1/n Chi ama la politica non può non appassionarsi a quanto sta avvenendo negli #USA per l'elezione del nuovo #speaker della Camera.
Kevin #McCarthy, ex leader di minoranza per il Partito Repubblicano, candidato principale alla guida della maggioranza dopo le #Midterm, sta
2/n giocando la partita della vita. E per ora la sta perdendo.
Rapido quadro della situazione: la maggioranza del Gop alla Camera è risicata: 222 seggi contro i 212 dei Democratici. Per diventare speaker, ovvero presidente della Camera, McCarthy ha bisogno di 218 voti. Questo
3/n significa che può perdere per strada solo 4 voti. C'è un problema: una frangia di deputati Repubblicani radicali (non che McCarthy sia un "moderato", è pur sempre vicinissimo a Donald #Trump) composta da Andy #Biggs (Arizona), Matt #Gaetz (Florida), Bob #Good (Virginia), Matt
4/n #Rosendale (Montana) e Ralph #Norman (South Carolina) forma il gruppo dei "Never Kevin". Non cederanno mai, sembrano averne fatto una questione personale, e per ora stanno avendo ragione. Al primo turno McCarthy ha mancato il bersaglio: una cosa del genere non accadeva da 100
5/n anni. Di voti ne ha raccolti solo 203 sui 218 necessari: qualcosa di molto simile ad un'umiliazione per l'uomo che ha ispirato il Frank Underwood di House of Cards, per colui che fino a poche ore fa, nelle riunioni private coi deputati, affermava a petto in fuori che "questo
6/n ruolo me lo sono meritato". In questi stessi minuti è in aula, avviato verso la sconfitta anche al secondo scrutinio. Stringe mani, diffonde sorrisi, ostenta una sicurezza di cui non può più disporre. Fosse stata una trattativa "solo" politica l'avrebbe già portata a casa,
7/n come altre centinaia prima di questa, ma il fattore umano ha complicato maledettamente i suoi piani. Come andrà a finire? Il regolamento dice che si vota fino a quando non si forma una maggioranza. Auguri. Nel 1856 servirono due mesi e 133 votazioni (ma il mondo di oggi
8/n farà sì che lo spettacolo termini prima).
La domanda resta sul taccuino: chi vince? Chi molla prima? McCarthy o i suoi oppositori? È la politica, è la vita, bellezza. steadyhq.com/it/dangelodario
Continuerò ad aggiornarti, ma se apprezzi il mio lavoro tieni in vita il Blog.
9/n Sembra si procederà a breve ad un terzo scrutinio. La CNN la mette giù così rispetto alla frangia di oppositori di #KevinMcCarthy: "Questo è un gruppo che vuole bruciarlo. Kevin ha offerto loro tutto e loro hanno detto di no. Non lo vogliono".
Semplice no?
10/n Risultato ufficiale secondo scrutinio:
McCarthy 203
Jordan 19.
Jim Jordan è il deputato repubblicano su cui sono confluiti i voti degli estremisti del Gop. Il bello è che lo stesso Jordan aveva chiesto di votare McCarthy. Teatro dell'assurdo alla House.
11/n Segnali inquietanti per McCarthy. Byron Donalds, deputato che lo ha sostenuto nei primi due scrutini, ha detto di essere pronto a sostenere chiunque possa chiudere la partita: "L'unica cosa che è chiara è che McCarty non ha i voti".
12/n 🚨🇺🇸 Iniziato il terzo scrutinio per l'elezione dello #Speaker. I rumours sostengono che il blocco che sostiene McCarthy potrebbe erodersi ulteriormente: a rischio sarebbero 1-2 voti. Ricordo che il magic number è fissato a quota 218.
13/n 🚨🇺🇸McCarthy rilancia!
Ai giornalisti ha dichiarato pochi istanti fa: "Restiamo dentro fino a quando non vinciamo. I numeri cambieranno alla fine. Come? Conosco la strada".
14/n Donalds scende dal carro di McCarthy: ha votato per Jim Jordan, il candidato prescelto dalla fronda di oppositori. Questa la situazione del terzo scrutinio in tempo reale (Jeffries è il nome dei Democratici, che non possono comunque eleggere lo speaker essendo minoranza).
15/n Altra pessima notizia per McCarthy: anche il deputato Chip Roy, che aveva votato due volte per lui, al terzo scrutinio ha optato per Jim Jordan come #Speaker della Camera. Già due voti persi.
16/n A notte fonda la situazione è la seguente: dopo aver perso anche il terzo scrutinio, Kevin McCarthy sta ancora trattando con i deputati della House. La Camera ha deciso di aggiornarsi a mezzogiorno di domani (in Italia saranno le 17) per un altro voto. Lo #speaker non c'è.
