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Dec 27, 2022 19 tweets 9 min read Read on X
🇽🇰🇷🇸
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I media italiani hanno iniziato a dedicare qualche servizio qua e là alla crisi in #Kosovo.

Ben svegliati.

Questo Blog non è geloso dell'argomento, anzi. Però si riserva il gusto di un rilancio.
Dunque, non solo racconto, ma anche analisi.

Cosa dobbiamo aspettarci?👇
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Prima delle previsioni, un breve riepilogo per chi si trovasse a maneggiare l'argomento per la prima volta.
Da ormai 18 giorni nel Nord del #Kosovo la libertà di movimento è compromessa dalle barricate erette dalla popolazione serba.
A scatenare la rabbia dei locali è stato
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in particolare l'arresto di Dejan #Pantic (etnia serba), ex agente della polizia kosovara accusato dalle autorità di Pristina di attività terroristiche, assalto agli uffici elettorali e attacchi a funzionari di polizia.
Come spesso accade nei #Balcani, questa è solo
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la punta dell'iceberg.
Già in estate si sono raggiunti livelli di tensione altissimi per la cosiddetta "guerra delle #targhe". Il Kosovo ha minacciato di multare (prima) ed impedire la circolazione (poi) ai cittadini che non avessero proceduto alla reimmatricolazione dei
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veicoli con targa serba. A mettere una pezza sulla questione (immaginate cosa sarebbe accaduto se la polizia kosovara avesse impedito a migliaia di serbi di prendere la propria macchina per andare a lavoro) sono stati lo scorso mese gli americani, con una prorompente azione
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diplomatica, tesa a chiarire tanto a Pristina quanto a Belgrado che in questa fase hanno altro di cui occuparsi: si legga alla voce "Ucraina".
Sembrava dunque che la situazione si fosse calmata, ma la Storia nei Balcani non dorme mai.
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Una delle risposte (indirette) di Belgrado al braccio di ferro con Pristina si era tradotta nelle dimissioni di tutti i rappresentanti di etnia serba dalle istituzioni del Kosovo.
Altro (blando) sforzo di immaginazione: cosa sarebbe accaduto il 18 dicembre se nei 4 comuni a
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a maggioranza serba si fosse andato a votare nella consapevolezza che il più grande partito locale, Lista Serba, avrebbe boicottato il voto?
Anche in questo caso è stata messa una pezza su spinta decisiva degli USA: elezioni rinviate.
Tutto finito? No. L'arresto di Pantic e
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di altri due agenti serbi ha esasperato una tensione già latente, che ha portato la popolazione serba ad attuare blocchi stradali e ad innalzare barricate.
La notizia delle ultime ore è che il presidente serbo #Vucic ha ordinato che le forze armate di Belgrado siano al più
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alto livello di prontezza al combattimento, ovvero quello che fa da preludio al loro impiego.
Ora la domanda è la seguente: cosa dobbiamo aspettarci?
La #KFOR guidata dal comandante italiano #Ristuccia sta esercitando tutta la sua capacità di "moral suasion" per cercare di
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risolvere la questione delle barricate senza scontri e, peggio ancora, spargimenti di sangue.
La sensazione diffusa è che il tempo stia scadendo.
Lo si intuisce dalle decisioni prese a Belgrado, dalle dichiarazioni di Pristina, dal racconto improntato ad una
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drammatizzazione degli eventi da parte dei media serbi.
Anche il premier #Kurti in un'intervista esclusiva ad un giornale bosniaco ha chiarito oggi che "se la KFOR non rimuove le barricate nel Nord lo faremo noi", e che questa situazione "non può durare mesi. Non può
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durare settimane. Può durare solo giorni".
Ho trovato molto interessante in questo senso l'analisi di Timothy Less, del Center for Geopolitics dell'Università di Cambdrige, che ha ridotto a 4 i possibili scenari.
1⃣Il primo è che il Kosovo accetti la creazione della
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Comunità delle municipalità serbe in Kosovo, lungamente richiesta da Belgrado e prevista dagli accordi di Bruxelles del 2013 che l'attuale governo kosovaro disconosce. Si tratta di uno scenario di complicata realizzazione. Il motivo lo ha spiegato lo stesso premier Kurti:
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"Ho l'impressione che la Serbia non voglia un'unione di comuni. Perché se davvero la volesse non direbbe ogni settimana: non riconosceremo mai il Kosovo. È come cercare qualcosa che abbia contenuto, ma senza forma. Non è possibile. Non puoi avere una torta senza una teglia".
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2⃣Il secondo scenario prevede che la Serbia faccia marcia indietro e rimuova le barricate, senza ottenere nulla sul fronte della Comunità delle municipalizzate serbe, ma con qualche compensazione esterna. Anche in questo caso, la sensazione è che a Belgrado ci si sia spinti
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troppo oltre per fare retromarcia senza ottenere qualcosa di veramente grosso in cambio.
3⃣Terzo scenario: le barricate rimangono al loro posto, la Serbia blocca il Nord e l'Occidente chiede al Kosovo di non reagire con la forza. Si tratterebbe di una divisione de facto del
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Paese, che il Kosovo non sembra disposto ad accettare.
4⃣ Quarto scenario: le forze di sicurezza del Kosovo cercano di rimuovere i blocchi con la forza. A potenziale costo delle vite dei serbi. Questo è il caso in cui la Serbia schiera l'esercito. Ed esplodono i Balcani.
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Dietro questo articolo ci sono molte ore di lavoro. L'unico modo per consentirmi di continuare ad aggiornarti è tramite iscrizione al Blog. Al contrario, tempo pochi mesi e sarò costretto a chiudere i battenti. Grazie per il sostegno che vorrai darmi.
steadyhq.com/it/dangelodario

