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I media italiani hanno iniziato a dedicare qualche servizio qua e là alla crisi in #Kosovo.
Ben svegliati.
Questo Blog non è geloso dell'argomento, anzi. Però si riserva il gusto di un rilancio.
Dunque, non solo racconto, ma anche analisi.
Cosa dobbiamo aspettarci?👇
2/n Prima delle previsioni, un breve riepilogo per chi si trovasse a maneggiare l'argomento per la prima volta.
Da ormai 18 giorni nel Nord del #Kosovo la libertà di movimento è compromessa dalle barricate erette dalla popolazione serba.
A scatenare la rabbia dei locali è stato
3/n in particolare l'arresto di Dejan #Pantic (etnia serba), ex agente della polizia kosovara accusato dalle autorità di Pristina di attività terroristiche, assalto agli uffici elettorali e attacchi a funzionari di polizia.
Come spesso accade nei #Balcani, questa è solo
4/n la punta dell'iceberg.
Già in estate si sono raggiunti livelli di tensione altissimi per la cosiddetta "guerra delle #targhe". Il Kosovo ha minacciato di multare (prima) ed impedire la circolazione (poi) ai cittadini che non avessero proceduto alla reimmatricolazione dei
5/n veicoli con targa serba. A mettere una pezza sulla questione (immaginate cosa sarebbe accaduto se la polizia kosovara avesse impedito a migliaia di serbi di prendere la propria macchina per andare a lavoro) sono stati lo scorso mese gli americani, con una prorompente azione
6/n diplomatica, tesa a chiarire tanto a Pristina quanto a Belgrado che in questa fase hanno altro di cui occuparsi: si legga alla voce "Ucraina".
Sembrava dunque che la situazione si fosse calmata, ma la Storia nei Balcani non dorme mai.
7/n Una delle risposte (indirette) di Belgrado al braccio di ferro con Pristina si era tradotta nelle dimissioni di tutti i rappresentanti di etnia serba dalle istituzioni del Kosovo.
Altro (blando) sforzo di immaginazione: cosa sarebbe accaduto il 18 dicembre se nei 4 comuni a
8/n a maggioranza serba si fosse andato a votare nella consapevolezza che il più grande partito locale, Lista Serba, avrebbe boicottato il voto?
Anche in questo caso è stata messa una pezza su spinta decisiva degli USA: elezioni rinviate.
Tutto finito? No. L'arresto di Pantic e
9/n di altri due agenti serbi ha esasperato una tensione già latente, che ha portato la popolazione serba ad attuare blocchi stradali e ad innalzare barricate.
La notizia delle ultime ore è che il presidente serbo #Vucic ha ordinato che le forze armate di Belgrado siano al più
10/n alto livello di prontezza al combattimento, ovvero quello che fa da preludio al loro impiego.
Ora la domanda è la seguente: cosa dobbiamo aspettarci?
La #KFOR guidata dal comandante italiano #Ristuccia sta esercitando tutta la sua capacità di "moral suasion" per cercare di
11/n risolvere la questione delle barricate senza scontri e, peggio ancora, spargimenti di sangue.
La sensazione diffusa è che il tempo stia scadendo.
Lo si intuisce dalle decisioni prese a Belgrado, dalle dichiarazioni di Pristina, dal racconto improntato ad una
12/n drammatizzazione degli eventi da parte dei media serbi.
Anche il premier #Kurti in un'intervista esclusiva ad un giornale bosniaco ha chiarito oggi che "se la KFOR non rimuove le barricate nel Nord lo faremo noi", e che questa situazione "non può durare mesi. Non può
13/n durare settimane. Può durare solo giorni".
Ho trovato molto interessante in questo senso l'analisi di Timothy Less, del Center for Geopolitics dell'Università di Cambdrige, che ha ridotto a 4 i possibili scenari.