17/n Gli stessi sostenitori di McCarthy iniziano finalmente ad ammettere che la partita si è fatta complicata. D'altronde qualcosa vorrà pur dire se per trovare l'ultimo precedente di elezione al primo turno che non va a buon fine bisogna tornare indietro di 100 anni, no?
18/n Ora le strade per chiuderla a favore di McCarthy sono banalmente due. La prima porta a convincere i 20 che al 3° scrutinio hanno votato in dissenso dalla sua nomina, preferendo il deputato Jordan. La seconda suggerisce di dare vita ad un clamoroso accordo con i Democratici.
19/n A quest'ultima ipotesi, da quanto risulta, starebbero lavorando in particolare i "moderati" del Partito Repubblicano. Ufficialmente McCarthy nega di essere interessato a quei voti. Così come i democrats dichiarano la loro indisponibilità ad aiutare l'aspirante speaker. Ma
20/n a Washington c'è chi sussurra che alle giuste condizioni (poi bisognerà eventualmente comprendere la natura del 'do ut des'), dinanzi ad una situazione di "disperante" stallo, i Democratici potrebbero garantire l'assenza di alcuni dei propri rappresentanti per abbassare il
21/n quorum o in alternativa astenersi per consentire la vittoria di McCarthy. Molto complicato, stiamo a vedere. Io ora vado a nanna, altrimenti domani chi ce la fa a seguire tutto?
Ah, come si diverte Nancy eh?
22/n Se avete apprezzato il mio lavoro finora vi chiedo di sostenerlo. Come? Nell'unico modo che mi consente di restare online: iscrivendovi al Blog. Vi ringrazio. steadyhq.com/it/dangelodario
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🔴⚓Prima di procedere col punto nave del giorno, un messaggio per gli abbonati: non perdete l'approfondimento del Blog in uscita nel fine settimana. Su questo pezzo lavoro da giorni: vi assicuro che la quantità di retroscena e informazioni importanti giustificherà l'attesa.
Adesso, iniziamo. 👇
🇺🇸🇺🇦 La notizia di oggi arriva dal Financial Times. I più stretti collaboratori di Trump in materia di politica estera hanno comunicato ad alcuni funzionari europei che The Donald chiederà agli Stati membri della NATO di aumentare la spesa per la difesa fino al 5% del PIL.
Se confermato, si tratterebbe di un game-changer all'interno dell'Alleanza.
Promemoria: la soglia attuale è posta al 2%. A raggiungere questo obiettivo di spesa sono solo 23 Paesi su 32. Spoiler: no, noi non ci siamo. In una prima fase, Trump sembrerebbe disposto ad "accontentarsi" di un aumento graduale, fissato attorno al 3/3,5%. In cambio, garantirebbe condizioni favorevoli nei rapporti commerciali con gli Stati Uniti.
Altra notizia, sempre dal Financial Times: Trump avrebbe segnalato l'intenzione di continuare a garantire il sostegno militare statunitense a Kyiv anche dopo il suo insediamento. Il presidente eletto continua a credere che l'Ucraina non debba mai entrare a far parte della NATO e desidera una fine immediata del conflitto, ma ritiene che fornire armi, anche dopo un cessate il fuoco, sarebbe in linea con il suo mantra, quello di ottenere la "pace attraverso la forza". Ps: la pace, con ogni probabilità, non arriverà in 24 ore.
🧵👇
2/5 🇺🇸🇵🇰 C'è una notizia letteralmente "bomba", di cui non si parla abbastanza, e riguarda Stati Uniti e Pakistan. Nel corso di un convegno, il vice-consigliere per la Sicurezza Nazionale USA, Jon Finer, ha dichiarato che il Pakistan, uno Stato dotato di armi nucleari, sta sviluppando capacità missilistiche a lungo raggio che potrebbero renderlo una "minaccia emergente" per gli Stati Uniti. Si tratta di una rivelazione per certi aspetti drammatica, soprattutto ricordando quanto in passato fossero stretti i legami tra Washington ed Islamabad.
Eppure Finer è stato chiaro: il Pakistan sta cercando di sviluppare una tecnologia sempre più sofisticata che potrebbero renderlo in grado di colpire obiettivi "ben oltre l'Asia meridionale, inclusi gli Stati Uniti".
Il sottinteso è il seguente: Islamabad, che da sempre ha calibrato i suoi programmi di armi nucleari e missilistici in funzione dell'India, potrebbe aver cambiato i propri piani (attenzione, in questo senso, al rapporto con la Cina).
Finer ha ricordato come il numero di Stati dotati di armi nucleari, con missili capaci di raggiungere il territorio americana sia "molto ridotto" - Russia, Cina, Corea del Nord sono stati gli esempi citati - ma che questi hanno una caratteristica in comune: "Tendono ad essere avversari" dell'America.