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Apr 30
🚨🇬🇪 Attenzione. Scontri tra polizia e manifestanti in #Georgia. Le forze dell'ordine usano idranti e spray al peperoncino contro le persone scese in piazza per protestare contro la "legge russa" sugli agenti stranieri. Effettuati diversi arresti. Tensione altissima.
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🚨🇬🇪 Situazione che sta diventando selvaggia.

#Georgia #Tbilisi
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🚨🇬🇪 Secondo i media georgiani, uomini con passamontagna neri, senza distintivi di polizia, si starebbero sganciando dai ranghi della polizia per cercare di catturare i singoli manifestanti. Nelle immagini si può notare un massiccio utilizzo degli idranti.

#Georgia #Tbilisi
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Mar 27
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🚨🇮🇹 L'allarme di Cavo Dragone: "Siamo troppo pochi". Come aumenterà l'impegno militare italiano. L'analisi degli scenari: in gioco "il nostro modello di vita"

Quando parla il Capo di Stato maggiore della Difesa, l'Ammiraglio Giuseppe #CavoDragone, il consiglio è quello di sempre: prendere appunti.

Eppure sarà un pregiudizio errato, forse un cattivo pensiero, ma tra i parlamentari riunitisi ieri a Montecitorio, pochi sembrano comprendere l'importanza dell'occasione. Lì, a un passo, vi sarebbe l'opportunità straordinaria di aumentare il proprio bagaglio di conoscenze, nonché il grado di consapevolezza delle sfide che, ebbene sì, minacciano l'Italia.

Però, pensandoci bene, meglio lo smartphone.

Avranno ragione loro, i distratti (a voler essere gentili), ma il contenuto della Relazione analitica sulle missioni internazionali italiane presentata da Cavo Dragone meriterebbe, almeno a detta di chi scrive, altro tipo d'attenzione. Non fosse altro che per un motivo: questo signore è un top player di livello internazionale.

Signore e signori, è il prossimo Chairman del Comitato Militare #NATO, che vi parla.Image
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🇮🇹 Si formò in Accademia Navale, vi tornò molti anni dopo coi gradi di Comandante. Volò negli USA, prese confidenza col cielo, lo rese amico, divenne abile al punto da meritare la qualifica di "pronto al combattimento" presso gli squadroni dei Marines, non esattamente gli ultimi arrivati. Esperienze durissime lo hanno forgiato: ha sfidato i pirati (non avranno orecchino e bandana, ma esistono ancora), frequentato teatri di conflitto tra i più complessi e rischiosi al mondo. No, vi fermo: questo non vuol essere un pezzo agiografico, ma solo premessa utile a restituire il contesto.

Per dire che Cavo Dragone conosce la guerra, e proprio per questo sa che non è scritto da nessuna parte che la pace sia per sempre.Image
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🇮🇹 La previsione è limpida, cristallina: l'impegno italiano in campo internazionale è "destinato ad aumentare". L'Ammiraglio chiede per questo "un sano esercizio di realismo". C'è chi pensa che il mondo occidentale debba svegliarsi, prepararsi al peggio per preservare il meglio. Nella narrazione dominante viene spesso scambiato per "guerrafondaio". Eppure Cavo Dragone riconosce nella NATO "il solo e vero scudo di cui disponiamo per difendere la libertà e la democrazia".

Ripetiamo: difesa, della libertà, della democrazia.

Sono parole che derivano a maggior ragione dall'esperienza di questi anni, dalle lezioni apprese in particolare dalla guerra in #Ucraina. La più importante, spiega Cavo Dragone, è che "la difesa della libertà è doverosa, necessaria, e riguarda tutti. C'è un Paese che combatte per la sua, e anche per la nostra, libertà di poter scegliere il proprio futuro".

