Allo scoppio della seconda guerra mondiale mi diagnosticarono un’artrosi all’anca.
Per il progressivo peggioramento della mia malattia trascorsi tutto il periodo della guerra a Parigi, chiusa nel mio appartamento, al Palais-Royal.
Senza mai smettere di scrivere.
Ho trascorso anni inchiodata dall’artrite su una poltrona speciale che mi faceva anche da letto e che mi permetteva di scrivere e leggere fino a tarda ora addormentandomi spesso sulla pagina.
"Era come una bambina. Le bimbe non dovrebbero morire” scriveranno dopo la mia morte.
Vero. Avevo trovato il segreto dell’eterna giovinezza che mi aveva portato alla ribalta del successo.
Bambina, fino alle 20.30 di oggi 3 agosto 1954.
Addormentata per sempre, rovesciata sui cuscini del grande letto stringendo la mano a Maurice, mio marito. Accanto al mio gatto.
Perché sono diventata una scrittrice?
Avevo 22 anni e mi chiamavo ancora Sidonie Gabrielle Colette quando il mio primo marito, Willy, mi disse: “Tu sai raccontare, sei nata per scrivere.
Prova a buttar giù, senza pensarci sopra, i tuoi ricordi di bambina”.
E così avevo fatto.
Raccontai di me, nata in un villaggio della Borgogna nel 1873, di mio padre, Jules-Joseph Colette, un uomo eccezionale e ricco di stranezze.
Del mio paesetto, della prima giovinezza, degli animali e della mia infanzia e del dissesto finanziario che portò alla rovina la famiglia.
Quando Willy lesse quello che avevo scritto fece una smorfia: “MI sono sbagliato, credevo che tu avessi la stoffa. Un racconto noioso"
Già. Infatti uscì subito nelle librerie con il titolo”Claudine à l'école”.
Fu un grosso successo.
Che mi fece conoscere meglio il mio maritino
Willy, pseudonimo dello scrittore Henri Gauthier Villars, non era che un fannullone e uno speculatore. Non aveva mai scritto una solo pagina in vita sua. Lui i romanzi li comprava, a poco prezzo, e li lanciava col suo nome.
Era diventato famoso speculando sulle fatiche di altri
Per questo lo avevo lasciato, dopo aver scritto altri libri.
Pensavo di vivere agiatamente con i diritti d’autore, ma lui aveva venduto tutti quelli dei miei romanzi, lasciandomi senza un soldo.
Così feci tutti i mestieri. Per guadagnarmi da vivere.
Cantare canzonette, danzare in music-halls di second'ordine (poco coperta), la guardarobiera, la sarta, persino la correttrice di bozze.
Continuai però a scrivere, diventando con gli anni una grande e ricca scrittrice.
Ho avuto tre mariti e un amante, sempre al centro di scandali per le mie relazioni sentimentali.
Arrivando fino ad oggi, 3 agosto 1954, giorno della mia morte
Mi hanno riservato, prima donna nella storia della Repubblica Francese, i funerali di Stato.
Invece l’Arcivescovo di Parigi mi ha rifiutato le esequie religiose.
Nessun prete e funzione al mio funerale.
E quella storia del recupero della pecorella smarrita? Vabbè.
Probabilmente l’Arcivescovo non ha mai avuto gatti.
Perché, sapete, a frequentare un gatto si diventa sempre delle persone migliori.

Colette amava i gatti. Si è sempre fatta fotografare con loro e li ha resi protagonisti in molte delle sue opere.
Aveva un amore speciale per gli eleganti felini dagli «occhi dolci e dorati», come li descrive nel romanzo breve "La gatta".
Molte fotografie la ritraggono circondata dai suoi “amici pelosi”.
In giardino e nel suo studio.

