Avevo fatto mio il tocco e il tratto di Veermer: facevo gli stessi colori, in particolare il blu di lapislazzuli con olio di lillà, usavo i pennelli dell’epoca e tele originali del 1600. Riuscivo anche a riprodurre la “craquelure”, il reticolo di crepe che si forma con il tempo.
Non mi considero un truffatore, ero molto di più un falsario: ero un vero artista innamorato di Veermer.
Non riprodussi solo alcune sue tele, ma ne dipinsi di nuove attribuendole con successo al pittore del ‘600.
In realtà nel 1947 dovetti subire un processo, rischiavo l’ergastolo per un reato molto più grave di essere un falsario: mi accusarono di essere un collaborazionista dei tedeschi.
Di Goering in particolare.
Dovete sapere che dal ‘39 fino al ‘43 i nazisti hanno razziato, nei paesi occupati, tutte le opere d’arte su cui erano riusciti a mettere le mani. Erano insaziabili sia Goering che Hitler, più di 600.000 opere d’arte. Musei interi e collezioni private.
Alcune opere erano acquistate tramite critici d’arte nelle varie aste, la maggior parte invece veniva rubata letteralmente. In particolare i proprietari ebrei venivano deportati e soppressi pur di prendersi le loro opere, oppure ricattati in cambio di visti d’espatrio.
La sola collezione privata di Goering contava 1.376 dipinti, 250 sculture ed innumerevoli oggetti d’arte. Tutti accumulati nella sua residenza a 60 Km da Berlino, Carinhall.
Leonardo Da Vinci, Tintoretto, Canaletto, Van Gogh, Gauguin, Renoir, e molti altri.
Nel 1942 era giunta alle orecchie di Goering la notizia che era stato ritrovato in Okanda un dipinto andato perduto di Veeermer, Il Cristo e l’Adultera.
In realtà non era di Veermer, l’avevo dipinto io, ma nessun critico aveva avuto dubbi.
Naturalmente gli olandesi non poterono rifiutarsi di cedere il quadro ai nazisti, ma ottennero in cambio la restituzione di duecento opere precedente trafugate dal paese. L’affare andò a buon fine: i nazisti non scoprirono mai di aver acquistato un falso.
Però accusarono me della tentata vendita.
Il processo appassionò l’opinione pubblica olandese, io mi difesi dicendo che ai nazisti avevo sì venduto dei quadri, ma erano tutti falsi. L’accusa non credeva che i miei dipinti fossero indistinguibili da quelli di Veeermer.
L’unico modo per dimostrare la veridicità di quanto asserito era riprodurre ancora una volta un’opera del fiammingo.
Il processo appassionò moltissimo l’opinione pubblica, che era schierata compatta con me: in poco tempo realizzai l’ennesimo capolavoro.
Alla fine mi dichiarai colpevole dei quadri contraffatti e riuscii ad evitare l’ergastolo, mi condannarono ad un solo anno di prigione. La gente iniziò a vedermi come un eroe, il salvatore del patrimonio artistico nazionale.
Morii però il mese successivo alla fine del processo.
Ala fine sono orgoglioso e sorrido: ancora oggi non si riesce a stabilire se tutte le opere esposte nei più prestigiosi musei del mondo, e attribuite al pittore Veermer, siano davvero opera della sua mano.
Oppure se siano quelle che ho dipinto io, Han van Meegeren.
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Agli americani, la donna disse: “Mi accadrà qualcosa?”
Era il 29 maggio del 1945, a chiederlo la caposala del reparto di Pediatria, Mina Wörle, presso il complesso ospedaliero di Kaufbeuren. Era appena morto Richard Jenne, di 4 anni, per una dose eccessiva di sonnifero.
Ma non fu un errore, lei stava applicando i protocolli dell’Aktion T4, un programma fortemente voluto da Hitler, passato poi alla storia come la più massiccia e brutale operazione di eugenetica.
Cominciò già nel 1933, quando furono forzatamente sterilizzate circa 300.000 persone che avevano dato alla luce figli disabili. Poi nel 1938 la prima esecuzione, un bambino di nome Knauer, in seguito ad una visita ispettiva di uno dei medici personali di Hitler, Viktor Brack.