Il blogger autorizza il lettore a respirare a pieni polmoni: questo è ossigeno puro.Image
Read 6 tweets
Mar 23
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🚨🇺🇸🇷🇺"Duty to warn": perché gli Stati Uniti hanno avvisato la Russia dell'attentato a Mosca. Dettagli e retroscena

Sullo sfondo di una strage che colpisce civili inermi, falchi del Cremlino già disegnano ampi cerchi in volo. La traiettoria non è chiara, non ancora. Segno tangibile dell'indecisione di Vladimir #Putin in persona, non a caso rivoltosi al popolo russo in attesa dopo ore di snervante silenzio. E soltanto per lasciare aperto più o meno ogni scenario.Image
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🇺🇸🇷🇺 Eppure è un fatto che il Palazzo abbia deciso di inviare un primo segnale, soprattutto interno: per quanto improbabile da sostenere, occorrerà stabilire un legame fra gli autori dell'attacco al Crocus City Hall e l'odiata #Ucraina. Quanto marcato lo si capirà presto, probabilmente già nelle prossime ore, quando Mosca dovrà scegliere se convertire lo shock dell'attentato subito in vantaggiosa opportunità nella sua guerra con Kyiv, benché consapevole della sua estraneità ai fatti. Possibile stratagemma volto a mascherare il fallimento dei Servizi russi, ancora più doloroso poiché accompagnato dal trionfo di quelli USA.Image
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🇺🇸🇷🇺Per capire, bisogna forse partire da più lontano. E più di preciso dal nome di un generale americano sconosciuto ai più: Michael Kurilla. Trattasi dell'uomo alla guida del Comando centrale degli Stati Uniti (CENTCOM), attore chiave della potenza a stelle e strisce. È proprio Kurilla, esattamente un anno fa, nel mezzo di un'audizione alla Commissione Servizi Armati del Senato ignorata pressoché universalmente, a mettere in guardia l'America e i suoi Alleati: la rete dell'#ISIS-K, dice, è in espansione. E lo è al punto che i terroristi del Khorasan potrebbero attaccare gli interessi americani o occidentali al di fuori del Paese in meno di 6 mesi, "con poco o nessuno preavviso".Image
Read 7 tweets
Mar 15
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Lo "stato" del Male. Cina, Russia, Iran: il rapporto dell'Intelligence USA sulle minacce dei prossimi mesi. Rischi e scenari secondo gli 007 di Washington

🚨🇺🇸🇨🇳🇷🇺🇮🇷🇰🇵 Nei circoli ristretti di Washington DC, fra i capannelli di parlamentari che guidano i processi decisionali, nel team di Sicurezza Nazionale del Presidente degli Stati Uniti, basta la parola: #ATA. Tre lettere per indicare il rapporto più atteso dell'anno, quello in cui la Comunità di Intelligence americana passa al vaglio il livello di minaccia proveniente dai quattro angoli del globo, per gli #USA e per i suoi Alleati. Il report di quest'anno è lungo 41 pagine. Per interpretarlo bisogna spesso leggere fra le righe, prestare attenzione alle espressioni impiegate, attivare il radar, fiutare l'aria, scrutare l'orizzonte per riconoscere i segnali di una tempesta in arrivo. La premessa è incoraggiante, rasserenante: "Nel corso del 2024, gli Stati Uniti dovranno affrontare un ordine globale sempre più fragile, messo a dura prova da competizione strategica tra le grandi potenze, sfide transnazionali più intense e imprevedibili e da molteplici conflitti regionali con implicazioni di vasta portata".

Auguri. Adesso potete allacciare le cinture, alla fine mi ringrazierete. 👇Image
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🚨🇺🇸🇨🇳🇹🇼 Il documento è diviso per aree di interesse. Il paragrafo più corposo è quello che gli 007 USA dedicano alla #Cina. L'America ammette: Pechino ha il potenziale per "competere direttamente con gli Stati Uniti” e “alterare l’ordine globale basato sulle regole“. Perché bisogna stare attenti alle parole? Perché l'anno scorso, in quel di Washington, regnava maggiore ottimismo. Nel rapporto del 2023 la Cina veniva infatti reputata in grado di "tentare di alterare" l'ordine mondiale. Adesso il margine d'errore è venuto meno, il dubbio non sussiste: la Cina è una minaccia di primo livello, anzi, è "la" minaccia alla leadership statunitense.