1⃣Il primo è che il Kosovo accetti la creazione della
14/n Comunità delle municipalità serbe in Kosovo, lungamente richiesta da Belgrado e prevista dagli accordi di Bruxelles del 2013 che l'attuale governo kosovaro disconosce. Si tratta di uno scenario di complicata realizzazione. Il motivo lo ha spiegato lo stesso premier Kurti:
15/n "Ho l'impressione che la Serbia non voglia un'unione di comuni. Perché se davvero la volesse non direbbe ogni settimana: non riconosceremo mai il Kosovo. È come cercare qualcosa che abbia contenuto, ma senza forma. Non è possibile. Non puoi avere una torta senza una teglia".
16/n 2⃣Il secondo scenario prevede che la Serbia faccia marcia indietro e rimuova le barricate, senza ottenere nulla sul fronte della Comunità delle municipalizzate serbe, ma con qualche compensazione esterna. Anche in questo caso, la sensazione è che a Belgrado ci si sia spinti
17/n troppo oltre per fare retromarcia senza ottenere qualcosa di veramente grosso in cambio.
3⃣Terzo scenario: le barricate rimangono al loro posto, la Serbia blocca il Nord e l'Occidente chiede al Kosovo di non reagire con la forza. Si tratterebbe di una divisione de facto del
18/n Paese, che il Kosovo non sembra disposto ad accettare.
4⃣ Quarto scenario: le forze di sicurezza del Kosovo cercano di rimuovere i blocchi con la forza. A potenziale costo delle vite dei serbi. Questo è il caso in cui la Serbia schiera l'esercito. Ed esplodono i Balcani.
19/n Dietro questo articolo ci sono molte ore di lavoro. L'unico modo per consentirmi di continuare ad aggiornarti è tramite iscrizione al Blog. Al contrario, tempo pochi mesi e sarò costretto a chiudere i battenti. Grazie per il sostegno che vorrai darmi. steadyhq.com/it/dangelodario
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🚨🇺🇸 Questa mattina vi sarà forse capitato di leggere alcune delle dichiarazioni pronunciate da Steve Wiktoff nel programma di Tucker Carlson. Da quel che ho visto in giro, quanto è stato riportato dai nostri media non è in grado di intercettare la portata di questa intervista. Senza esagerazioni: credo si tratti di uno dei colloqui più interessanti - e dal nostro punto di vista preoccupanti - degli ultimi mesi. Per capire è necessario prima comprendere il ruolo di Witkoff, la sua provenienza, il suo background. A questo proposito arrivano in nostro soccorso le parole di David Ignatius, una delle firme di maggior prestigio del Washington Post, non certo un estimatore di Trump. Sul conto di Witkoff, l'editorialista scrive: questo immobiliarista miliardario di New York che ha incontrato Vladimir Putin due volte nelle ultime settimane "non è Henry Kissinger, ma gode di ottimi voti da parte di un ex alto funzionario della sicurezza nazionale USA, che me lo ha descritto come 'un buon negoziatore - esperto, duro, in grado di affrontare chiunque'". La mia sensazione, dopo aver guardato e analizzato 92 minuti di intervista, è che Witkoff sia una persona animata da buone intenzioni, che interpreti il suo ruolo come "inviato di Trump", prim'ancora che come inviato della Casa Bianca, ma che il suo approccio ai problemi del mondo potrebbe causare diversi guai. Non tanto in Medio Oriente, dove la strategia delineata risulta ambiziosa ma possibile da realizzare mescolando fortuna e impegno, quanto in Europa. Dalle parole di Witkoff emerge una visione condizionata da fake news, semplicistica, per certi versi ingenua. Se non si tratta di una tattica negoziale (e onestamente non vedo perché dovrebbe), non credo finirà bene. Seguitemi, c'è tanta carne al fuoco in questo thread.