Vespa e il “consenso” popolare.
Scusate ma no.
Non accetto che si possa travisare la realtà così impunemente.
Sulla “macchina del consenso” ci sono fiumi di inchiostro, montagne di pagine di studiosi e storici che hanno analizzato e spiegato il fenomeno.
1/n
Era un consenso costruito, molte volte estorto, sempre organizzato dall’alto.
Lo storico Philip V. Cannistraro coniò la definizione di “fabbrica del consenso”: meccanismi di controllo, di orientamento dell’opinione pubblica e di inquadramento delle masse.
2/n
Accettazione e sopportazione, non consenso.
Manipolazione e orchestrazione. L’utilizzo di simboli, miti e slogan che nelle masse acquisivano intensità e provocavano persuasione.
Le masse erano in gran parte analfabete: la radio, i giornali ed i cinegiornali controllati.
3/n
“I posti di terapia intensiva oggi disponibili ed attivi in Italia sono intorno a 7.500. Il 60% di questi letti è occupato da pazienti con malattie gravissime come ictus, infarti, politraumi, stati di shock, sepsi e insufficienze gravi.”
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“La soglia del 30%, indicata come livello di allarme, è quindi intorno a 2.300 ricoveri. I dati di ieri sui ricoveri totali di malati Covid-19 in Terapia intensiva, 3.422, indicano che ormai siamo ben oltre il 40% dei posti presenti”.
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“In molte realtà i pazienti aspettano ore, se non giorni, anche intubati, nei pronto soccorso prima di essere avviati nei reparti intensivi"
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Un po’ di storia per il coso verde, un corso on-line tipo Cepu, chissà che non si laurei prima o poi.
Giugno 2018, Salvini: "In Libia centri all'avanguardia, smontiamo retorica delle torture". 1/n
“Tutto sotto controllo...personale Onu...camerette ordinate e pulite...spazi per stare all’aria aperta...tutto ok.
Chi parla di campi di tortura in Libia è in malafede, sta imbrogliando gli italiani”. 2/n
Facciamo un passino indietro, fino al 1943: Terezín, un paesino in Cecoslovacchia (si chiamava così allora) quasi al confine con la Polonia.
Vi sorgeva uno dei tanti campi di concentramento nazisti, è passato tristemente alla storia come il campo dei bambini. 3/n
Potrei fermarmi qui, talmente è fuori luogo tale affermazione.
Una teoria costruita da molto tempo a solo scopo elettorale, istigando paure di invasioni inesistenti e diffondendo solo il razzismo.
E invece no. Vado oltre.
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La parola “confini” è illuminante sulla logica di pensiero del soggetto, della sua futura socia di governo, e purtroppo di tanti altri.
D’acchito uno pensa ai confini fisici, al territorio.
No, è ben di più: sono confini mentali ben più robusti di qualsiasi muro.
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Questi soggetti, e gli italiani che li seguono, vogliono vivere chiusi nel loro piccolo mondo felice, fatto di sagre, degustazioni, partite allo stadio, serate in discoteca...un eden riservato a pochi fortunati, bianchi e meglio se ricchi.
Da preservare a tutti i costi.
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“L’emigrazione è una necessità fisiologica per il nostro popolo.
Siamo in troppi serrati in questa nostro angusto e adorabile paese, che non può nutrire tutti quanti.”
Lo disse un futuro Capo del Governo italiano.
Una volta al governo cosa provò anche a chiedere agli USA?
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“Suggeriamo l’aumento della quota di emigranti nel vs. paese dalle attuali 42.000 unità alle 100.000 annue.”
Alcuni diranno: “Però gli italiani che andarono all’estero per lavoro in passato erano tutti bravi ed onesti”
Dite?
La quasi totalità sì.
Non proprio tutti però...
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L’immigration Act del 1921 ed il Quota Act del 1924 avevano ridotto fino a 3.845 il numero massimo di italiani accettati.
Motivo?
Le crescenti spinte xenofobe, ed inoltre la preoccupazioni per l’abbassamento dei salari, dovuto alla concorrenza della manodopera straniera.
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