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Per comprendere l'ultimo ricatto di Viktor #Orban all'UE bisogna partire dalle basi.
Ufficialmente l'ambasciatore ungherese che ha posto il veto sull'approvazione del 6° pacchetto di sanzioni contro la #Russia deliberato dal Consiglio Europeo lo ha fatto
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chiedendo l'esclusione dalla lista degli individui sanzionati del patriarca #Kirill.
Tutti i 27 erano consapevoli della sua presenza, incluso Orban.
E nessuno, durante il vertice, aveva sollevato obiezioni su questo punto, neanche Orban.
Perché allora questo dietrofront?
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Il segreto di Pulcinella svelato da fonti diplomatiche è il seguente: Budapest intende mettere nuovamente in discussione l'intero pacchetto di sanzioni, così da strappare ulteriori concessioni rispetto a quelle già avallate dagli altri Stati membri sul #petrolio.
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L'embargo parziale del petrolio russo concordato (o almeno così sembrava) dal Consiglio Europeo investiva infatti il 90% delle importazioni da Mosca, quelle marittime.
L'intesa prevedeva che ad Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca - Paesi senza sbocco sul mare e fortemente
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dipendenti da Mosca - fosse consentito di continuare a rifornirsi tramite la rotta meridionale dell'oleodotto #Druzhba; mentre Germania e Polonia si sono impegnate a non attingere ai flussi passanti dalla porzione settentrionale dell'oleodotto
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dell'Amicizia (pensate un po' che nome, di questi tempi!), a partire dalla fine dell'anno.
Letta così, si potrebbe pensare: cosa vuole ancora l'Ungheria?
Qui occorre fare un'altra premessa: il petrolio greggio (o grezzo, per rendere meglio l'idea) non è tutto uguale.
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La sua qualità dipende dalle caratteristiche chimiche della miscela di idrocarburi che lo compongono.
C'è il petrolio "dolce" e quello "acido", c'è il petrolio leggero e quello pesante...caratteristiche determinanti al momento dell'acquisto da parte degli Stati.
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Durante le trattative al Consiglio Europeo, ad esempio, l'Ungheria ha messo sul piatto una richiesta da 550 milioni di euro per adattare le sue raffinerie, in grado di lavorare soltanto con un tipo pesante di petrolio russo.
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Sì, direte voi, ma l'accordo alla fine non era stato trovato? Certo, ma qui si arriva al segreto di Pulcinella di cui parlavamo ad inizio articolo.
Sembra infatti che l'Ungheria abbia intenzione di ottenere un altro tipo di deroga. Non solo quella di ricevere l'oro nero di
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Mosca tramite oleodotto, ma anche la possibilità di rivendere in altri Paesi il petrolio lavorato nelle sue raffinerie.
La Repubblica Ceca è riuscita a strappare un'esenzione che durerà per un anno e mezzo in cui potrà continuare a farlo. Per l'Ungheria ad oggi questo
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meccanismo non è previsto.
Il sospetto è che Orban voglia per Budapest una deroga simile, e che duri addirittura 3 anni.
Perché gli altri Paesi potrebbero non essere d'accordo? Perché (ricordate?) il petrolio non è tutto uguale, anche a livello di prezzi.
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Il greggio russo "Urals", infatti, "costa" sul mercato molto meno del "Brent", ovvero la principale tipologia di petrolio, presa come riferimento internazionale. Si parla di circa 93 $ al barile contro 120.
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Nell'articolo approfondito trovate: dangelodario.it/2022/06/02/vi-…
- quale interesse ha Orban ad ottenere questa deroga;
- la scommessa del premier ungherese;
- cosa presumibilmente si tenterà di fare adesso, per risolvere lo stallo nelle trattative.
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1/6🚨 Il punto nave di oggi si apre con un retroscena che abbiamo a lungo inseguito, cercato, su cui i grandi media internazionali si sono arrovellati per settimane, talvolta prendendo un granchio, in altri casi avvicinandosi alla verità.👇
2/6 🇮🇱🇮🇷 Dopo l'ammissione del ministro della Difesa israeliano non c'era più motivo per farsi scudo della censura militare: Israele ha rivendicato con orgoglio il suo coinvolgimento nell'uccisione di Ismail Haniyeh a Teheran. E Canale 12 ha offerto una serie di dettagli molto interessanti sulla pianificazione e sull'eliminazione del leader politico di Hamas.