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2/6 🚨🇺🇸 Partiamo dalle basi. Steve Witkoff non nasconde la sua venerazione nei confronti di Donald Trump. È comprensibile: è l'uomo che ha cambiato la sua vita. Witkoff non ha problemi ad ammetterlo: "Ho imparato il mestiere da lui, sono entrato nel settore immobiliare grazie a lui. Volevo essere lui. Tutti volevano essere lui. Facevo l'avvocato, l'ho visto arrivare con questo stile da spadaccino e ho detto: 'Dio, voglio essere lui'. Per me era il Michael Jordan del settore immobiliare".
In più occasioni, durante l'intervista, Witkoff ribadisce il concetto: porto avanti questo approccio in questa determinata area del Pianeta "perché è così che vuole il Presidente, è lui che è stato eletto". Ciò significa esporsi alle critiche, a maggior ragione quando alcune posizioni risultano controverse, in rottura rispetto alla tradizione diplomatica a stelle e strisce: "All'inizio non mi piaceva", ammette Witkoff, "poi una sera ho iniziato a riflettere su ciò che mi disse una persona quando è morto mio figlio, Andrew: 'Niente potrà farti più male di questo'. È un brutto club del quale essere membri. E ho iniziato a fare come il presidente Trump, a non interessarmi di ciò che dice la gente". Perché è importante: perché chiarisce ulteriormente il profilo di negoziatore di Witkoff. Orientato verso il risultato, impermeabile alle critiche esterne, fedele solo al Presidente.
3/6 🚨🇺🇸🇮🇱 Adesso i temi principali, presi singolarmente. Si comincia da Israele. È qui che Witkoff ha costruito la fama di "dealer" vincente, che si è guadagnato il diritto di negoziare con Vladimir Putin: lo ha fatto siglando un cessate il fuoco a Gaza, chiudendo un accordo che l'amministrazione Biden non era stata in grado di sigillare fino all'avvento dell'amministrazione Trump.
Soprattutto adesso che nella Striscia sono ripresi i combattimenti, mentre in Libano esiste il rischio di una nuova fase della guerra, Witkoff non si sottrae ad un giudizio sul governo israeliano, ammettendo di non essere sempre d'accordo con l'approccio di Netanyahu, ma riconosce: "Non saremmo stati in grado di ottenere ciò che stiamo ottenendo se Bibi non avesse eliminato Nasrallah, se non avesse decapitato i vertici di Hamas. Si dice che sia più concentrato sui combattimenti che sugli ostaggi. Capisco questa valutazione ma non sono necessariamente d'accordo con essa. Penso che voglia riportare a casa gli ostaggi, se può farlo, ma lui pensa che esercitare pressione su Hamas sia il solo modo per farlo".
La questione che si pone in Israele, quella che assilla una fetta corposa della società israeliana, è ora la seguente: quando finirà tutto questo? Quando saremo liberi di proseguire con le nostre vite senza doverci preoccupare di combattere? La visione di Witkoff è impregnata di ottimismo: "Penso che il Libano possa realmente normalizzare i suoi rapporti con Israele. Intendo con un trattato di pace. Lo stesso Jolani, in Siria, sembra una persona molto diversa da quella che era. Le persone cambiano: io ho 68 anni, non sono la persona che conoscevo 30 anni fa. Immagina se il Libano normalizzasse i rapporti, se la Siria facesse lo stesso e i sauditi firmassero un accordo, condizionato alla fine dei combattimenti a Gaza. Sarebbe epico". L'attualità ci ricorda che raggiungere uno scenario del genere non sarà semplice, ma è un fatto che sia molto più probabile oggi che in passato, quando a capo di Hezbollah (e in controllo del Libano) vi era Hassan Nasrallah e a guidare la Siria il dittatore Bashar al-Assad.
1/7 🚨🇺🇸🇷🇺🇺🇦 Da giorni ci chiedevamo come fosse andato l'incontro al Cremlino fra l'inviato della Casa Bianca, Steve Witkoff e Vladimir Putin. A raccontarlo, in un giro di interviste rilasciate alla CNN e alla CBS, è stato oggi Witkoff in persona.
