Oggi Thread difficile. Donare il proprio corpo a fini scientifici come ultimo atto di altruismo. Un argomento difficile, sensibile e delicato. Cerco di spiegare a cosa servono le autopsie “rapide” in oncologia:
Non molti sanno che, in certi casi, la raccolta di campioni autoptici da pazienti deceduti per cancro può essere estremamente utile e informativo per la ricerca di base. In un’autopsia si ha accesso a tutte le metastasi del paziente.
L’analisi genomica/molecolare di questi campioni può dirci quali sono le alterazioni genetiche/epigenetiche che il tumore primario ha dovuto accumulare per resistere alla terapia e migrare in altri organi.
Oppure, se c’erano fin dall’inizio diverse popolazioni tumorali con diverse alterazioni in grado di selezionarsi sotto la pressione delle varie terapie. Si può arrivare a disegnare un vero e proprio albero genealogico di chi deriva da chi.
Questo è importante perché può svelare meccanismi di “difesa” tumorali che potrebbero essere attaccati farmacologicamente. O comunque fornire informazioni utili sull’evoluzione del tumore nel tempo e nello spazio.
In casi specifici, per esempio in pazienti che hanno risposto in maniera sorprendente ad una determinata terapia, l’analisi genetica delle metastasi può svelare quali siano i meccanismi di resistenza farmacologica di quel tumore.
Queste informazioni possono poi essere validate in laboratorio e prese in considerazione per futuri pazienti con tumori simili dal punto di vista genetico/molecolare. Farò un esempio, proprio dal mio laboratorio:
Una paziente con cancro della mammella metastatico che rispose in maniera eccezionale ad un farmaco sperimentale decise, quando questo farmaco smise di funzionare (dopo quasi un anno), di donare il suo corpo alla scienza.
Ricordo perfettamente il sabato mattina quando sia io che l’oncologo che l’aveva in cura abbiamo partecipato all’autopsia della paziente, prelevando quelli che già sapevamo essere campioni tissutali importantissimi.
Avendo a disposizione “tanto” materiale abbiamo potuto analizzare a fondo ogni lesione e anche impiantare certe metastasi in topi per “ricreare” il suo tumore e poterlo trattare con altri farmaci.
Abbiamo scoperto che tutte le lesioni che svilupparono resistenza all’inibitore di PI3K avevano alterazioni simili ad un gene chiamato PTEN. La cosa aveva senso visto che questo gene è importante per la via di PI3K.
Praticamente tutte queste differenti metastasi avevano trovato la maniera di modificare e perdere PTEN, e di arrivare allo stesso risultato, resistere alla terapia. Questa cosa fu utile per ipotizzare l’efficacia di altri inibitori di PI3K.
In questo articolo infatti non solo descriviamo questo meccanismo di resistenza, ma sperimentiamo anche due strategie terapeutiche, proprio sullo stesso tumore della paziente (cresciuto nel topo), che risultano efficaci. pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/25409150/
Non solo: dalle analisi genetiche dei tumori ci rendemmo conto che forse questo tumore era (all’inizio) così sensibile alla terapia perché invece di avere una sola mutazione sul gene PIK3CA (prerogativa per rispondere a questi inibitori)
Ne aveva ben due. Questo ci fece ragionare sul fatto che forse questa doppia mutazione non era poi così rara e magari poteva predittiva per la risposta degli inibitori di PI3K. E iniziammo un lavoro che culminò in un articolo…
…dove in effetti descriviamo che pazienti con tumori con doppie mutazioni rispondono meglio a inibitori di PI3K. Queste informazioni sono preziose perché permettono di selezionare i pazienti in modo migliore per le terapie bersaglio. pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/31699932/
Tutto questo da una sola paziente che, con il suo altruismo, coraggio e generosità, ha contribuito in maniera fondamentale a queste scoperte, che ora sono alla portata di tutti. Ovviamente non la dimenticherò mai.
Non fu la mia prima volta e non fu la ultima, e in tutti i casi i pazienti lo fanno con lo stesso spirito: “non servirà a me, ma forse servirà a qualcun altro”. Firmano il consenso e sorridono, consapevoli che stanno facendo un regalo alla società.

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20 Feb
Thread su tumore alla mammella: una donna su nove e un uomo su 1000 si ammalerà di cancro al seno. A questi numeri impressionanti però si contrappone la relativamente bassa letalità di questa patologia.
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13 Feb
Thread su clinical trials. Come si pianificano, quali domande cercano di rispondere, chi puo’ accedere etc. Quando abbiamo un farmaco che ha dato buoni risultati in laboratorio, inizia la sperimentazione in pazienti.
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7 Feb
Thread su sperimentazione animale e sul perche’ si fa. Premetto che non esiste un modello perfetto, infatti si chiamano “modelli”. Partiamo dallo sviluppo di farmaci. Quasi sempre questo tipo di ricerca parte “in vitro”, cioe’ in tubi di laboratorio, al computer e su cellule.
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Perche’ usare modelli animali?
1) anche se si stanno sviluppando modelli tridimensionali il piu’ possibile vicini alla realta’, i modelli in vitro non hanno ancora il sistema vascolare tipico di un tumore che cresce in un animale.
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31 Jan
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10 Sep 20
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