Si inizi col dire questo: fin dal momento in cui ha autorizzato la sua uccisione, lo Stato Ebraico ha dovuto risolvere un dilemma non banale. Come farlo, ovviamente, ma soprattutto "dove"?
L'idea iniziale era la seguente: colpire Haniyeh durante i funerali di Ebrahim Raisi, il presidente iraniano morto in un incidente in elicottero in una piovosa giornata di maggio. Ma il piano è stato scartato: troppo alto il rischio di un bagno di sangue tra i civili.
Israele avrebbe potuto colpirlo in Qatar, ma farlo avrebbe fatto naufragare i negoziati sugli ostaggi, essendo Doha mediatrice nella trattativa con Hamas.
Restavano allora tre opzioni, i tre Paesi frequentati da Ismail Haniyeh: Turchia, Mosca e Teheran.
Nel primo caso c'era il rischio di scatenare l'ira di Erdogan, oltre al fatto che la Turchia è pur sempre un Paese NATO. Allo stesso modo Israele non voleva rischiare di provocare una reazione spropositata da parte di Vladimir Putin. Restava così l'Iran.
I servizi segreti israeliani sapevano già dove cercare: Haniyeh era infatti solito soggiornare sempre nella stessa pensione dei Guardiani della Rivoluzione, in un lussuoso quartiere settentrionale di Teheran. Gli agenti del Mossad - con l'aiuto decisivo di infiltrati pasdaran o di Hamas - hanno piazzato dell'esplosivo vicino al suo letto un giorno prima del suo arrivo nella capitale iraniana, per l'inaugurazione del nuovo presidente Pezeshkian. Eppure proprio all'ultimo momento, quasi per uno scherzo del destino, l'intera operazione ha rischiato di saltare.
Un guasto all'aria condizionata presente nella stanza di Haniyeh ha portato il leader di Hamas a lamentarsi, a lasciare la camera per chiedere assistenza. E nel caso un'altra sistemazione.
L'assenza è stata così lunga da portare Israele a temere che Haniyeh fosse stato accontentato, che il fato avesse remato contro il piano così attentamente orchestrato. Ma il tecnico chiamato ad aggiustare il climatizzatore si è rivelato il miglior alleato di Israele: il guasto è stato sistemato, Haniyeh non ha cambiato stanza. È andato a dormire totalmente ignaro del destino che lo aspettava.
Intorno all'1:30, un'esplosione ha scosso l'intero complesso, bucando la parete della stanza: Haniyeh era morto sul colpo, come avrebbe stabilito la prima unità di soccorritori dell'IRGC accorsa sul posto nel giro di pochi istanti. Il vice di Haniyeh, Khalil al-Hayya, di lì a poco, avrebbe fatto irruzione nella stanza, crollando in ginocchio, piangendo sul corpo insanguinato del leader di Hamas.
3/6 🇬🇪 Pochi minuti fa la presidente georgiana Salomé Zourabichivili ha preso una decisione difficile: lasciare il palazzo presidenziale mentre il regime di Tbilisi conduce le operazioni di insediamento del nuovo leader (illegittimo, come il Parlamento), l'ex calciatore del Manchester City, Mikheil Kavelashvili.
"Sarò con voi", ha detto Zourabichvili prima di unirsi alle proteste di piazza, "questo edificio era un simbolo solo finché qui sedeva un presidente legittimo. Porto con me la legittimità. Porto con me la bandiera. Porto con me la fiducia del popolo".
Zourabichvili avrebbe rischiato l'arresto, secondo le minacce del governo georgiano in carica. La decisione è chiara: preservare la libertà della presidente, continuare a svolgere un ruolo di rappresentante della Georgia sulla scena internazionale, come prescritto dalla stessa Costituzione georgiana a proposito della figura presidenziale.