Premessa: che siamo d'accordo oppure no, le sue parole sono importanti. Le sue impressioni, e in particolare quelle dell'uomo che lo ha inviato fino a Mosca, Donald Trump, contano più delle nostre. Dunque, avviso ai lettori del Blog: qualche dichiarazione vi andrà probabilmente di traverso, ma non possiamo permetterci di ignorare quanto detto.
Buona lettura.🧵👇
2/7 🚨🇺🇸🇷🇺🇺🇦 Witkoff esordisce sulla CNN spiegando di aver parlato con Putin per "qualcosa come 3 o 4 ore"; descrive il suo incontro con il presidente russo come "positivo". Ma quando Jake Tapper lo sollecita, lo incalza, chiedendogli se adesso è finalmente chiaro che l'ostacolo per la pace è Vladimir Putin, risponde quanto segue: "Penso che Putin abbia indicato di accettare la filosofia del presidente Trump. Il presidente Trump vuole vedere la fine di questo conflitto. Credo che anche il presidente Putin e Zelensky vogliano lo stesso".
Witkoff, insomma, mette Putin e Zelensky sullo stesso piano. Nonostante il leader ucraino abbia accettato la tregua e il leader russo no.
3/7 🚨🇺🇸🇷🇺🇺🇦 Non è un punto banale. Ed è certamente singolare che Witkoff decida di metterci la faccia, di rischiare una pessima figura pur di proteggere l'onorabilità di Vladimir Putin. Nello sforzo, l'ambasciatore USA arriva a rifilare un commento piccato ad un alleato storico degli Stati Uniti come la Francia, in particolare al suo Presidente, Emmanuel Macron.
Succede questa volta sulla CBS, quando Margareth Brennan gli fa notare che giusto ieri l'inquilino dell'Eliseo ha osservato: Putin non è genuino nella ricerca della pace.
Witkoff a questo punto si irrigidisce: "Beh, io...senta, non so cosa abbia detto il Presidente Macron. Penso che sia spiacevole quando le persone fanno questo tipo di valutazioni e non hanno, necessariamente, una conoscenza di prima mano. Ma non ho intenzione di commentare ciò che ha detto, perché non so cosa abbia detto. Io so quello che ho sentito, il linguaggio del corpo a cui ho assistito".
🚨🇷🇺🇺🇦🇺🇸 Un documento di estrema importanza. Redatto a febbraio, ottenuto da un servizio di intelligence europeo e visionato dal Washington Post. Soprattutto: preparato per il Cremlino da un think-tank di Mosca noto per la sua vicinanza ai servizi segreti russi. Perché conta? Perché delinea chiaramente la strategia di Vladimir Putin nei negoziati con gli Stati Uniti e con l'Ucraina. Analizziamo gli aspetti principali.
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2/n 🚨🇷🇺🇺🇦🇺🇸 Il documento afferma anzituto che la Russia dovrebbe lavorare per indebolire la posizione negoziale degli Stati Uniti, contribuendo ad alimentare le tensione fra l'amministrazione Trump e altri Paesi, da quelli dell'Unione Europea fino all'insospettabile Cina. Gli stessi sforzi del presidente Trump per stringere un accordo di pace entro 100 giorni dal suo insediamento vengono definiti come "impossibili da realizzare". Di più: "Una risoluzione pacifica della crisi ucraina", secondo il dossier, "non può avvenire prima del 2026".
3/n 🚨🇷🇺🇺🇦🇺🇸 Una missione di peacekeeping? Niente da fare. Il documento respinge qualunque proposta di contingente sul territorio ucraino: la forza sarebbe "sottoposta a seria influenza occidentale". Insiste poi sul riconoscimento della sovranità russa sui territori ucraini occupati e si spinge oltre, proponenedo un'ulteriore divisione del territorio di Kyiv per la creazione di una "zona cuscinetto" nel nord-est del Paese al confine con le regioni russe di Bryansk e Belgorod, oltre che un'area smilitarizzata nel Sud, vicino alla Crimea, e inclusa la regione di Odesa. C'è altro? Sì.
