Che ci faccio nei pressi del colonnato di Piazza San Pietro? Ci sono arrivato grazie alle centomila lire che mi ha prestato un affittacamere di Palermo.
Certo che ho avvisato mamma quando sono partito per Roma. E’ mattino presto, in questo 13 gennaio 1998.
Quanti ricordi amari.
Mi chiamo Alfredo e sono nato a San Cataldo il 15 dicembre 1958.
Nato in una famiglia operaia e contadina di modeste condizioni. Tra sorelle e fratelli eravamo in sette.
I miei genitori analfabeti.
Poveri, e per questo con possibilità di studio limitate.
Non ho mai potuto seguire studi regolari.
Ho preso la licenza media a vent’anni e la maturità magistrale tardissimo, a trentacinque anni.
Con quel mio sogno sempre nel cassetto.
Diventare scrittore. Ho 39 anni, iscritto all'Università di Palermo in Lettere. Fuori corso.
Mi manca solo un esame per la laurea.
Però vi garantisco che questo non è “il” problema. Avrei voluto studiare e lavorare allo stesso tempo, ma nessuno mi ha mai offerto un lavoro.
Le case editrici si sono rifiutate di pubblicare i miei romanzi, le mie fiabe, i miei racconti.
Ma nemmeno questo è “il” problema.
Che vi devo dire.

“Chiedo scusa per essere venuto al mondo, per aver appestato l'aria che voi respirate con il mio venefico respiro, per aver osato di pensare e di agire da uomo”.

Il Natale scorso ho scritto al mio amico Adriano.
“Caro Adriano, quest'anno non sento più il Natale, mi è indifferente come tutte le cose; non c'è nulla che riesca a richiamarmi alla vita. I miei preparativi procedono inesorabilmente; sento che questo è il mio destino, l'ho sempre saputo e mai accettato”.
"Non sono riuscito a sottrarmi a quest'idea, sento che non posso evitarlo, tantomeno far finta di vivere e progettare un futuro che non avrò; il mio futuro non sarà altro che la prosecuzione del presente".
In fondo non mi hanno mai accettato per quello che sono. Non la famiglia, non la società in cui sono vissuto. Mi ero trasferito persino in un seminario francescano per trovare un po’ di comprensione. Niente nemmeno lì. Me ne sono andato dopo due anni.
Sono le 7.20 del 13 gennaio 1998.
Ormai è fatta.
Sento qualcuno che urla.
Una donna, forse la custode dei bagni.
“Accorrete, sta bruciando un cristiano”.
Che ci fanno due poliziotti dell’Ispettorato Vaticano sopra di me. A che serve questo giaccone.
Una sirena. Questo odore.
Le urla. “Al Sant'Eugenio, al Sant'Eugenio”.
Sento che sto per perdere conoscenza.

“Non sono neanche riuscito a uccidermi.
Non sono neanche riuscito a uccidermi”.
Furono le ultime parole di Alfredo prima di perdere conoscenza.
Era arrivato a Roma con l’autobus. Un lungo viaggio.
Poi era passato dal distributore di Via delle Fornaci con una tanica per acquistare tre litri e mezzo di benzina.
E aveva messo la tanica in una borsa nera.
Attraversato il colonnato aveva raggiunto la scalinata della Basilica di San Pietro, si era tolto il giaccone, si era cosparso di benzina e poi...il fuoco.
E lui cosciente, almeno nei primi attimi.
Alfredo Ormando morirà il 22 gennaio per arresto cardiocircolatorio, dopo dieci giorni di atroci sofferenze, nell'ospedale romano Sant'Eugenio, dove era stato ricoverato in fin di vita.
Intubato e sotto morfina.
Devastato, con il novanta per cento di ustioni sul corpo.
Il Comune di Roma pagò tutte le spese per il ritorno della salma a Palermo.
L’Università gli condonò l’ultimo esame, quello di latino, assegnandogli la laurea alla memoria.
L’anno successivo, il 13 gennaio 1999, qualcuno pensò di portare dei fiori in quel luogo.
Ma gli venne impedito.
Quel giorno, nel punto dove Alfredo si era dato fuoco, c’erano transenne e polizia a impedire quel piccolo gesto.
La luce di quel rogo venne ben presto spenta e dimenticata da tutti.
Alfredo aveva un sogno, diventare scrittore.
E un solo desiderio.
Non sentirsi escluso dalla famiglia, dalla società, cercando di riconciliare fede e sessualità.
Ma la sua era stata una vita di emarginazione e di una profonda e sconfinata solitudine. Tra mille tormenti.
Lo ripeto.
"Chiedo scusa per essere venuto al mondo, per non aver accettato una diversità che non sentivo, per aver considerato l' omosessualità una sessualità naturale, per aver ambito a diventare uno scrittore, per aver sognato, per aver riso".
"Il mostro se ne va per non recarvi più offesa, per non farvi più vergognare con la sua ignobile presenza, per non farvi schifare e voltare le spalle quando lo incontrate per strada".