1/6🚨Occorre un punto nave straordinario per cominciare la giornata. Stanno accadendo diverse cose molto importanti in giro per il mondo. Prima di tutto, però, una precisazione sul caso di Cecilia Sala.
🇮🇹🇮🇷 La mia posizione sulla vicenda la conoscete: non è attraverso gli hashtag, gli editoriali indignati, le fiaccolate che la nostra connazionale sarà liberata. Serve la diplomazia. Una diplomazia che sappia usare il fioretto e la spada. E che ha bisogno di essere messa nelle migliori condizioni possibili per portare a casa il risultato. Se intervengo, allora, è solo per chiarire un fatto: non mi risultano, allo stato attuale, divisioni all'interno del governo (come raccontato da alcuni retroscena oggi sui giornali) rispetto alla gestione del caso (politico e mediatico). La buona notizia è che (almeno per ora) tutti stanno remando nella stessa direzione per riportare Cecilia Sala a casa (anche l'opposizione ha offerto massima disponibilità a collaborare). Tutti i canali di cui disponiamo sono stati attivati. E qui mi fermo, perché non condivido la scelta - per quanto legittima dal punto di vista giornalistico - di chi da ieri sta ricostruendo scenari, triangolazioni internazionali, punti di contatto con altre vicende. Per me, fino a comunicazione di segno contrario, resta valido quanto affermato dalla Farnesina in accordo con i genitori di Cecilia Sala, ovvero gli unici deputati a parlare: "Massima discrezione per agevolare una veloce e positiva risoluzione della vicenda".
E adesso il punto nave.👇
2/6 🇦🇫🇵🇰 Grande attenzione all'Afghanistan. Prima dell'alba i Talebani hanno lanciato attacchi da più direzioni contro postazioni militari al confine col Pakistan, uccidendo ben 19 soldati di Islamabad. Si tratta di un'escalation da non sottovalutare. Promemoria: il Pakistan è uno Stato nucleare. Nei giorni scorsi il Pakistan aveva colpito i Talebani Pakistani. Molto brevemente: il tentativo di Islamabad è quello di riaffermare il proprio controllo sulla Linea Durand, una linea di confine che prende il nome da un funzionario britannico, ma che l'Afghanistan non riconosce perché divide i pashtun sui due lati del confine. Il fatto che a proteggere i Talebani Pakistani siano stati i Talebani dell'Afghanistan rischia di dare il via ad una spirale di violenza ancora più pericolosa in Medio Oriente. Tutto questo mentre a Kabul, questa mattina, una nuova esplosione è avvenuta davanti al ministero dell'Interno. Pare che i Talebani stiano conducendo una ricerca porta a porta nelle strade della capitale per mettere le mani sui colpevoli, probabilmente legati all'ISIS-K.
3/6 🇮🇱🇾🇪🇮🇷 Nella notte l'esercito israeliano ha intercettato un altro missile balistico proveniente dallo Yemen: nelle ultime settimane gli attacchi degli Houthi contro Israele sono cresciuti di numero e di intensità. Traduzione: i colpi di rappresaglia dello Stato Ebraico non sono riusciti a ristabilire il principio di deterrenza. Attenzione a questa dinamica: sembra che David Barnea, il capo del Mossad, abbia caldeggiato una soluzione drastica. Quale? Colpire l'Iran per costringere gli Houthi a fermarsi. Monitoriamo.
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🔴⚓Prima di procedere col punto nave del giorno, un messaggio per gli abbonati: non perdete l'approfondimento del Blog in uscita nel fine settimana. Su questo pezzo lavoro da giorni: vi assicuro che la quantità di retroscena e informazioni importanti giustificherà l'attesa.
Adesso, iniziamo. 👇
🇺🇸🇺🇦 La notizia di oggi arriva dal Financial Times. I più stretti collaboratori di Trump in materia di politica estera hanno comunicato ad alcuni funzionari europei che The Donald chiederà agli Stati membri della NATO di aumentare la spesa per la difesa fino al 5% del PIL.