1/6 🚨🇮🇱 Le notizie che arrivano da Israele sono preoccupanti. Le condizioni dei 3 ostaggi rilasciati oggi da Hamas sono peggiori di quello che avremmo sperato. Facciamo un punto nave con tutte le informazioni fin qui a nostra disposizione.
2/6 🚨🇮🇱 Fonti sanitarie israeliane confermano la presenza di una grave malnutrizione per tutti e tre gli ostaggi. Chiamano in causa quella che i medici definiscono "cachessia", un grave stato di deperimento associato a malattie croniche. Le ossa facciali esposte, la massa muscolare ridotta, le profonde occhiaie, sono tutti segnali evidenti di persone che hanno attraversato l'inferno a Gaza. Si stima che i tre, nei 15 mesi di prigionia, possano aver perso fino al 30% del proprio peso corporeo.
3/6 🚨🇮🇱 Da Tel Aviv specificano che i primi controlli effettuati dai medici prevedono analisi del sangue e degli elettroliti presenti nell'organismo. Uno dei rischi da evitare in questa fase è il sovraccarico calorico: dopo un periodo di privazione così prolungato, l'organismo non è in grado di gestire una quantità importante di cibo e calorie. L'approccio verso il cibo sarà estremamente graduale, con un monitoraggio costante dei livelli elettrolitici, della funzionalità degli organi e della salute del cuore. Israele ha mobilitato non a caso specialisti in nutrizione, cardiologia, neurologia e recupero dei traumi per reintrodurre con cura il cibo e monitorare eventuali complicazioni.
1/7 🚨🇮🇱 Sono dichiarazioni esplosive. Sono le parole dell'uomo che ha preso parte al processo decisionale che a partire dal 7 ottobre ha cambiato il volto del Medio Oriente. Sono notizie. Sono atti d'accusa. Sono rimpianti. Sono racconti di dolore e di paura.
E sono risposte, risposte ad alcune delle domande che torturano il passato recente di Israele, che ne condizionano il presente, che plasmeranno il suo futuro.
Di quanto detto da Yoav Gallant nelle ultime ore si parlerà a lungo. Un thread veramente imperdibile, ricco di retroscena. Buona lettura. 🧵👇
2/7 🇮🇱 La mattina del 7 ottobre e "il più grande rimpianto della mia vita"
Il racconto comincia dal 7 ottobre - e come potrebbe essere altrimenti? - da quello che Gallant definisce "il più grande rimpianto della mia vita". Quale, di preciso? Quello di non essere stato svegliato nel cuore della notte: "Mi è stato impedito l'ultimo punto di intervento. Sono abituato a essere svegliato di notte. Lo hanno fatto molte volte. L'ho sempre preso sul serio. Ho sempre dato ordini rigorosi. So con certezza che avrei fatto una cosa, basandomi su tutta la mia esperienza di vita. Avrei detto loro: 'Sento la vostra valutazione della situazione e quello che state facendo. Supponiamo che la vostra valutazione sia sottostimata, quali misure operative e quali forze state impiegando per garantire la sicurezza nel caso in cui vi stiate sbagliando e la situazione sia più grave?' (...) La conseguenza sarebbe stata l’invio immediato di più aerei e truppe di terra, soprattutto dei comandanti'".