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1 Jul
Sono arrabbiata, è vero, ma non per il pari merito che hanno decretato i giudici, quella è solo un’ingiustizia.
È già successo nella gara precedente, quando mi hanno fatto perdere l’ennesima medaglia d’oro alla trave. Troppe pressioni per favorire le atlete sovietiche.
Io sono arrabbiata per ben altro.
Qualcosa di molto più profondo e importante, che ha toccato il mio cuore.
Mio e di tutto il mio popolo.
Per carità, non ce l’ho con lei.
Parlo della sovietica Larisa Petrik, che è con me sul gradino più alto del podio.
Sarà anche un piccolo gesto, ma lo devo fare.
Chi sono?
Mi chiamo Věra Čáslavská e sono nata a Praga durante la guerra, esattamente il 3 maggio del 1942.
Avevo 14 anni quando mi appassionai alla ginnastica artistica.
A sedici avevo già vinto il mio primo argento ai Mondiali.
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29 Jun
#MdT(Macchina del Tempo) 1983-Quando Pietro Longo arriva al Bilancio (Governo Craxi), nel FIO ci sono ancora 1.210 miliardi assegnati, ma non ancora spesi. A questi stanno per aggiungersi quelli assegnati per il 1984. Ma cos'è il FIO?
Facciamo un passo indietro. A un anno prima.
#MdT 1982 - Viene creato il FIO (Fondo per gli Investimenti e l’Occupazione) con lo scopo di sostenere gli investimenti pubblici, soprattutto tramite l’analisi di progetti di rapida esecuzione e di importante impatto sociale, in situazioni di restrizioni della spesa statale.
#MdT 1982 - Giorgio La Malfa ha avuto un’idea straordinaria per quanto riguarda i progetti presentati al FIO.
I finanziamenti gestiti da questo ente sono, almeno quelli effettivamente destinati agli investimenti, risorse pubbliche che devono essere spese con lungimiranza.
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25 Jun
“Mi chiamo Mesghenna. Molti di voi conoscono già la mia storia. Ero lì, denutrito, in braccio al mio papà, quando mi vide suor Laura. Avete presente un bambino di due anni? Ecco, io pesavo uguale. Ma di anni ne avevo quattro. Impossibile stare in piedi. Impossibile deglutire”.
“Poche speranze. Perché morire di fame è la sorte di molti bambini del mio Paese, l’Etiopia.
Ma suor Laura disse al mio papà: «Venite in missione con noi!».
Ci misero in una cameretta con vestiti puliti e copertine.
Non è stato facile”.
“Suor Laura è stata persino costretta a rientrare in Italia per reperire i dispositivi medici necessari ad alimentarmi.
E così piano piano ho ripreso a deglutire, a mangiare, a sorridere, a camminare e a giocare.
Tutto merito della Missione di Adwa”.
Read 19 tweets
18 Jun
Sono settantadue Johannes.
E’ inutile che continui a cercarlo, tanto il mio nome non c’è.
In fondo quello è stato solo uno dei tanti torti che ho subito.
E a dir la verità, nemmeno uno dei peggiori.
Chiamarsi Antoine-August Le Blanc e non poter frequentare l’Università.
Quello fu veramente uno schiaffo.
L’ennesimo rospo da ingoiare, uno dei tanti.
Sicuramente ha influito il periodo, ma è stata dura Johannes.
Vuoi che ti racconti qualcosa di me?
Possiamo iniziare dalla presa della Bastiglia.
Lo avete studiato a scuola.
Era il 14 luglio 1789, a Parigi.
E io, nel 1789, avevo tredici anni. Felice.
Come puoi esserlo se nasci in una famiglia ricca con
papà mercante di seta e poi direttore della Banca di Francia.
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14 Jun
Perché questa domanda stupida Johannes?
Mi chiedi se un secolo fa, quando venni al mondo, le donne erano più propense a materie di accudimento? Guarda che le donne hanno, fin dall’antichità, contribuito in modo significativo allo sviluppo scientifico.
Certo, abbiamo dovuto superare ostacoli e barriere importanti e molte donne non hanno visto riconosciuto il proprio lavoro.
Per esempio, quando pubblicavano il loro lavoro su riviste scientifiche, incredibilmente il loro nome spariva e al posto compariva quello di un maschietto.
È successo anche a me. Quando feci quella scoperta.
Ricordo che più ne parlavo più loro mi prendevano in giro.
Molti anni prima, nel 1858, Antonio Snider-Pellegrini lo aveva ipotizzato trovando fossili di piante praticamente identici sia in Europa che negli Stati Uniti.
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8 Jun
«Salve Livia. Ieri sera (qui bit.ly/3cktLHV) abbiamo raccontato la tua vita fino al matrimonio con Ottaviano. Divenuto in seguito Augusto.
Inizi da questo momento a tessere la tua tela.
Filo dopo filo. Il tuo fine?
Portare tuo figlio Tiberio sul trono imperiale».
Vedo che insisti.
Quello storico bugiardo ha scritto di “venefici assurdi” e “intrighi romanzeschi”.
Non potendomi accusare di infedeltà e dissolutezza è andato sul criminale.
Chissà quanta gente ho assassinato.
Sicuramente tutti quelli che intralciavano il mio disegno.
«O per vendetta.
Vogliamo parlare del tuo ex marito Tiberio Claudio Nerone?
Ti aveva ceduta a Ottaviano dandoti pure una dote.
Non si era battuto per difenderti.
Però dai, che poteva fare, opporsi e morire all’istante?
Morì nel 33 a.C.
Sai qualcosa del veleno che ingerì?»
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