Il caffè è una bevanda che può influire enormemente sulle performance mentali (concentrazione, risveglio, memoria ecc) ma solo recentemente sono stati analizzati gli effetti che un suo consumo moderato può causare sulle connessioni cerebrali.
Il team di scienziati della School of Medicine di Minho, grazie all’utilizzo della risonanza magnetica funzionale (fMRI), hanno confrontato le connessioni e la struttura cerebrale di 31 consumatori abituali di caffè e di 24 persone che non lo bevono, in tre situazioni.
Mentre erano a riposo (senza aver assunto caffeina), durante l’esecuzione di un compito mentale e subito dopo aver sorseggiato una tazza di caffè. I risultati hanno evidenziato come alcune aree cerebrali risultassero più efficienti nei bevitori di caffè.
Si è visto un miglioramento del controllo del movimento, della memoria e della capacità di apprendimento, oltre che maggiore prontezza e concentrazione. Medesimi benefici sono stati riscontrati anche in chi non beve regolarmente caffè subito dopo aver assunto tale bevanda.
Quest'ultimo caso può essere un segno che gli effetti a livello cerebrale di questa bevanda si manifestano rapidamente, anche se per un tempo minore rispetto alle persone che lo consumano quotidianamente.
È la prima volta che l’effetto del consumo regolare di caffè sulle reti cerebrali è stato studiato a questo livello di dettaglio. Si è osservato l’effetto del caffè sulle connessioni funzionali e sulla struttura cerebrale...
e sono state trovate differenze tra coloro che bevono regolarmente caffè e coloro che non lo bevono. Questi risultati, almeno in parte, hanno contribuito a spiegare alcuni degli effetti del caffè osservati in letteratura, come un migliore controllo motorio, vigilanza e memoria.
#Cobicistat, un farmaco utilizzato nel trattamento contro HIV, potrebbe essere efficace nella lotta a Sars-Cov-2. Questo è il risultato di uno studio (specifico che è uno studio in vitro e in un modello animale) pubblicato su mBio dell'American Society of Microbiology.
Come agisce Cobicistat? Blocca la fusione del virus nella cellula bersaglio, bloccando la corretta formazione della Spike. Su un modello animale di criceto, il farmaco si è dimostrato in grado di attenuare la progressione della malattia potenziando l'effetto del remdesivir.
La Spike deve essere "processata" (attivata) per poter agire come chiave. Si ha l'attivazione di due subunitá (S1 e S2) che permettono al virus di entrare all'interno della cellula. Come? La S1 contiene il Receptor Binding Domain che riconosce l'enzima di conversione dell'hACE2.
Un'infiammazione acuta del cervello induce molteplici conseguenze cerebrali ma non altera il meccanismo di accumulo della proteina amiloide, implicata nella malattia di Alzheimer. Lo dimostra, per la prima volta, uno studio.
Attraverso lo studio di numerosi marcatori di infiammazione e amiloide, la ricerca mirava a valutare l'impatto di un'infiammazione acuta nell'indurre un accumulo di amiloide. I pazienti sono stati sottoposti ad analisi del liquido cerebrospinale per iter diagnostico di encefalite
Si pensava che le persone si ammalano di Alzheimer perché hanno una intensa infiammazione sistemica e lo studio dimostra che, in realtà, non è così. Se fosse vero, dovremo trovare nelle persone che hanno un'infiammazione un'alterazione del livello di amiloide.
Spudoratamente falso. La protezione "migliore" è quella ibrida, ovvero infezione + richiamo vaccinale ma l'infezione naturale è sconsigliata per i rischi associati e per la risposta immunitaria "eterogenea".
Incontrando il virus "per intero", l'organismo produrrà anticorpi diretti contro tutte le proteine che costituiscono il virus, quindi anche contro quelle proteine che non hanno alcun ruolo nel meccanismo di infezione e attacco del virus.
Si forma, in parole povere, un cocktail di anticorpi (alcuni neutralizzanti e altri no) e questo dipende da molteplici aspetti. Bisogna ribadire che l'infezione da Sars-Cov-2, in alcuni individui, può ridurre la risposta immunitaria innata.
Molti, insultandomi, mi chiedono (privatamente e non) perché non sto più pubblicando spesso su Twitter. Io mi sono iscritto su Twitter per imparare dai grandi scienziati e divulgatori che seguo con piacere. Ho anche tantissima voglia di dare un piccolo contributo ma è invano.
Su Twitter è invano e dannoso. Ogni thread o semplice tweet che pubblico viene preso, manipolato e usato per accusarmi di ogni cosa possibile e immaginabile. Mi accusano di essere affiliato con certe case farmaceutiche (principalmente Pfizer e Merck) ma non è vero.
Mettono in giro la voce che io ricevo un tot di soldi per pubblicare tweet pro-vaccini e non è vero. Vengono fatti screenshot dei miei tweet dove ciò che scrivo viene sapientemente manipolato per poi accusarmi per cose mai scritte.
Il trattamento con il farmaco ivermectina non ha impedito ai pazienti COVID-19 di ammalarsi gravemente. Uno studio clinico randomizzato pubblicato su JAMA ha concluso che i risultati non supportano l'uso dell'ivermectina per i pazienti Covid-19.
Lo studio ha arruolato 490 pazienti con malattia da lieve a moderata in circa 20 ospedali. Tutti hanno ricevuto cure standard, metà del gruppo ha ricevuto anche ivermectina.
Una malattia grave si è sviluppata nel 21,6% dei pazienti trattati con ivermectina e nel 17,3% di quelli che hanno ricevuto solo cure standard. Non ci sono state differenze significative tra i gruppi nei tassi di ricovero in TI, necessità di ventilazione meccanica o morte.
L'esposizione in gravidanza a mix di sostanze chimiche che interferiscono con la regolazione degli ormoni (interferenti endocrini come PFAS e ftalati) aumenta il rischio di deficit dello sviluppo neurologico e ritardo nel linguaggio nei nascituri.
Lo studio è stato condotto in 3 fasi. Nella prima sono state seguite circa 2000 donne dall'inizio della gravidanza fino all'età scolare dei bambini, identificando un mix di sostanze chimiche nel sangue nel sangue e nelle urine delle gestanti che risulta associato...
A un ritardo nello sviluppo del linguaggio nei bambini all'età di 30 mesi. Successivamente, studi sperimentali su modelli animali e mini cervelli umani riprodotti in provetta hanno permesso di identificare i bersagli molecolari attraverso i quali il mix di sostanze chimiche...