare il salvabile e offrire lo qualche strumento e contenuto che dopo non potrà più essere recuperato da nessuna parte
In tutto ciò da noi, come al solito, si è deciso di partire dal tetto. Prima tagliamo un anno di scuola, poi si vede (e sappiamo come si vede in questi casi). Perché? Naturalmente la prima cosa che fa gola a tanta parte della nostra classe dirigente è il risparmio
Il taglio di un anno è sentito prima di tutto come il taglio del 20% delle spese per la secondaria (in teoria da distribuire in parte per ridurre le classi e migliorare le infrastrutture didattiche, ma IN PARTE, sia chiaro)
Un risparmio, peraltro, che si ripercuoterebbe in primo luogo sul corpo docente, le cui dimensioni diverrebbero più contenute (e che perderebbe potere contrattuale). Il lavoro ai fianchi che tanti commentatori stanno facendo agli insegnanti si capisce meglio in questa prospettiva
Ma dietro al taglio di un anno "all'italiana" c'è anche qualcosa di più profondo. Non è un caso che i documenti in proposito martellino molto sul fatto che gli obiettivi formativi saranno invariati anche "restringendo" ed "essenzializzando" i contenuti conoscitivi richiesti
Serpeggia insomma l'idea che nel quinquennio di superiori ci si soffermi troppo su saperi accessori (greco e latino, matematica e fisica relativamente avanzate, laboratorio, informatica teorica, tutto quello che caratterizza i percorsi di studio, insomma)...
...mentre quello che davvero conta è uscire sapendo esprimersi in italiano (su quali contenuti è secondario), conoscendo una lingua straniera, maneggiando la matematica di base nei contesti quotidiani (le abilità fondamentali che misurano i test INVALSI per intenderci)...
...fino ad arrivare alle famose "competenze base in Excel" o a "saper leggere una busta paga" e "saper pagare le tasse". Tutte cose che dette così, astratte da un contenuto culturale, in 4 anni si affrontano senza problemi, e il resto è contorno
La stessa idea di sostituire l'esame di maturità con un mega-test INVALSI mantiene proprio quello che della maturità attuale va cancellato (la natura di esame di Stato), e spinge a un impoverimento irrimediabile dei contenuti su cui passare il tempo della scuola
Gli ottimisti notano che dietro a questo grappolo di idee si nasconde idea classista: agli studenti "comuni" apprendimento incentrato sulle abilità meccaniche prive dei contenuti per una riflessione critica, riservate ai figli di chi vuole la "cultura tecnica" solo per gli altri
Ma è possibile che la situazione sia anche peggiore: il successo, tra chi se lo può permettere per soldi e scelte abitative, dei licei internazionali (non solo privati) nel centro di Milano e Roma pare tracciare un'altra tendenza
Anche per i rampolli della classe dirigente, si preferisce una preparazione meno solida sul piano dei contenuti disciplinari e del progetto culturale per puntare precocemente sul network building e sulla proiezione internazionale
Intanto poi un college da pagare per imparare gli slogan motivazionali del momento si trova, e nessuno contesterà la posizione acquisita sulla base di competenze diverse
In conclusione, un'operazione in sé anche accettabile come i diplomi quadriennali sembra sottintendere un'idea della scuola sempre più presente e pervasiva, sulla quale bisognerà vigilare con attenzione e preoccupazione

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28 Dec
Lo dico una volta per tutte: quando faccio cenno a un tema di storia intellettuale, politiche educative scolastiche universitarie, professioni accademiche, circolazione dei saperi, ai miei campi di ricerca insomma, di solito NON c'è "un paper per approfondire" 👇
Ci sono una competenza disciplinare da costruire a partire dalla manualistica e una letteratura di base da dominare almeno in parte. Quello che permette di capire come è con quali limiti il singolo paper interviene nello stato degli studi 👇
Cercare su Google un pdf con affiliazioni altisonanti che dall'abstract sembra andare dove volete voi non è dibattito, tantomeno da pari a pari con chi possiede le basi suddette.