Se confermato, si tratterebbe di un game-changer all'interno dell'Alleanza.
Promemoria: la soglia attuale è posta al 2%. A raggiungere questo obiettivo di spesa sono solo 23 Paesi su 32. Spoiler: no, noi non ci siamo. In una prima fase, Trump sembrerebbe disposto ad "accontentarsi" di un aumento graduale, fissato attorno al 3/3,5%. In cambio, garantirebbe condizioni favorevoli nei rapporti commerciali con gli Stati Uniti.
Altra notizia, sempre dal Financial Times: Trump avrebbe segnalato l'intenzione di continuare a garantire il sostegno militare statunitense a Kyiv anche dopo il suo insediamento. Il presidente eletto continua a credere che l'Ucraina non debba mai entrare a far parte della NATO e desidera una fine immediata del conflitto, ma ritiene che fornire armi, anche dopo un cessate il fuoco, sarebbe in linea con il suo mantra, quello di ottenere la "pace attraverso la forza". Ps: la pace, con ogni probabilità, non arriverà in 24 ore.
🧵👇
2/5 🇺🇸🇵🇰 C'è una notizia letteralmente "bomba", di cui non si parla abbastanza, e riguarda Stati Uniti e Pakistan. Nel corso di un convegno, il vice-consigliere per la Sicurezza Nazionale USA, Jon Finer, ha dichiarato che il Pakistan, uno Stato dotato di armi nucleari, sta sviluppando capacità missilistiche a lungo raggio che potrebbero renderlo una "minaccia emergente" per gli Stati Uniti. Si tratta di una rivelazione per certi aspetti drammatica, soprattutto ricordando quanto in passato fossero stretti i legami tra Washington ed Islamabad.
Eppure Finer è stato chiaro: il Pakistan sta cercando di sviluppare una tecnologia sempre più sofisticata che potrebbero renderlo in grado di colpire obiettivi "ben oltre l'Asia meridionale, inclusi gli Stati Uniti".
Il sottinteso è il seguente: Islamabad, che da sempre ha calibrato i suoi programmi di armi nucleari e missilistici in funzione dell'India, potrebbe aver cambiato i propri piani (attenzione, in questo senso, al rapporto con la Cina).
Finer ha ricordato come il numero di Stati dotati di armi nucleari, con missili capaci di raggiungere il territorio americana sia "molto ridotto" - Russia, Cina, Corea del Nord sono stati gli esempi citati - ma che questi hanno una caratteristica in comune: "Tendono ad essere avversari" dell'America.
Proprio in ragione di un passato fatto di grande collaborazione, in particolare in fatto di antiterrorismo e nel campo della sicurezza, Washington guarda con sospetto alle ragioni che stanno spingendo il Pakistan a tentare di sviluppare queste capacità. Per il momento, il Pakistan ha preferito fare orecchie da mercante, decidendo di non commentare l'uscita di Finer.
Ma la questione resterà sul tavolo, nei prosimi mesi e probabilmente nei prossimi anni. Il radar è acceso.
3/5 🇺🇸🇸🇾 Il primo incontro tra funzionari americani e Al Jolani è andato in scena questa mattina a Damasco. Il messaggio è il seguente: probabilmente è presto per eliminare HTS dalla lista delle organizzazioni terroristiche riconosciute dagli Stati Uniti, ma Washington non ha intenzione di privarsi della possibilità di dire la propria in Siria.
Perché? Perché è troppo importante per tenere sotto controllo il fenomeno del terrorismo internazionale. Il compromesso suonerà più o meno così: Al Jolani, che nel suo processo di "moderazione" adesso si fa chiaamre Ahmad al-Shaara, si impegnerà ad impedire che gruppi terroristici (si legga alla voce "ISIS" ed "Hezbollah") minaccino gli Stati Uniti e i suoi Alleati regionali; in cambio Washington ha già chiarito che farà fintà di niente per quanto riguarda la taglia da 10 milioni di dollari che pende sulla testa di al-Shaara. Pardon, in questo caso di Al Jolani.