Proprio in ragione di un passato fatto di grande collaborazione, in particolare in fatto di antiterrorismo e nel campo della sicurezza, Washington guarda con sospetto alle ragioni che stanno spingendo il Pakistan a tentare di sviluppare queste capacità. Per il momento, il Pakistan ha preferito fare orecchie da mercante, decidendo di non commentare l'uscita di Finer.
Ma la questione resterà sul tavolo, nei prosimi mesi e probabilmente nei prossimi anni. Il radar è acceso.
3/5 🇺🇸🇸🇾 Il primo incontro tra funzionari americani e Al Jolani è andato in scena questa mattina a Damasco. Il messaggio è il seguente: probabilmente è presto per eliminare HTS dalla lista delle organizzazioni terroristiche riconosciute dagli Stati Uniti, ma Washington non ha intenzione di privarsi della possibilità di dire la propria in Siria.
Perché? Perché è troppo importante per tenere sotto controllo il fenomeno del terrorismo internazionale. Il compromesso suonerà più o meno così: Al Jolani, che nel suo processo di "moderazione" adesso si fa chiaamre Ahmad al-Shaara, si impegnerà ad impedire che gruppi terroristici (si legga alla voce "ISIS" ed "Hezbollah") minaccino gli Stati Uniti e i suoi Alleati regionali; in cambio Washington ha già chiarito che farà fintà di niente per quanto riguarda la taglia da 10 milioni di dollari che pende sulla testa di al-Shaara. Pardon, in questo caso di Al Jolani.
Dato importante: il Pentagono ha ammesso nella serata di ieri che i soldati americani presenti nel Paese non sono 900, come sostenuto a più riprese, ma circa 2000. Il portavoce del Dipartimento di Difesa ha detto di non potere stabilire con precisione da quando la presenza militare americana in Siria sia aumentata, ma probabilmente nei mesi scorsi, ben prima della caduta di Bashar al-Assad. Di più: ha chiarito che le truppe aggiuntive sono considerate "forze temporanee", inviate per sostenere la missione contro i militanti dello Stato Islamico. Vedremo cosa deciderà di fare al riguardo Donald Trump: durante il primo mandato si scontrò più volte con i suoi generali per ottenere il ritiro completo delle truppe americane dalla Siria. Ma questa è un'altra storia...
1/10
🚨🇮🇱🇮🇷🇱🇧 Documenti pensati per restare segreti. Diapositive di piani ambiziosi, forse arditi, per cancellare lo Stato Ebraico dalle mappe. Verbali salvati su un computer che mai avrebbe dovuto finire tra le mani dei soldati israeliani. E invece, nel bel mezzo di una perquisizione in un centro di comando sotterraneo di Hamas a Khan Younis, nelle profondità di Gaza, ecco l'IDF nell'atto di scoprire informazioni esplosive, alcune così gravi da mettere nuovamente sotto accusa il lavoro dell'intelligence; altre capaci di riscrivere (almeno in parte) la storia della pianificazione degli attacchi del 7 ottobre rispetto al coinvolgimento dei nemici di Israele.
E allora: quali sono le novità più importanti? 👇
2/10
🚨🇮🇱🇮🇷🇱🇧 Iniziamo dai fatti. I verbali, recuperati in un'operazione risalente allo scorso gennaio, riguardano 10 riunioni di pianificazione tenute da un piccolo gruppo di leader politici e militari di Hamas. Ad ognuna di queste riunioni ha preso parte Yahya #Sinwar in person. Le informazioni provengono da 30 pagine di dettagli precedentemente non divulgati. Ma anche da lettere, registrazioni, presentazioni illustrate. A confermare l'autenticità dei documenti e la pratica di tenere traccia delle riunioni all'interno di Hamas è stato - tra gli altri - Salah al-Di al-Awawdeh, ex componente dell'ala militare dell'organizzazione terroristica, ora analista con sede ad Istanbul.
3/10
🚨🇮🇱🇮🇷🇱🇧 I primi riferimenti all'azione che avrebbe poi avuto luogo il 7 ottobre del 2023 vengono registrati molto tempo prima dell'attacco.
Nel gennaio del 2022 i leader di Hamas discutono della necessità di evitare di essere trascinati in scaramucce minori. Il motivo è chiaro: occorre concentrarsi su quello che i protagonisti definiscono in più di un'occasione il "grande progetto" di Yahya Sinwar.
🚨🇮🇱🇱🇧 Clamoroso. Si parla di decine di feriti tra i membri di #Hezbollah a #Beirut e in tutto il #Libano. Le ricetrasmittenti dei componenti dell'organizzazione terroristica filo-iraniana sarebbero esplose contemporaneamente per effetto di un hackeraggio eseguito a distanza. Il Blog apre la diretta.