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Mar 8
Sono arrabbiata, è vero.
Ma non per il pari merito che hanno decretato i giudici. Quella è solo un’ingiustizia.
E’ già successo nella gara precedente, quando i giudici mi hanno fatto perdere alla trave l’ennesima medaglia d’oro.
Troppe le pressioni per favorire le sovietiche.
Sono arrabbiata per ben altro.
Qualcosa di molto più profondo e importante, che tocca profondamente il mio cuore.
Mio e di tutto il mio popolo.
Non ce l’ho con lei, la sovietica Larisa Petrik che è con me sul gradino più alto del podio.
Sarà un piccolo gesto, ma lo devo fare. Image
Mi chiamo Vera e sono nata a Praga durante la guerra, esattamente il 3 Maggio 1942.
Avevo 14 anni quando mi appassionai alla ginnastica artistica.
A 16 avevo già vinto il mio primo argento ai mondiali.
E da quel giorno non mi fermai più, medaglia dopo medaglia.
Read 20 tweets
Mar 8
Non potevo mancare. Come al funerale di tuo marito. Sapevi che solo le formiche e gli uomini seppelliscono i loro morti?
Non ho nemmeno ascoltato le parole di conforto, in fondo non era solo il tuo funerale.
Era anche il mio.
Ricordando la prima volta che ti avevo incontrata.
Ero rimasto incantato davanti a quel manifesto che reclamizzava la tua tournée.
Eri proprio tu. Ed era prevista una tappa anche ad Amburgo, la mia città.
Finalmente avrei potuto ascoltarti.
Ascoltare Clara. L’idolo della mia giovinezza.
La pianista più ammirata in Europa.
Ed ero presente in quella sala gremita.
Ti confesso che non ricordo nemmeno quello hai suonato. Ero come in estasi.
Le tue mani su quella tastiera del pianoforte creavano una musica celestiale.
Non mi conoscevi ancora, ma immaginai che tu stessi suonando per me. Image
Read 25 tweets
Mar 8
Lo so, ho letto che qualcuno si diverte a fare una specie di classifica di chi meglio ha rappresentato un’arte come la pittura. Da Leonardo da Vinci a Michelangelo Buonarroti, da Vincent Van Gogh a Pablo Picasso.
E poi ancora. Rembrandt, Monet, Dalì, Cezanne, Goya e Renoir.
Strano, nessuna donna.
E se vi chiedessi di elencare delle donne italiane che hanno lasciato un segno indelebile come pittrici? Tranquilli. Le pittrici non abbondano nemmeno nei libri di storia dell’arte.
Tempo fa Johannes vi ha raccontato di Artemisia Gentileschi. Una grande.
Ma prima di lei c’è stata una donna che è riuscita a fare la stessa carriera in quel mondo esclusivamente maschile. Di più.
Una donna che è riuscita a coniugare la sua carriera di artista con il suo ruolo di donna e madre.
Il suo nome? Lavinia Fontana.
Che poi sarei io.
Read 14 tweets
Mar 7
Ho raccontato la battaglia di Mosca.
E il dramma dei bambini durante una guerra.
In un passaggio ho accennato al Generale Panfilov e al sacrificio di molti suoi uomini.
Esiste un’altra storia che riguarda quel giorno.
E quel generale.
Una storia, tutta da raccontare
E’ il 7 novembre 1941.
Mentre a Mosca i soldati sfilano in parata per ordine di Stalin, i panzer tedeschi stanno avanzando.
La loro marcia verso Mosca sembra inarrestabile. La Wehrmacht è ormai a soli 100 chilometri dalla città. Solo un miracolo la può salvare.
Nel discorso del 7 novembre Stalin aveva invocato gli eroi che avevano respinto i tartari, i polacchi e Napoleone.
Aleksandr Jaroslavič Nevskij, Dmitry Ivanovich Donskoy, Dmitrij Požarskij e Kuz'ma Minin.
E poi Suvorov e Kutuzov.
Stalin dava voce all’antica Madre Russia
Read 24 tweets
Mar 6
Ieri ho raccontato la prima parte dell'attacco a Mosca iniziato il 30 settembre 1941 da parte delle truppe tedesche. (Leggete qui bit.ly/3Ciwv4r ).
I bambini furono i primi ad essere allontanati.
Seguirono le opere d’arte.
A Mosca sono pronti a resistere.
Il 26 ottobre un telegramma avvisò i tedeschi che stava per arrivare Mussolini in visita alla periferia di Mosca.
Lo aspetteranno invano.
Von Bock riprese l’offensiva il 1° novembre.
Voleva entrare a Mosca il 7 novembre.
Ma il 30 ottobre le condizioni meteo peggiorarono.
Von Bock ancora non sapeva che l’Alto Comando nazista aveva dato ordine alla Seconda Armata di piegare verso destra. Direzione Voronez.
Tanto non l’avrebbe capito.
Disponeva di 1.500.000 uomini e di 1.000 carri armati. Tanto bastava.
Read 25 tweets
Mar 5
Novaya Gazeta, uno dei pochi giornali indipendenti russi, ha pubblicato le foto di alcuni bambini in una stazione di polizia a Mosca.
Ha scritto che erano lì in quanto i genitori sono stati arrestati per aver deposto fiori davanti all'ambasciata ucraina.
Bambini. Mosca.
Subito rilasciati, ha scritto lo stesso giornale.
Come se cambiasse qualcosa.

Bambini. Kiev.
E il pensiero va a quei bambini che stanno soffrendo per la guerra. Per loro una catastrofe immane.
Solo perché qualcuno non ha imparato niente dalla storia
Niente.
Era stato il sindaco della città, Vassilij Pronin, a dare l’ordine.
Un ordine che spezzò il cuore alle famiglie.
Tutti i bambini dovevano essere consegnati alle autorità per poterli trasferire a oriente.
I bambini erano il futuro della Russia.
Avevano la precedenza su tutti.
Read 25 tweets

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