Ieri ho raccontato la prima parte dell'attacco a Mosca iniziato il 30 settembre 1941 da parte delle truppe tedesche. (Leggete qui bit.ly/3Ciwv4r ).
I bambini furono i primi ad essere allontanati.
Seguirono le opere d’arte.
A Mosca sono pronti a resistere.
Il 26 ottobre un telegramma avvisò i tedeschi che stava per arrivare Mussolini in visita alla periferia di Mosca.
Lo aspetteranno invano.
Von Bock riprese l’offensiva il 1° novembre.
Voleva entrare a Mosca il 7 novembre.
Ma il 30 ottobre le condizioni meteo peggiorarono.
Von Bock ancora non sapeva che l’Alto Comando nazista aveva dato ordine alla Seconda Armata di piegare verso destra. Direzione Voronez.
Tanto non l’avrebbe capito.
Disponeva di 1.500.000 uomini e di 1.000 carri armati. Tanto bastava.
Una tempesta di neve impedì all’aereo di Goebbels di atterrare a Minsk.
Il 5 novembre il termometro segnò meno 20 gradi. L’unico riparo per i tedeschi e la loro uniforme estive furono fogli di giornale infilati sotto i vestiti.
Ma tanto, pensavano, era solo questioni di giorni.
Il 1° novembre Stalin chiamò al telefono Zukov.
“Avrei intenzione di fare quella cosa”.
E gli spiegò nei minimi particolari cosa aveva intenzione di fare.
Zukov rispose che si poteva fare.
I tedeschi erano fermi. Però ci doveva essere tutta l’aviazione sovietica sopra Mosca.
La notte del sei novembre Stalin parlò ai delegati del Soviet di Mosca.
“In questi mesi abbiamo perso 350.000 uomini, 378.000 dispersi e un milione di feriti.
Ma noi siamo la pataria di Cechov, di Ciajkovskij, di Tolstoj, non possiamo morire”.
E così la mattina del 7 novembre quella “cosa” fu fatta, come richiesto da Stalin.
Sotto il controllo dell’aviazione i soldati russi sfilarono in parata per le vie della città.
C’era da festeggiare l’anniversario della Rivoluzione.
Nel discorso Stalin fece riferimento agli eroi che avevano respinto ogni invasore.
Terminata la sfilata i soldati erano saliti sui camion proseguendo per il fronte.
Non era poi così lontano Von Bock.
Aveva detto che sarebbe stato sulla Piazza Rossa proprio quel 7 novembre.
Ma era ancora fermo.
E sarà fermo anche il 13 novembre quando l’Alto Comando tedesco gli intimò di entrare a Mosca entro cinque giorni.
“Loro al caldo e noi a – 35 gradi ci stiamo congelando”.
Aveva chiesto indumenti invernali per le sue 58 divisioni. Non era arrivato niente.
Non era per niente facile.
Indumenti invernali per 58 divisioni significava la partenza dalla Germania di almeno 255 treni. Impossibile.
In fondo pensavano di entrare prima dell’inverno.
Invece, dato che qualcuno non aveva mai letto un libro di storia, erano ancora lì.
Fermi.
E poi c’era Mussolini, che era in difficoltà nel mediterraneo.
E Hitler a malincuore aveva spostato lì gli aerei appartenenti alla Luftflotte 2.
Proprio due volpi, deve aver pensato Von Bock che non vedeva l’ora di tornare a casa.
Però prima doveva entrare a Mosca.
E l’attacco era scattato il 16 novembre.
Non era stato difficile per la Wehrmacht sfondare a Klin, a nord di Mosca.
E neppure ad Istra, nella parte occidentale.
E poi a nord.
Ormai erano arrivati alla periferia della città.
Mancava poco ormai e poi tutto sarebbe finito.
Mentre in città uomini, donne e ragazzi cominciavano a sparare dai tetti sui tedeschi, in Germania le redazioni dei giornali e delle radio erano state messe in allarme.
