🎙️🇺🇸DISCORSI INAUGURALI. La penultima puntata della rubrica di @lelemonaco90 è dedicata al 20 gennaio di 12 anni fa, quando Barack Obama divenne Presidente, il primo afroamericano a giurare, aprendo un’altra nuova era per gli Stati Uniti
Fu tra gli eventi più seguiti della storia politica, con un pubblico da cerimonia inaugurale delle Olimpiadi. L’emozione era tale che il chief justice Roberts sbagliò le parole del giuramento, e Obama con lui. Per stare legalmente sul sicuro fu ripetuto il giorno dopo
Era il primo afroamericano su quel podio ma non usò il suo discorso per sottolinearlo. Il simbolismo lo faceva già, insieme ai media. 200 anni dalla nascita di Lincoln, la sua bibbia veniva usata per il giuramento, nelle mani della nuova first lady Michelle
Il discorso doveva servire a inserire la sua presidenza all’interno della tradizione politica americana. No, non era un’anomalia, una rivoluzione. Era perfettamente in linea con gli ideali dei padri. “Heritage”, “legacy”, “patriotism” compaiono spesso
La tradizione risuona anche nei temi proposti, che riprendono cose dette da vari presidenti nella storia. Obama si presentava non come il presidente afroamericano, ma quello di tutti. Strumento di cambiamento, ma in linea con la storia del paese
Nel discorso c’è Jefferson, con il suo linguaggio sull’unità che trascende la polarizzazione, "petty grievances and false promises, the recriminations and worn out dogmas, that for too long have strangled our politics"
C’è FDR, che come lui dovette gestire una grave crisi economica, causata da "greed and irresponsibility of some". C’è Reagan, con le sue parole sul “renewal” (che Obama trasfroma in “remaking”). Ma cosa c’è di associabile alla nuova era Obama?
La retorica presidenziale americana si è sempre giostrata tra due concetti. L’invocazione della provvidenziale “city on a hill” o quella di un ideale da nutrire e cercare continuamente, “to a more perfect union”. Obama si identifica sicuramente con quest’ultimo
Come un predicatore mette gli americani davanti al fatto che "our collective failure to make hard choices" aveva causato la crisi, economica e politica. C'è un po’ Lincoln qui. Ma "we reject as false the choice between our safety and our ideals"
FDR non lo disse nel 33, di certo non Reagan nell’81. Obama nel 2009 intendeva rimettere gli americani sulla strada della more perfect union. "Let it be said by our children's children that when we were tested we refused to let this journey end"
🇺🇸🎙️DISCORSI INAUGURALI. Torna anche questa settimana la rubrica di @lelemonaco90 su quelli che hanno definito la storia politica americana. Il 20/01/1981 Ronald Reagan segnò l’inizio di una nuova era, mettendo in soffitta gli ideali che Roosevelt aveva fatto suoi 45 anni prima
Gli anni '70 erano stati difficili per gli Stati Uniti. Le file per la benzina, l’inflazione, gli alti tassi di interesse, l’avanzata sovietica in Afghanistan e la crisi degli ostaggi in Iran avevano creato un paese che era pronto ad ascoltare un messaggio conservatore
Reagan prometteva di rimettere in moto il paese ridimensionando il governo, nello stesso giorno in cui gli ostaggi a Teheran venivano liberati, dopo 444 giorni. Il suo discorso, con le famose parole che seguono, segnò una nuova era per il movimento conservatore
🇺🇸🎙️DISCORSI INAUGURALI! Torna la rubrica di @lelemonaco90 su quelli più iconici in attesa di ascoltare Joe Biden tra tre settimane. Oggi il racconto ci porta in una tempestosa giornata in cui Franklin D. Roosevelt inaugurò una nuova era per la presidenza e la democrazia
