Un po’ di storia per il coso verde, un corso on-line tipo Cepu, chissà che non si laurei prima o poi.
Giugno 2018, Salvini: "In Libia centri all'avanguardia, smontiamo retorica delle torture". 1/n
“Tutto sotto controllo...personale Onu...camerette ordinate e pulite...spazi per stare all’aria aperta...tutto ok.
Chi parla di campi di tortura in Libia è in malafede, sta imbrogliando gli italiani”. 2/n
Facciamo un passino indietro, fino al 1943: Terezín, un paesino in Cecoslovacchia (si chiamava così allora) quasi al confine con la Polonia.
Vi sorgeva uno dei tanti campi di concentramento nazisti, è passato tristemente alla storia come il campo dei bambini. 3/n
Nato all’inizio come ghetto ebreo fu poi trasformato in campo di concentramento e di smistamento verso i campi di sterminio di Treblinka ed Auschwitz.
Vi passarono tantissimi artisti, letterati... e soprattutto tanti bambini. 4/n
Quando cominciò a trapelare la verità sui campi di sterminio tedeschi il regime decise di organizzare due ispezioni della Croce Rossa Svizzera a Terezin.
Tentarono lì di creare un’immagine idilliaca per nascondere quello che effettivamente stavano facendo negli altri lager. 5/n
La prima ispezione fu del Giugno 1943 e nei rapporti degli ispettori sorse qualche dubbio, ma nei rapporti ufficiali non comparvero. Motivo? La Svizzera voleva evitare qualsiasi interferenza politica.
Io non la chiamerei neutralità, si trattò di vera e propria omertà. 6/n
La seconda visita del giugno 1944 fu invece orchestrata al meglio dai nazisti, che la prepararono nei minimi dettagli: gli ispettori videro un ghetto modello del tutto finto, con gente sana, vitto abbondante e alloggi puliti, tutt’altro che sovraffollati. 7/n
La realtà fu un po’ diversa: su un totale di 155.000 ebrei passati dal campo di Terezín 35.440 perirono nel ghetto e 88.000 furono deportati verso altri campi, pochissimi si salvarono. Più di 15.000 bambini persero la vita lì. 8/n
Di loro ci restano tantissimi disegni, ora raccolti nel museo del campo.
L’ho visitato nel ‘92 e ho pianto di fronte all’orrore cui hanno sottoposto tanti piccoli innocenti. 9/n
Oggi, 75 anni dopo, l’orrore si ripete.
Ma ancora per ragioni politiche c’è chi non vuole vedere cosa succede in Libia.
Oppure vede e diffonde solo ciò che gli fa comodo vedere, pur sapendo che è tutta una messa in scena.
Per qualche voto in più. 10/n
E lo stesso accade per il Covid: a qualcuno non piace il termine “negazionisti” perché esclusivo della Shoah.
Ricordando Terezín io lo trovo invece appropriato.
E guarda caso chi nega il virus e fomenta le piazze per scopi politici è lo stesso che ha negato le torture in Libia.
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Potrei fermarmi qui, talmente è fuori luogo tale affermazione.
Una teoria costruita da molto tempo a solo scopo elettorale, istigando paure di invasioni inesistenti e diffondendo solo il razzismo.
E invece no. Vado oltre.
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La parola “confini” è illuminante sulla logica di pensiero del soggetto, della sua futura socia di governo, e purtroppo di tanti altri.
D’acchito uno pensa ai confini fisici, al territorio.
No, è ben di più: sono confini mentali ben più robusti di qualsiasi muro.
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Questi soggetti, e gli italiani che li seguono, vogliono vivere chiusi nel loro piccolo mondo felice, fatto di sagre, degustazioni, partite allo stadio, serate in discoteca...un eden riservato a pochi fortunati, bianchi e meglio se ricchi.
Da preservare a tutti i costi.
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“L’emigrazione è una necessità fisiologica per il nostro popolo.
Siamo in troppi serrati in questa nostro angusto e adorabile paese, che non può nutrire tutti quanti.”
Lo disse un futuro Capo del Governo italiano.
Una volta al governo cosa provò anche a chiedere agli USA?