Da un momento all’altro ci sarebbe stato un “grande comunicato straordinario”.
I tedeschi erano ormai erano a pochi Km dalla Piazza Rossa.
Un battito di ciglio usando la Via Gorki.
Stalin chiamò di nuovo Zukov al telefono.
“Lei pensa che riusciremo a tenere Mosca? Lo dica sinceramente, da comunista”.
“Senz’altro, terremo Mosca.
Mi servirebbero però altre due armate e almeno duecento carri armati” fu la risposta di Zukov.
Stalin restò un attimo in silenzio, poi: “vada per le due armate, ma niente carri armati. Resista con quello che ha”.
Zukov sapeva di avere tanto.
Non solo mezzi, ma uomini, tanti uomini, disposti a morire per impedire a un pazzo invasore di entrare a Mosca. Nella loro Mosca.
Come probabilmente farebbe chiunque si trovasse un pazzo invasore fuori dalle mura della propria città.
La storia ha sempre qualcosa da insegnare.
I cavalieri cosacchi del generale Dovator si scontrarono con la 2° Armata Panzer ed ebbero perdite enormi.
Come l’unità 316° del generale Panfilov che difendeva il crocevia di Dubosekovo, che non riuscì però a ritardare l'avanzata tedesca nella capitale.
Il commissario Klochkov si gettò sotto un carro armato con una bottiglia incendiaria.
“Non indietreggeremo mai. Questa è la nostra città”. Mosca sembrava presa ormai, ma Stalin aveva in serbo per i tedeschi una sorpresa.
E che sorpresa.
La 112° divisione tedesca si trovò di fronte, al ritmo di 120 treni al giorno, forze fresche, bene armate e preparate.
In segreto Stalin aveva mobilitato tutte le divisioni che si trovavano in Manciuria.
Altri 100.000 uomini, 300 corazzati e 200 cannoni.
Mentre i treni tedeschi erano fermi, e le truppe tedesche congelavano con le loro belle divise estive, dalla Siberia arrivavano soldati con cappotti, berretti, guanti rivestiti di pelo e stivaletti di feltro per impedire il congelamento.
E così il 5 dicembre con temperature sui 40-50 gradi sottozero, ebbe luogo l’offensiva sovietica.
Un’ondata travolse i tedeschi.
Il 43% dell’esercito sovietico, il 33% dell’artiglieria, il 40% dei carri armati e tutta l’aviazione russa.
Un urto micidiale.
In sole due settimane i tedeschi indietreggiarono di duecento chilometri.
Il 18 dicembre il comunicato tedesco.
“Nel quadro delle misure…le nostre truppe procedono alle operazioni previste per raccorciare il fronte”. Mosca era salva.
In Germania non ci fu nessun comunicato straordinario.
L'appuntamento sulla Piazza Rossa saltato.
Una guerra inutile. Come tutte le guerre.
Solo morti, distruzione e tanta, tanta sofferenza.
Perché la guerra è solo questo. Nulla più.
La gente a Mosca esplose di gioia.
Finalmente un po’ di pace.
Tra poco avrebbero festeggiato il Capodanno.
Con altro spirito. E magari sarebbero tornati a casa tutti i bambini che erano stati separati dalle loro famiglie.
(In realtà non tutti tornarono a casa).
Bambini. Mosca.
Bambini. Ucraina.
Fuga da Mosca 1941.
Fuga da Kiev 2022.

Perché c’è sempre qualcuno che non ha imparato niente dalla storia.
Niente.

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Sono arrabbiata, è vero.
Ma non per il pari merito che hanno decretato i giudici. Quella è solo un’ingiustizia.
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Mar 8
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Mar 7
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Mar 5
Novaya Gazeta, uno dei pochi giornali indipendenti russi, ha pubblicato le foto di alcuni bambini in una stazione di polizia a Mosca.
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E il pensiero va a quei bambini che stanno soffrendo per la guerra. Per loro una catastrofe immane.
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