Un'infiammazione acuta del cervello induce molteplici conseguenze cerebrali ma non altera il meccanismo di accumulo della proteina amiloide, implicata nella malattia di Alzheimer. Lo dimostra, per la prima volta, uno studio.
Attraverso lo studio di numerosi marcatori di infiammazione e amiloide, la ricerca mirava a valutare l'impatto di un'infiammazione acuta nell'indurre un accumulo di amiloide. I pazienti sono stati sottoposti ad analisi del liquido cerebrospinale per iter diagnostico di encefalite
Si pensava che le persone si ammalano di Alzheimer perché hanno una intensa infiammazione sistemica e lo studio dimostra che, in realtà, non è così. Se fosse vero, dovremo trovare nelle persone che hanno un'infiammazione un'alterazione del livello di amiloide.
Non è stato così e si deduce che non è l'infiammazione a causare l'accumulo di proteina amiloide. Bisogna però sottolineare che l'infiammazione induce maggiore vulnerabilità e minor resilienza neuronale ma non altera il meccanismo di accumulo di amiloide.
Lo studio è stato pubblicato su "Alzheimer's and Dementia: The Journal of the Alzheimer's Association", la rivista internazionale più influente nel campo dello studio dei meccanismi alla base delle malattie neurodegenerative. alz-journals.onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/al…
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Il caffè è una bevanda che può influire enormemente sulle performance mentali (concentrazione, risveglio, memoria ecc) ma solo recentemente sono stati analizzati gli effetti che un suo consumo moderato può causare sulle connessioni cerebrali.
Il team di scienziati della School of Medicine di Minho, grazie all’utilizzo della risonanza magnetica funzionale (fMRI), hanno confrontato le connessioni e la struttura cerebrale di 31 consumatori abituali di caffè e di 24 persone che non lo bevono, in tre situazioni.
Mentre erano a riposo (senza aver assunto caffeina), durante l’esecuzione di un compito mentale e subito dopo aver sorseggiato una tazza di caffè. I risultati hanno evidenziato come alcune aree cerebrali risultassero più efficienti nei bevitori di caffè.
Spudoratamente falso. La protezione "migliore" è quella ibrida, ovvero infezione + richiamo vaccinale ma l'infezione naturale è sconsigliata per i rischi associati e per la risposta immunitaria "eterogenea".
Incontrando il virus "per intero", l'organismo produrrà anticorpi diretti contro tutte le proteine che costituiscono il virus, quindi anche contro quelle proteine che non hanno alcun ruolo nel meccanismo di infezione e attacco del virus.
Si forma, in parole povere, un cocktail di anticorpi (alcuni neutralizzanti e altri no) e questo dipende da molteplici aspetti. Bisogna ribadire che l'infezione da Sars-Cov-2, in alcuni individui, può ridurre la risposta immunitaria innata.
Molti, insultandomi, mi chiedono (privatamente e non) perché non sto più pubblicando spesso su Twitter. Io mi sono iscritto su Twitter per imparare dai grandi scienziati e divulgatori che seguo con piacere. Ho anche tantissima voglia di dare un piccolo contributo ma è invano.
Su Twitter è invano e dannoso. Ogni thread o semplice tweet che pubblico viene preso, manipolato e usato per accusarmi di ogni cosa possibile e immaginabile. Mi accusano di essere affiliato con certe case farmaceutiche (principalmente Pfizer e Merck) ma non è vero.
Mettono in giro la voce che io ricevo un tot di soldi per pubblicare tweet pro-vaccini e non è vero. Vengono fatti screenshot dei miei tweet dove ciò che scrivo viene sapientemente manipolato per poi accusarmi per cose mai scritte.
Il trattamento con il farmaco ivermectina non ha impedito ai pazienti COVID-19 di ammalarsi gravemente. Uno studio clinico randomizzato pubblicato su JAMA ha concluso che i risultati non supportano l'uso dell'ivermectina per i pazienti Covid-19.
Lo studio ha arruolato 490 pazienti con malattia da lieve a moderata in circa 20 ospedali. Tutti hanno ricevuto cure standard, metà del gruppo ha ricevuto anche ivermectina.
Una malattia grave si è sviluppata nel 21,6% dei pazienti trattati con ivermectina e nel 17,3% di quelli che hanno ricevuto solo cure standard. Non ci sono state differenze significative tra i gruppi nei tassi di ricovero in TI, necessità di ventilazione meccanica o morte.
L'esposizione in gravidanza a mix di sostanze chimiche che interferiscono con la regolazione degli ormoni (interferenti endocrini come PFAS e ftalati) aumenta il rischio di deficit dello sviluppo neurologico e ritardo nel linguaggio nei nascituri.
Lo studio è stato condotto in 3 fasi. Nella prima sono state seguite circa 2000 donne dall'inizio della gravidanza fino all'età scolare dei bambini, identificando un mix di sostanze chimiche nel sangue nel sangue e nelle urine delle gestanti che risulta associato...
A un ritardo nello sviluppo del linguaggio nei bambini all'età di 30 mesi. Successivamente, studi sperimentali su modelli animali e mini cervelli umani riprodotti in provetta hanno permesso di identificare i bersagli molecolari attraverso i quali il mix di sostanze chimiche...
Provo a semplificare il più possibile per far capire i concetti più importanti e parlerò principalmente della sperimentazione clinica (che è quella più discussa e tirata in ballo nella frase "i vaccini sono ancora sperimentali"). 1/19
La sperimentazione clinica nell'uomo serve a capire se il vaccino è efficace e sicuro e la possiamo distinguere in 3 diverse fasi. In queste fasi il vaccino viene testato su un numero via via più crescente di persone. Da poche persone a tantissimi soggetti. 2/19
Decine di persone nella fase 1, centinaia nella fase 2 e migliaia di persone nella fase 3. Prendendo ad esempio il vaccino di Pfizer, è stato immesso in commercio e ha superato le fasi 1, 2 e 3. La sperimentazione clinica sull'uomo deve essere autorizzata e visionata.. 3/19