Il mercato della CO2 è l'esempio preclaro di come il perseguimento di un obiettivo pubblico (in questo caso, la riduzione delle emissioni) con meccanismi liberali, o "di mercato", cioè privati, porti con sé una serie di effetti perversi e paradossi. 1/11
L'UE è una sorta di banca centrale dei permessi di emissione: è infatti l'UE che fissa i tetti massimi di emissione e istituisce poi le aste in cui i soggetti obbligati si devono approvvigionare. Più i tetti massimi di emissione per anno sono bassi, meno permessi sono
messi all'asta: di conseguenza, tendenzialmente il prezzo dei permessi ad emettere si alza.
L'idea è proprio che il costo di emettere CO2 debba diventare talmente alto da renderlo non conveniente rispetto alla alternative (ad esempio utilizzare l'energia eolica anziché
quella da carbone o da gas). Quindi l'aumento dei prezzi dei permessi CO2 è un effetto desiderato. Di più, è proprio un obiettivo.
Ora: se tu sei una banca o un fondo con un trading desk un minimo strutturato... sapendo che CERTAMENTE il prezzo di quel
tale strumento finanziario salirà... non prenderesti una posizione lunga, comprando quote a man bassa e alimentando così la stessa salita dei prezzi? Lo possono fare anche i soggetti obbligati, comprando più del necessario, per poi rivendere sul mercato secondario e
recuperare almeno in parte i maggiori costi che dovranno affrontare. Infatti è proprio quello che sta succedendo da parecchi mesi: il fatto che l'UE volutamente abbassi l'offerta di permessi di emissione (per spingere a cercare alternative meno inquinanti) fa alzare i prezzi.
E qui tralasciamo il fatto che comunque le alternative (cioè l'energia verde al posto di quella da fossili) ancora non sono disponibili per così grandi volumi, fatto che anch'esso spinge verso l'alto le quotazioni della CO2 (oltre che quelle della stessa energia verde).
Se si vuole mantenere il cervellotico sistema attuale, ci vorrebbe almeno una gestione più controllata della curva delle emissioni a scadenza. Cioè l'UE dovrebbe comportarsi come un BCE per le emissioni, aumentando l'offerta di permessi ad emettere in momenti di prezzi alti.
Ma naturalmente ciò contrasterebbe con l'essenza stessa del meccanismo e con l'obiettivo ambientale stringente di -55% di emissioni al 2030.
L'aumento dei costi di emissione nel FUTURO non può fare altro che tradursi in un maggiore costo dell'energia ADESSO e, di riflesso, in
un maggiore costo delle produzioni manifatturiere (oltre che delle bollette per le famiglie). È così adesso e sarà così ancora per lungo tempo, considerato anche che l'aumento della domanda indotto dalla adozione massiccia di veicoli elettrici sposta ancora più in là
nel tempo il momento in cui le fonti fossili non saranno più necessarie perché sostituite da energia "verde".
Si rende ancor più evidente insomma il fatto che il cosiddetto Green Deal sarà, soprattutto e prima di tutto, un Green salasso.
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Questi ultimi mesi hanno evidenziato, ancora una volta e assai più di prima, come nel discorso pubblico si viva in un eterno e fibrillante presente, dove la storia è completamente rimossa.
Ogni fatto viene presentato come nuovo, gravido di implicazioni oscure per il futuro, ignoto nell'origine e negli sviluppi.
Ogni avvenimento è terreno dello scontro tra Bene e Male, ogni battaglia è quella decisiva, ogni soggetto porta con sé i simboli di una appartenenza
totale e radicale, ogni vittoria, piccola o grande, è un colpo mortale agli "altri".
Come se non fossero mai esistiti millenni di civiltà, di storia, di letteratura, di arte, di cultura. Come se non fosse già tutto avvenuto e già tutto scritto. Come se dovessimo
Interessante studio che punta a dimostrare che gli investimenti nel #GreenNewDeal attenueranno le diseguaglianze sociali.
Viene presa come misura la riduzione del coefficiente di Gini. 1/n
Lo studio mostra che gli investimenti c.d. "verdi" hanno un ritorno e che il finanziamento pubblico è fondamentale non solo per sostenere l'economia ma anche per dare ad essa una inclinazione sociale.
Infatti, al 2030 si stima in Italia +90.000 posti di lavoro, 2/n
riduzione del coefficiente di Gini del 1% e aumento del PIL di 0,9%.
Tutto molto bello.
Questo però in presenza di TUTTE le misure indicate nello studio, che sono un mix di incentivi e disincentivi.
L'effetto disaggregato delle misure può essere, al contrario, depressivo 3/n
I vari piani di transizione energetica, tra cui quello dell'Unione Europea, sono irrealizzabili, semplicemente folli, costosi oltre ogni dire.
Il millantato supporto del #RRF una goccia nel mare di finanziamenti che sarebbero necessari nella realtà.
In una economia già oltre i livelli di guardia quanto a indebitamento, considerati i disastri economici che stanno per arrivare, i piani saranno presto accantonati e le fonti convenzionali ci faranno compagnia ancora per tanto tempo.
I prezzi delle commodity tradizionali sono destinati a salire, considerato che l'offerta è diminuita di molto, sia perché molte compagnie legate al petrolio e al gas, soprattutto negli USA, sono fallite a seguito dei lockdown, sia per la concertata...
THREAD
La gestione della pandemia evidenzia il fallimento della politica sanitaria italiana nel suo complesso.
1) Il de-finanziamento pubblico selvaggio degli ultimi 20 anni ha impedito investimenti e mantenimento in organico di un adeguato numero di medici e infermieri;
2) I medici di base non sono coinvolti nella gestione dell'emergenza, se non per aspetti burocratici, e non fanno da filtro verso gli ospedali.
3) Sul territorio non esistono presidi di cura stabili, anche domiciliare, che possano alleggerire gli ospedali;
4) L'annunciato raddoppio delle terapie intensive, da 5.500 a oltre 11.000 non c'è stato (siamo a poco più di 6.500);
5) La divisione tra poteri statali e poteri regionali ha creato un proliferare di sovrapposizioni, conflitti di competenze e processi burocratici inefficienti;
Il 1 maggio 2013, dopo la ratifica di tutti i Paesi aderenti all'Unione, entra in vigore il nuovo testo dell'art. 136 del TFUE, cui viene aggiunto un comma, il 3, che fa riferimento alla possibilità di creare un meccanismo di stabilità.
Tuttavia il MES nel frattempo era già stato creato, con il Trattato sottoscritto dai Paesi membri dell'unione monetaria nel febbraio 2012 (ratificato in Italia con votazione avvenuta in Parlamento nel luglio 2012).
Come si evince chiaramente dal testo dell'art. 136 nella sua interezza, ogni assistenza finanziaria prestata ai Paesi membri dell'UEM sulla base dell'art. 136 (come il MES, appunto) è finalizzata al coordinamento e sorveglianza della disciplina di bilancio.