E spero vivamente che sia così anche nelle vostre discipline. Soprattutto se fate economia
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23 Dec
"Crediamo noi che, con la più larga dottrina e la migliore preparazione filosofica e la più serafica bontà di questo mondo, possa riuscire buon insegnante chi entri nella scuola senza essersi mai domandato a quale classe sociale appartengano gli alunni che egli dovrà educare...
...che cosa gli alunni di quella data classe sociale abbiano il diritto di chiedere alla scuola di Stato e che cosa lo Stato abbia il dovere di chiedere ad essi...?
...Sapere quel che si deve insegnare e in che modo la ricerca scientifica elabori quel che si deve insegnare è molto per il futuro maestro, ma non è tutto. Questa società, in cui la scuola vive, e a cui la scuola deve servire, donde viene? Dove va?...
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22 Dec
Dal 2022 sarò tra gli editors di Ricerche di Pedagogia e Didattica, forse la più accreditata delle "giovani" riviste scientifiche italiane di educazione, certo quella che ha puntato di più sul full open access, il futuro della comunicazione scientifica
rpd.unibo.it/about/editoria…
Da sempre aperta a contributi multidisciplinari, la rivista ha mostrato una particolare attenzione per i lavori di carattere storico, proponendo un dialogo proficuo tra punti di vista testimoniato ad es. dalla riuscita dell'ultimo monografico montessoriano
rpd.unibo.it/issue/view/950
E' per questo che ho accettato quella che sul piano personale è una sfida di rilievo: sebbene abbia esperienza di redazione in fascia A da ormai quasi 10 anni, questa è la prima rivista di carattere non prettamente storico di cui mi occupo
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21 Dec
"Nelle classi di oggi entrano persone che [prima] erano alla porta, erano fuori dalla scuola. Oggi le classi sono molto più composite con allievi di cittadinanza non italiana, allievi con disabilità, ecc....
E' la sfida della scuola di massa che deve essere anche scuola di qualità per tutti e le competenze pedagogiche e didattiche sono necessarie per garantire ciò....
L'importante [non] è [solo] che l'insegnante conosca la sua materia, spieghi e svolga il mitico 'programma' indipendentemente da una riflessione sui saperi, dagli allievi in carne ed ossa che si trova davanti con le loro storie personale e le loro differenze...
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21 Dec
Gratta gratta la sintesi è questa: alla domanda se è valsa la pena avere il regime di Pinochet, la risposta di questo qui è sì. Sappiatelo, e agite di conseguenza quando vi verrà a bussare alla porta per pubblicare qualcosa che vi sembra controllato
Perché questi fanno così: per poter piazzare in cv che collaborano con @rivistailmulino o altre testate di prestigio si mordono la lingua e preparano pezzi che non dicono niente. Poi nei posti giusti dicono i loro spropositi, ma alla prossima consulenza prendono 50 euro in più
Lo abbiamo visto sulla scuola con quelli che hanno scalato Condorcet, come funziona il giochino (per il quale sono probabilmente ammaestrati nella stessa chat di cui @albertoinfelise sa qualcosa)
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21 Dec
Sono lieto dell'accordo con @edizionimulino per pubblicare (dovremmo riuscirci entro il 2022) il volume collettaneo che raccoglierà i risultati del progetto di ricerca sull'educazione emancipatrice nel '900 che coordino a @UnimoreD Image
Si è trattato di organizzare vari filoni di ricerca storici, teorico-pedagogici, pedagogico-sociali e giuridico-educativi che hanno trovato un punto comune: l'interesse per l'educazione come strumento di liberazione collettiva e di consapevolezza sociale
Gli studi sugli specifici orientamenti di pensiero (italiani, da Montessori a Don Milani, e internazionali, da Makarenko alla concettualizzazione della "pedagogia nera" di Rutschky, fino all'ecopedagogia di Alex Langer) convergono nell'individuare una comune componente utopica
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