2/n 🚨🇮🇱🇱🇧 Al-Arabiya citando una fonte della sicurezza libanese: #Hezbollah sta invitando la sua gente ad abbandonare le radioline dopo le esplosioni simultanee di diverse ricetrasmittenti. Potremmo essere in presenza di un attacco ad alto tasso tecnologico orchestrato da #Israele pensato per far saltare il coordinamento dell'organizzazione terroristica filo-iraniana. Anche in prospettiva di una guerra.
3/n 🚨🇮🇱🇱🇧 Immagini cruente dal #Libano. Molte delle quali non pubblicabili. Una fonte di #Hezbollah al quotidiano qatariota Al-Arabi Al-Jadeed: "#Israele ha hackerato le radio degli operativi di Hezbollah e le ha fatte esplodere; si tratta della più grave violazione di intelligence fin qui registrata".
🚨🇺🇸 Dinastia Cheney. Una promessa per fermare Trump. Kamala Harris e il rapporto con gli Ultimi Repubblicani (incluso George W. Bush)
1/8
Il 26 dicembre 2020, la magia del Natale avvolge ancora Casa #Cheney. Ma Liz resta pur sempre la figlia di un Vicepresidente. E da terza repubblicana più alta in grado della Camera degli Stati Uniti sono pensieri cupi quelli che affollano la sua mente. Forse mai così cupi.
🇺🇸 2/8
Insieme a Phil, suo marito, un passato al Dipartimento di Giustizia, ha trascorso le vacanze lavorando a un documento che ritiene di massima importanza. Perché è chiaro che Joe #Biden ha vinto le elezioni. È chiaro, sì, ma a Donald #Trump, il leader del suo partito, non sembra interessare.
🇺🇸 3/8
La questione si trascina da settimane. Ma da qui a poco tempo non si tratterà più di spararla grossa su un social, di infiammare questa o quell'altra platea. Il passaggio del testimone incombe. La transizione da un'amministrazione americana all'altra è là da venire. Si tratta ora di assicurarsi che tutto avvenga in maniera pacifica. D'altronde non è per questo che Liz Cheney si trova nel suo studio il giorno dopo Natale?
🇸🇦 Mohammed bin Salman e il Gioco del Trono: gli intrighi di corte, l'anello avvelenato, il golpe. Dentro i segreti del Regno saudita - 1^ PARTE
1/11
È un fatto: non si può prescindere dalla figura di Mohammed bin Salman per capire il Medio Oriente. Quello di ieri, quello di oggi, soprattutto quello di domani. Poche ore fa, la BBC ha presentato uno straordinario documento sull'uomo più potente del Regno saudita, il Principe della Corona, l'erede al trono di Re Salman. Lo ha fatto beneficiando delle rivelazioni del più importante dissidente saudita in esilio, un uomo vicinissimo al rivale per eccellenza di MBS, suo cugino, Mohammed bin Nayef, oltre che ai vertici degli 007 occidentali. E allora sul taccuino hanno fatto capolino alcune domande: chi è Mohammed bin Salman? Un "riformista" o un assassino? Un impostore o un visionario? Un alleato dell'Occidente o un suo nemico? Dal documentario della BBC trae ispirazione un approfondimento del Blog in due puntate denso di retroscena.
Altre anticipazioni sono forse superflue: benvenuti al Gioco del Trono. E buona lettura.
🇸🇦 2/11
Narra la leggenda che per estrarre dalle dune un Regno a propria immagine e somiglianza Ibn Saud attinse da carisma e abilità fuori dal comune. Una taglia imponente per incutere terrore ai nemici, valore in battaglia per meritare il rispetto dei propri, e talento politico in eccesso, per riunire innumerevoli tribù, rigorosamente sotto il proprio tacco.
🇸🇦 3/11
Giunto in età da pensione, chiamato ad indicare un erede, Saud optò da tradizione per il primogenito: unica garanzia di sangue puro.
Ma 22 mogli e 45 figli maschi imposero il pagamento di un dazio, la ricerca di una soluzione ingegnosa, pena la messa a repentaglio di già fragili equilibri coniugali, per ragioni facilmente intuibili.
Di qui la pensata: una volta scomparso il primogenito, il passaggio di testimone sarebbe avvenuto per via orizzontale. Non di padre in figlio, ma da un fratello all'altro, così da concedere una chance più o meno all'intera stirpe. Le madri espressero consenso, il compromesso fu raggiunto.
Eppure nemmeno una spartizione di potere così peculiare potrebbe spiegare oggi la presenza sul trono saudita del 26esimo figlio del Fondatore. Figurarsi l'influenza nazionale e regionale della sua discendenza diretta, ovvero del 38enne divenuto nel frattempo talmente celebre da essere riconosciuto (e temuto) al pronunciare tre semplici lettere: emme, bi, esse, semplicemente Mohammed bin Salman.