La sua gestione della crisi inizia alle 6:29 del mattino, con una telefonata di sua figlia: "Mi dice: 'Ci sono sirene d’allarme a Tel Aviv'. Un minuto dopo chiamo il Capo di Stato Maggiore e lui mi dice: 'È da Gaza: non sono solo razzi, c'è anche qualcosa via terra, sto entrando in una valutazione della situazione'. Cambio i miei vestiti da ciclismo – stavo per andare a fare un giro in bici – e indosso gli abiti neri. (...) Non sono tornato a casa per i successivi 3 mesi. Quando arrivo alla Kirya, il quartier generale della difesa, vedo che c’è una grande confusione. (...) L'atmosfera di pesantezza e fallimento è evidente. Tuttavia, le persone stanno lavorando. Per prima cosa guardo il capo di stato maggiore: lavora, dà ordini, riunisce il comando. È impegnato nella gestione del sistema militare e non lo disturbo in quel momento. Ma entro nella sua sala durante la valutazione della situazione prima delle 8:00 del mattino e vedo che c'è una sensazione di incomprensione. Nessun panico, ma una chiara mancanza di chiarezza su ciò che sta accadendo dappertutto. Se io sono sotto shock? No. Durante la valutazione delle 8:00 dico a tutti: 'Questa è una guerra. Aprite tutti i magazzini, tutto ciò che abbiamo, mobilitate chiunque possibile, sia riservisti che truppe regolari. Mandateli a sud – lo stanno già facendo – ma anche a nord, perché non credo che Hamas inizi una guerra senza che Hezbollah sia coinvolto'. Quando troviamo i computer e gli hard disk di Hamas, a dicembre e poi a febbraio, diventa assolutamente chiaro che Hamas contava sull'intervento di Hezbollah".
3/7 🇮🇱 Netanyahu sotto shock: "Metteranno gli ostaggi sui tetti delle case"
Gallant riferisce dettagli molto importanti sulla reazione di Bibi Netanyahu all'attacco del 7 ottobe. Nelle settimane successive al massacro posto in essere da Hamas, diversi report parlano di un primo ministro israeliano quasi paralizzato dallo shock. Lo stesso Joe Biden, quando chiude la prima comunicazione con Tel Aviv, si rivolge ai suoi consiglieri con un messaggio che suona più o meno così: Bibi non sembra Bibi, devo andare in Israele.
L'allora ministro della Difesa fornisce un quadro più circostanziato, ma non se la sente di affermare che Netanyahu mancasse della lucidità necessaria per guidare il Paese: "Penso che il Primo Ministro fosse di umore molto cupo, non solo quel giorno, ma anche l'11 ottobre e prima dell'offensiva di terra. (...) Non assegno voti al Primo Ministro su come ha operato o meno. Quando lo incontro, le cose funzionano, ma (...) dal primo giorno, nelle prime settimane, certamente fino alla conclusione del primo accordo sugli ostaggi, ha trasmesso un senso di pessimismo al quale io non ho mai aderito.
In vista dell'operazione di terra a Gaza, diceva: 'Ci saranno migliaia di morti. Useranno gli ostaggi come scudi umani. Li metteranno sui tetti, agli ingressi delle case'. (...) Gli ho detto: 'Noi e Hamas condividiamo solo una cosa: vogliamo entrambi proteggere gli ostaggi. Loro perché li usano come leva, noi perché sono i nostri figli'".
🚨🇺🇸🇮🇱 Quella di stanotte passerà alla storia come una delle conferenze stampa più importanti e per certi versi sconvolgenti mai realizzate da un Presidente degli Stati Uniti.
Riportare solo qualche dichiarazione non è abbastanza.
Per restituire la portata e il possibile impatto del "piano Trump" per Gaza - quello che per comodità ho ribattezzato Mar-a-Gaza, dal nome della sua residenza in Florida - è necessario isolare tutti i passaggi fondamentali del confronto con i giornalisti.
Ho fatto questo lavoro per voi: video, parole, traduzione.
Tenetevi forte: attenti alle sfumature e allacciate le cinture. The Donald ha sganciato una vera e propria bomba.