Il meteo quel 20 gennaio 1937 rifletteva lo stato della nazione. Pioggia e nevischio si abbatterono su pubblico e presidente, che si fermò più volte per pulirsi gli occhiali. Le persone sulla strada si ritrovarono nel fango fino alle caviglie. “If they can take it, I can take it”
Negli anni precedenti i programmi del New Deal avevano provato a fermare gli effetti della Grande Depressione ed era quindi il momento di fare un bilancio. FDR però non si limitò a fare un elenco, pose le basi di una nuova filosofia del ruolo del governo in tempo di crisi
🇺🇸🎙️Sangue, guerra, salvezza, espiazione, redenzione, ricostruzione. La terza puntata della rubrica di @lelemonaco90 sui discorsi inaugurali ci porta al 4 Marzo 1865, quando Lincoln pronuncia il suo più bel discorso, il suo secondo dal portico orientale del Congresso
È una data, con un discorso, che vanno a definire un’epoca. La Guerra Civile non era ufficialmente finita, ma cosa fare col Sud, gli ex-schiavi, gli sconfitti, la parte radicale del partito, i moderati, gli stati schiavisti rimasti nell’unione, era tutto in discussione
Solo ricordando il contesto si può carpire l’enorme sfida di Lincoln. La ricostruzione che aveva in mente si basava su flessibilità e pragmatismo, qualità che il suo successore non aveva, e il discorso doveva legittimare queste non come moralmente neutrali, ma giuste e pie
🇺🇸🎙️Seconda puntata della rubrica sui Discorsi Inaugurali con @lelemonaco90. Il 4 Marzo 1829 giurava Andrew Jackson, e una nuova era iniziava per gli USA, una di violenza, di divisione, di espansione e di affermazione della presidenza. Il discorso 👉 bit.ly/2VXn2uU
Jackson è più presente nel nostro tempo di quanto si immagini. 20 città, soprattutto nel Sud, portano il suo nome, la sua faccia è sulla banconota da 20$, la sua statua a cavallo è al centro di Lafayette Square di fronte la Casa Bianca.
Nella cultura generale è associato di solito a due cose. Una è la deportazione delle nazioni native del sud est del Mississippi nell’attuale Oklahoma, il #TrailofTears, che liberò terre nel sud per i bianchi (e i loro schiavi).
INAUGURARE LA PRESIDENZA, con @lelemonaco90 . Comincia la nostra nuova rubrica sui discorsi inaugurali partendo da quello che molti considerano tra i più importanti della storia politica americana, in una fredda giornata di inizio primavera quasi duecento anni fa.
“L’agonia è finita!”, così esclamò Governeur Morris il 4 Marzo 1801. A mezzogiorno, dopo un viaggio di quattro giorni da Charlottesville a Washington, il 57enne Thomas Jefferson fece giuramento come terzo presidente degli Stati Uniti, dopo un accorato discorso.
Lo fece nella nuova aula del Senato in una Washington all’epoca non più grande di un villaggio. Era la fine di una vicenda, durata fino a fine febbraio, che aveva testato la tenuta dei principi costituzionali e politici dell’appena nata democrazia americana.
Cosa c'è di rilevante e allo stesso tempo scioccante nell'ultima, incredibile inchiesta del New York Times sulla situazione fiscale del Presidente degli Stati Uniti Donald Trump? Scopriamolo insieme...🧵
Un'indagine condotta per mesi dai giornalisti Russ Buettner, Susanne Craig e Mike McIntire ha rivelato che il Presidente è in brutte acque. Il titolo che ha fatto più notizia è sicuramente la cifra pagata nel 2016 e nel 2017: soltanto 750 dollari di tasse, per due anni di fila...
Per 10 dei 15 anni prima di diventare presidente, ovvero dal 2000 al 2015, Trump non ha versato neanche un centesimo di tasse. Le ingenti perdite delle sue aziende, in particolare i numerosissimi campi da golf, gli hanno garantito delle esenzioni importanti dal fisco americano...