Mettete insieme le gravi sfide demografiche ed economiche affrontate dal Dragone, agitate, mescolate, avrete un Partito Comunista Cinese portato ad operare in maniera "ancora più aggressiva e imprevedibile". La valutazione dell'intelligence americana è la seguente: nel 2024 l'attuale leadership cinese si adopererà per "prevenire le sfide alla sua legittimità". Il punto chiave è l'elefante nella stanza da tempo: il caso di .Image
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🚨🇺🇸🇨🇳 Nel 2024 la Cina "eserciterà pressione" su Taipei per l'unificazione, dando vita ad una dinamica che "creerà punti di attrito critici con gli Stati Uniti". Al netto delle battute d'arresto nel campo economico, la Cina tenterà di ridurre la propria dipendenza dalle tecnologie straniere e di indirizzare il proprio capitale verso la modernizzazione delle proprie forze armate. Si tratta di un segnale importante soprattutto sul medio periodo. La strategia di Pechino appare chiara: perseguire la propria crescita, prepararsi allo scenario peggiore, al cigno nero di una guerra, ma nel frattempo cercare di rinviarlo fino a quando non si sentirà pronta ad affrontarlo. Non a caso la previsione americana è la seguente: "I leader cinesi cercheranno opportunità per ridurre la tensione con Washington quando crederanno che questo sarà di beneficio per Pechino". Come esempio viene citata la richiesta di Xi Jinping di incontrare il presidente #Biden a San Francisco, nel novembre del 2023. No, non erano solo rose e fiori.Image
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Mar 12
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🚨🇺🇸🇷🇺🇺🇦 Il messaggio veicolato dai leader delle agenzie di intelligence USA, durante l'audizione andata in scena ieri sera al Senato americano, è chiaro, limpido, cristallino: nei prossimi mesi il mondo libero si gioca una fetta importante di futuro.

Spoiler: non sarà una passeggiata.Image
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🇺🇸🇷🇺🇺🇦 Oltre due ore di interventi, informazioni riguardanti tutte le principali minacce agli interessi nazionali USA e Alleati. Lo spettacolo è quello di uomini e donne di comprovata esperienza, professionalità di primo livello, consapevoli che dalla loro capacità di convincere la classe politica americana passerà - senza esagerazioni - il futuro del mondo. Siamo all'interno di una mano di poker, non ci sono certezze, è la vita dell'agente segreto.Image
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🇺🇸🇷🇺🇺🇦 A prendere la parola è Bill #Burns. Il direttore della #CIA è uno degli uomini chiave di questa fase storica, in America e non solo. Burns è il plenipotenziario di Joe #Biden sulla scena internazionale, molto più di un ministro, molto più che un consigliere. Per qualcuno è il personaggio perfetto di un romanzo di John Le Carré, l'agente segreto che nel mezzo di una festa all'ambasciata sussurra all'orecchio di un dignitario che la città sta cadendo in mano ai ribelli, e che una nave sarà al porto ad aspettarlo a mezzanotte.Image
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Mar 6
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🇺🇸 Analisi della notte elettorale americana. Per chi ieri sera è andato a letto presto, per chi si sveglia adesso, per chi non si accontenta dei titoloni spiattellati in prima pagina del tipo "#Trump stravince il #SuperTuesday".

Partiamo proprio da questo punto. Donald Trump stravince il Super Tuesday. Vero. E Nikki #Haley dopo stanotte non ha più una strada credibile per ottenere la nomination repubblicana.

Ma...

Ma il voto di stanotte conferma quanto segue: Haley è un problema per Trump. Soprattutto: i suoi elettori sono un problema per Trump. Un grosso problema.Image
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🇺🇸 I numeri delle primarie possono essere letti in due modi: guardando ai delegati oppure ai voti conquistati dai candidati. Fino ad oggi abbiamo commentato la caccia ai delegati, perché in palio c'era la nomination del Partito Repubblicano.

Quella gara è finita.

Trump, mentre scrivo, ha dalla sua circa il 92% dei delegati assegnati finora contro il 6,8% di Haley. È possibile perché ogni Stato la sua legge elettorale. E in molti di questi Stati basta superare il 50% per fare cappotto di delegati.

Ma da stanotte dobbiamo guardare a novembre, alla partita delle presidenziali. Solo in quest'ottica si comprende il peso del "fattore H", il fattore Haley.Image
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🇺🇸Mi rendo conto che possa suonare un po' assurdo quando si guarda la cartina, ma Nikki Haley non è andata poi così male in questo Super Tuesday. Gareggiando contro un "incumbent" de facto, un ex presidente unanimemente riconosciuto in tutto il Paese, Haley ha continuato a conquistare anche oggi una porzione non trascurabile di voti. In media all'incirca il 25%. Con picchi importanti in #Vermont (dove ha vinto lo Stato smentendo i sondaggi) ma anche in Colorado e North Carolina, dov'è riuscita a conquistare alcuni delegati ottenendo la maggioranza nei singoli distretti congressuali. In attesa di capire che numeri arriveranno dallo Utah, possiamo affermare quanto segue: Trump ha otto mesi di tempo per cercare di riportare all'ovile questi elettori repubblicani.

Spoiler: non sarà per nulla facile.

Altro spoiler: se non ce la fa è davvero complicato (eufemismo) immaginare come possa battere Joe Biden a novembre.Image
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