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2/8 🚨🇺🇸🇮🇱 Prima parte. Trump: "Prenderemo il controllo di Gaza"
Trump: "Credo fermamente che la Striscia di Gaza, che per così tanti decenni è stata un simbolo di morte e distruzione, sia stata dannosa per le persone che vivono nelle sue vicinanze e, soprattutto, per coloro che vi abitano. Onestamente, è stata davvero molto sfortunata. È stata un luogo sfortunato per molto tempo. Trovarsi lì non è stato positivo, e non dovrebbe essere sottoposta a un processo di ricostruzione e occupazione da parte delle stesse persone che vi hanno combattuto, vissuto e sofferto una misera esistenza. Invece, dovremmo rivolgerci ad altri Paesi interessati e con un cuore umanitario – e ce ne sono molti che vogliono farlo – costruire vari insediamenti che, alla fine, ospiterebbero gli 1,8 milioni di palestinesi che vivono a Gaza, ponendo fine alla morte, alla distruzione e, onestamente, alla sfortuna. Questo potrebbe essere finanziato da Paesi vicini con grande ricchezza. Potrebbero essere numerosi siti, oppure uno solo di grandi dimensioni. Ma le persone potranno vivere in comodità e in pace, e faremo in modo che venga realizzato qualcosa di davvero spettacolare. Avranno la pace. Non verranno più colpiti, uccisi e distrutti come questa popolazione meravigliosa ha dovuto sopportare finora. L’unico motivo per cui i palestinesi vogliono tornare a Gaza è che non hanno alternative. In questo momento è un cantiere di demolizione. È semplicemente un sito di demolizione. Praticamente ogni edificio è crollato. Stanno vivendo sotto macerie di cemento, in condizioni molto pericolose e precarie. Invece, potrebbero stabilirsi in un’area completamente nuova, con case sicure, dove vivere in pace e armonia, senza dover tornare indietro e rivivere tutto da capo. Gli Stati Uniti prenderanno il controllo della Striscia di Gaza e faremo un buon lavoro anche lì. Saremo responsabili della rimozione di tutte le bombe inesplose e delle altre armi presenti sul territorio, della demolizione dei resti degli edifici distrutti, livelleremo il sito e ci sbarazzeremo degli edifici distrutti, lo spianeremo, creeremo uno sviluppo economico che fornirà un numero illimitato di posti di lavoro e di alloggi per la popolazione della zona, faremo un lavoro vero, faremo qualcosa di diverso. Non si può tornare indietro. Se si torna indietro, finirà nello stesso modo in cui è stato per 100 anni".
3/8 🚨🇺🇸🇮🇱🇸🇦 Seconda parte. Trump: "Creeremo migliaia di posti di lavoro a Gaza"
Giornalista: "È possibile raggiungere un accordo di normalizzazione con l'Arabia Saudita senza il riconoscimento di uno Stato palestinese? Questa domanda è per lei, signor Ministro. E signor Presidente, visto quello che ha detto su Gaza, gli Stati Uniti hanno inviato truppe per aiutare a garantire il vuoto di sicurezza?"
Trump: "L'Arabia Saudita sarà di grande aiuto, e lo è già stata. Vogliono la pace in Medio Oriente. È molto semplice. Conosciamo molto bene il loro leader e i loro dirigenti. Sono persone meravigliose e vogliono la pace in Medio Oriente. Per quanto riguarda Gaza, faremo ciò che è necessario. Se sarà necessario, lo faremo. Prenderemo il controllo di quell’area, la svilupperemo e creeremo migliaia e migliaia di posti di lavoro. Sarà qualcosa di cui tutto il Medio Oriente potrà essere molto orgoglioso. Tutti ritengono che continuare con lo stesso processo ripetuto all’infinito - che poi porta all’inizio delle uccisioni e di tutti gli altri problemi - non sia la soluzione, perché alla fine ci si ritrova sempre nello stesso punto. E noi non vogliamo che ciò accada. Perciò gli Stati Uniti, con la loro stabilità e la loro forza, prenderanno il controllo, soprattutto grazie alla potenza che abbiamo sviluppato negli ultimi tempi, direi davvero a partire dalle ultime elezioni. Penso che saremo un grande custode di qualcosa che è molto, molto forte, molto potente e molto, molto buono per l'area, non solo per Israele, per l'intero Medio Oriente. Sarà molto importante, avremo di nuovo migliaia di posti di lavoro, e ci saranno posti di lavoro per tutti, non per un gruppo specifico di persone, ma per tutti".