Lavoro, ambiente e giustizia: processo Eternit, Torino 2009. Nel 2012 il tribunale condanna l’imprenditore Schmidheiny e Louis De Cartier de Marchienne a 16 anni di reclusione per «disastro ambientale doloso» e per «omissione volontaria di cautele antinfortunistiche» (1)
Nel 2013 in Appello la pena è aumentata a 18 anni. Nel 2014 la Cassazione annulla la condanna dichiarando il reato prescritto.
Nel 1999 inchiesta Cassiopea, sulla gestione illecita dei rifiuti. Porta al rinvio a giudizio di 97 persone, tra imprenditori e faccendieri (2)
con le accuse di associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale e all’avvelenamento delle acque. Il processo inizia nel 2003, nel 2011 dopo una serie infinita di ritardi, scatta la prescrizione.
Dato che il 70% delle prescrizioni si determina in fase di (3)
indagini preliminari, la cosa determina la caduta del principio dell’obbligatorietà dell’azione penale. Nella sostanza, il magistrato opera una “selezione” dei casi da prendere in carico. E, guarda caso, quali sono i reati maggiormente prescritti? (4) Fine
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Massimo Franchi @ilmanifesto
Il più grande ricatto occupazione della storia recente. Tutti i circa 20 mila rider in Italia hanno già ricevuto o stanno per ricevere la mail che li costringerà ad accettare il «contratto-pirata» sottoscritto da Assodelivery e Ugl >
> che lascerà i fattorini come lavoratori autonomi a cottimo. Le comunicazioni delle piattaforme precisano che i non firmatari perderanno il lavoro dal 2 novembre, data di entrata in vigore del contratto. Questo, con sentenza della Cassazione che ha già considerato i fattorini >
> lavoratori subordinati e non autonomi. Il contratto/ricatto sul modello Marchionne, che pare ispirato ad una idea del professor Ichino, svela benissimo la situazione del lavoro come la sogna Bonomi: lavoratori ricattabili, cottimo e contratti pirata in deroga
Una storia: E.S. è un ragazzino vivace, disegna bene e frequenta la scuola media. Nel 1985 ha un incidente: si rompe in tanti pezzi, molti mesi in ospedale, ma ce la fa. Appena esce dall’incubo, il padre muore. Rimangono lui, la madre e due sorelle >
> Pochi soldi, bisogna lavorare. Svanisce il sogno dell’Istituto d’Arte, si delinea la condanna del carpentiere/saldatore. Inizia a sgobbare a 16 anni, apprendista in una officina meccanica. È bravo con le mani e invece di impugnare una matita, manovra un arco elettrico >
> Disegna “cordoni” perfetti, una successione di curve che sembrano, ironia crudele, dipinte. Lui, ora, ha 31 anni di lavoro che gli pesano sull’esistenza. Ha problemi di schiena, di vista, di polmoni. L’hanno spostato in un reparto un po’ meno duro, ma deve saldare lo stesso >
A proposito di responsabilità del datore di lavoro in caso di infortunio, una storia: nella fabbrica era collocato un container per la raccolta dei rifiuti ingombranti. Lo stesso era dotato di una scaletta esterna (foto) normalmente accessibile e priva di segnaletica >
> Un giorno, il lavoratore addetto alla gestione dei rifiuti, vedendo il container pieno, con alcuni materiali che uscivano dalla sagoma dello stesso, decise di intervenire. Lo decise perché sapeva che l'autista non avrebbe caricato il container in quelle condizioni. >
> Per sistemare il carico, salì la scaletta e si mise all'opera. Perse l'equilibrio e cadde, da 2 metri. Cadde male e restò tetraplegico (vicino alla pensione). Intervenne il sindacato e i RLS: verificarono la mancanza della valutazione dei rischi (DVR) inerente a quel lavoro. >
Andrea Gagliardoni è morto a 23 anni il 20 giugno del 2006, alle 6.10 del mattino, durante il suo turno di lavoro presso l’Asoplast di Ortezzano (Fermo). La sua testa è stata schiacciata da una macchina. Una macchina progettata senza adeguati sistemi di sicurezza >
> e quelli presenti erano stati disattivati dall’azienda per velocizzare la produzione. Ad Andrea, che lavorava su turni a 80 km da casa per 900 euro al mese, quella macchina ha fracassato il cranio, ammazzandolo. Due gli imputati per omicidio colposo; Giuseppe Bonifazi >
> e Mario Guglielmi. Il primo, AD responsabile di non aver rispettato le norme di sicurezza, non solo per il controllo delle attrezzatture, ma anche per la disattivazione dei sistemi di sicurezza, attuata per velocizzare la produzione. >
7 e 8 dicembre 1970, tentato golpe Borghese. “La Corte d’Assise di Roma ricostruì la vicenda in modo assai riduttivo, grazie soprattutto al ruolo svolto dal pm Vitalone. Si escluse che il piano avesse carattere nazionale. >
> Il golpe venne definito come un atto «iscritto in un disegno lucido» ma «velleitario», nonostante esponenti di Avanguardia Nazionale fossero penetrati, con il consenso dei Carabinieri, fin dentro il ministero degli Interni, impossessandosi di ben 200 mitra. >
> Si evitò di collegare fra loro i diversi progetti eversivi e si lasciò nel buio più completo il ruolo giocato dai servizi segreti e i rapporti con le Forze Armate. Le poche condanne comminate (per cospirazione politica e associazione a delinquere) furono assai miti. >
Si crepa in una grande fabbrica, dove dovrebbe essere tutto a norma, con rappresentanze sindacali attive e presenti. Eppure si crepa. Figuriamoci nelle piccole realtà, dove nemmeno sanno cos’è un RLS o un DVR. E poi, le indagini condotte dai CC? Abbiamo lottato, nei ‘70, per >
> avere la sorveglianza sui luoghi di lavoro in capo al SSN. Abbiamo ispettori (dovremmo avere) negli organi di vigilanza delle ASL che sono ufficiali di polizia giudiziaria. Sono loro che dovrebbero condurre le indagini, mica carabinieri che poco o nulla conoscono >
> della complessità della normativa antinfortunistica. Inoltre, subito dopo l’incidente, si tende ad “aggiustare” le cose. Sono momenti esiziali per la possibilità di accertare le responsabilità, lo sanno tutti. Eppure, non c’è nemmeno l’obbligo, da parte di chi conduce >