Dato importante: il Pentagono ha ammesso nella serata di ieri che i soldati americani presenti nel Paese non sono 900, come sostenuto a più riprese, ma circa 2000. Il portavoce del Dipartimento di Difesa ha detto di non potere stabilire con precisione da quando la presenza militare americana in Siria sia aumentata, ma probabilmente nei mesi scorsi, ben prima della caduta di Bashar al-Assad. Di più: ha chiarito che le truppe aggiuntive sono considerate "forze temporanee", inviate per sostenere la missione contro i militanti dello Stato Islamico. Vedremo cosa deciderà di fare al riguardo Donald Trump: durante il primo mandato si scontrò più volte con i suoi generali per ottenere il ritiro completo delle truppe americane dalla Siria. Ma questa è un'altra storia...
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🚨🇮🇱🇮🇷🇱🇧 Documenti pensati per restare segreti. Diapositive di piani ambiziosi, forse arditi, per cancellare lo Stato Ebraico dalle mappe. Verbali salvati su un computer che mai avrebbe dovuto finire tra le mani dei soldati israeliani. E invece, nel bel mezzo di una perquisizione in un centro di comando sotterraneo di Hamas a Khan Younis, nelle profondità di Gaza, ecco l'IDF nell'atto di scoprire informazioni esplosive, alcune così gravi da mettere nuovamente sotto accusa il lavoro dell'intelligence; altre capaci di riscrivere (almeno in parte) la storia della pianificazione degli attacchi del 7 ottobre rispetto al coinvolgimento dei nemici di Israele.
E allora: quali sono le novità più importanti? 👇
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🚨🇮🇱🇮🇷🇱🇧 Iniziamo dai fatti. I verbali, recuperati in un'operazione risalente allo scorso gennaio, riguardano 10 riunioni di pianificazione tenute da un piccolo gruppo di leader politici e militari di Hamas. Ad ognuna di queste riunioni ha preso parte Yahya #Sinwar in person. Le informazioni provengono da 30 pagine di dettagli precedentemente non divulgati. Ma anche da lettere, registrazioni, presentazioni illustrate. A confermare l'autenticità dei documenti e la pratica di tenere traccia delle riunioni all'interno di Hamas è stato - tra gli altri - Salah al-Di al-Awawdeh, ex componente dell'ala militare dell'organizzazione terroristica, ora analista con sede ad Istanbul.
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🚨🇮🇱🇮🇷🇱🇧 I primi riferimenti all'azione che avrebbe poi avuto luogo il 7 ottobre del 2023 vengono registrati molto tempo prima dell'attacco.
Nel gennaio del 2022 i leader di Hamas discutono della necessità di evitare di essere trascinati in scaramucce minori. Il motivo è chiaro: occorre concentrarsi su quello che i protagonisti definiscono in più di un'occasione il "grande progetto" di Yahya Sinwar.
🚨🇮🇱🇱🇧 Clamoroso. Si parla di decine di feriti tra i membri di #Hezbollah a #Beirut e in tutto il #Libano. Le ricetrasmittenti dei componenti dell'organizzazione terroristica filo-iraniana sarebbero esplose contemporaneamente per effetto di un hackeraggio eseguito a distanza. Il Blog apre la diretta.
2/n 🚨🇮🇱🇱🇧 Al-Arabiya citando una fonte della sicurezza libanese: #Hezbollah sta invitando la sua gente ad abbandonare le radioline dopo le esplosioni simultanee di diverse ricetrasmittenti. Potremmo essere in presenza di un attacco ad alto tasso tecnologico orchestrato da #Israele pensato per far saltare il coordinamento dell'organizzazione terroristica filo-iraniana. Anche in prospettiva di una guerra.
3/n 🚨🇮🇱🇱🇧 Immagini cruente dal #Libano. Molte delle quali non pubblicabili. Una fonte di #Hezbollah al quotidiano qatariota Al-Arabi Al-Jadeed: "#Israele ha hackerato le radio degli operativi di Hezbollah e le ha fatte esplodere; si tratta della più grave violazione di intelligence fin qui registrata".