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“Suggeriamo l’aumento della quota di emigranti nel vs. paese dalle attuali 42.000 unità alle 100.000 annue.”
Alcuni diranno: “Però gli italiani che andarono all’estero per lavoro in passato erano tutti bravi ed onesti”
Dite?
La quasi totalità sì.
Non proprio tutti però...
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L’immigration Act del 1921 ed il Quota Act del 1924 avevano ridotto fino a 3.845 il numero massimo di italiani accettati.
Motivo?
Le crescenti spinte xenofobe, ed inoltre la preoccupazioni per l’abbassamento dei salari, dovuto alla concorrenza della manodopera straniera.
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“La dotazione che ci davano all’imbarco? Un sacco imbottito di paglia e un orinatoio ogni 100 persone, per un viaggio che poteva durare anche un mese.”
Destinazione? Stati Uniti, ma anche Brasile e Argentina, qualcuno persino in Australia.
Fra il 1876 ed il 1915 ci fu la grande emigrazione dall’Italia, furono quasi 30 milioni gli italiani che partirono. In cerca di lavoro e per sfuggire alla fame. In molti morirono durante il viaggio, per le cattive condizioni igieniche dei “taxi del mare” di allora. E dopo?
Giunti a destinazione ad aspettarli c’era prima un controllo sul loro stato di salute e poi una marea di pregiudizi. Ellis Island sembrava più una prigione che un posto di controllo, molti venivano rimandati indietro, o tenuti lì per lungo tempo.
Mussolini, il grande latin lover.
Una leggenda.
In realtà molte delle donne prezzolate che l’hanno avuto dicono che come amante fosse violento, sbrigativo e brutale.
Di sicuro con me fu molto peggio, malgrado gli avessi dato tutti i miei averi ed anche un figlio.
Lo conobbi che era un giovane giornalista, direttore del quotidiano del partito socialista. Quando poi divenne interventista e nazionalista lui fu espulso dal partito, ed aveva bisogno di soldi per portare avanti il suo progetto. Io, ricca di famiglia, vendetti tutto per lui.
Una volta che il suo progetto fu ben avviato si legò bigamo a Rachele e si dimenticò completamente di me e di suo figlio, Benito Albino Mussolini.
Cosa dovevo fare? Non mi rassegnai, ormai non avevo più niente da perdere: lo inseguii dappertutto, lo citai persino in giudizio.
Il regista Sergio Leone a fine anni ‘80 era intento nella preparazione di un film, e Michail Gorbačëv aveva già garantito al regista la disponibilità di una parte dell’Armata Rossa come comparse e per supporto tecnico-organizzativo.
Cosa aveva in mente?
Un film ambientato in Russia, ma su cosa?
Mi sarebbe piaciuto vederlo: non so se sarebbe stato un film di guerra, o un film sulla tenacia delle persone, sulle privazioni e sofferenze, forse sull’orgoglio indomabile. Il tema che aveva in mente era l’assedio di San Pietroburgo.
Nella nostra fantasia se sentiamo la parola “assedio” pensiamo al Medioevo, alle catapulte, alle cascate di olio bollente gettate dai bastioni. Dimenticate tutto ciò. Qui l’assedio è stato una guerra di trincea, di cannoni, ma soprattutto di isolamento. E di fame.
Un bambino con le mani alzate, impaurito, terrorizzato.
Alla sua età sarebbe stato normale giocare e ridere con gli amici.
E invece no.
La sua colpa? Essere nato ebreo.
Di lì a poco morirà. 1/n
Qui la foto completa: donne, uomini, vecchi e bambini rastrellati e deportati nei campi di sterminio. Quei campi di cui oggi dicono “tanto è roba successa 80 anni fa, è inutile continuare a parlarne.”
Beh, forse non è proprio tempo perso.
Dove siamo? 2/n
Siamo a Varsavia.
Il 2 novembre del 1940 il Governatore del Distretto di Varsavia, per conto del governo occupante nazista, aveva firmato l’ordine di creare un ghetto ebraico nella città polacca, che sarebbe diventato il più grande d’Europa. Si calcola più di 450.000 persone.