Le complicate operazioni di monitoraggio del vulcano Askja, in Islanda. 🧵
Nel corso del mese di agosto di quest'anno, un modesto rigonfiamento del suolo era stato registrato nella zona occidentale della caldera vulcanica di #Askja, un particolare sistema vulcanico dell'Islanda.
Poco più di un mese dopo, ovvero durante la prima settimana di settembre, l'Ufficio Meteorologico Islandese ha comunicato che tale sollevamento aveva raggiunto valori poco superiori ai 7 cm, un valore piuttosto significativo per un periodo temporale così ristretto.
Dopo varie riunioni ed analisi, le autorità islandesi avevano dichiarato che l'attuale inflazione era da attribuire ad una probabile intrusione magmatica che stava interessando l'area occidentale della caldera ad una profondità di circa 2-3 km.
L'allerta vulcanica è quindi stata elevata al livello giallo, il che significa semplicemente che il vulcano stava mostrando un attività vulcanica superiore alla media.
Come nel caso di Vulcano qui in Italia, un aumento del livello di allerta vulcanica richiede un potenziamento del monitoraggio vulcanico per registrare e rilevare il maggior numero possibile di cambiamenti sia geofisici che geochimici.
Nel caso di Askja però, la manutenzione degli strumenti non è così semplice come su Vulcano. Il clima islandese, soprattutto d'inverno, è uno dei più ostili in assoluto e l'area di Askja - che si trova ad oltre 1.000 metri di quota - non fa purtroppo eccezione.
Come si può vedere da questo video girato nel corso delle ultime settimane da alcuni ricercatori dell'Ufficio Meteorologico Islandese infatti, in quest'area dell'Islanda le bufere di neve sono praticamente all'ordine del giorno, mentre le temperature sono molto rigide.
I ricercatori islandesi hanno quindi cercato di installare e riparare il maggior numero di strumenti possibili proprio tra settembre e ottobre in quanto nei prossimi quattro mesi il clima sarà ancora più rigido e pericoloso.
L'area della caldera è inoltre completamente tagliata fuori dalla maggior parte delle connessioni mobili e di conseguenza inoltrarsi in queste zone mentre le condizioni meteorologiche non sono favorevoli diventa un rischio troppo elevato.
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Tra febbraio 2020 e ottobre 2021, l'Istituto Geofisico dell'Ecuador ha registrato un importante sollevamento del suolo lungo il fianco nord-orientale del vulcano La Cumbre, un vulcano a scudo situato sull'isola di #Fernandina, la più giovane dell'arcipelago delle Galapagos. 🧵
Ma facciamo un passo indietro: le isole Galapagos sono un arcipelago di origine vulcanica nato a causa di un "hot spot", ovvero di una specifica zona in cui è presente una risalita di magma proveniente direttamente dal mantello terrestre profondo.
Questo specifico meccanismo per esempio, è lo stesso che ha originato anche i vulcani delle Canarie, delle Hawaii e dell'Islanda oltre che di altri arcipelaghi meno conosciuti.
Una delle domande più frequenti che viene fatta sui social nelle ore successive ad un forte terremoto riguarda la sua durata, si è trattata di una scossa che è durata un paio di minuti? una decina di secondi? 🧵
Leggendo le risposte a questa particolare domanda e ascoltando attentamente un ampio numero di testimonianze, quello che emerge sin da subito è che la durata riportata da una singola persona non combacia quasi mai con quella riportata da altre persone ancora. Il che è normale.
Partiamo col dire che la durata di un terremoto può essere intesa in due modi diversi. La prima fa infatti riferimento alla durata del terremoto dal punto di vista della percezione umana, ovvero quanto a lungo è stato avvertito dalla popolazione quel determinato evento sismico.
Ecco un breve riassunto di quello che emerge dal bollettino settimanale pubblicato dalla sezione Palermo dell'INGV sulle variazioni dei parametri monitorati sull'isola di #Vulcano, nelle isole Eolie. I dati si riferiscono alla settimana che va dal 25 al 31 ottobre. 🧵
La temperatura dei gas emessi dal sistema fumarolico del Cratere della Fossa è aumentata nuovamente raggiungendo valori poco superiori ai 376°C nella zona del bordo del cratere, mentre sul suo fianco interno i valori hanno superato di poco i 220°C.
Purtroppo ancora una volta le condizioni meteo hanno disturbato la qualità dei dati raccolti in modo continuativo dalle stazioni presenti nella zona sommitale del cratere.
Il 27 agosto di 138 anni fa avveniva una delle eruzioni vulcaniche più potenti e distruttive della storia dell'umanità. Stiamo parlando della terribile eruzione del vulcano #Krakatoa, uno stratovulcano nato all'interno di una caldera vulcanica in Indonesia.
L'eruzione del 1883 era iniziata nel corso del mese di maggio con delle sporadiche ma intense esplosioni che si sono susseguite per interi mesi, un fenomeno che aveva stupito e affascinato moltissimi marinai locali.
Questa serie di esplosioni, secondo i racconti dell'epoca, generava delle colonne eruttive che raggiungevano anche i 9-10 km di altitudine, tanto da provocare una ricaduta di materiale vulcanico piuttosto intensa in tutta l'isola di Krakatoa (ovviamente disabitata).
Nel corso delle ultime settantadue ore, i sensori dell'osservatorio vulcanologico delle Hawaii hanno iniziato a registrare una serie di cambiamenti all'interno del sistema vulcanico del #Kīlauea, uno tra i vulcani più attivi al mondo insieme all'Etna e allo Stromboli.
In particolare, dal tardo pomeriggio di lunedì, la zona meridionale della caldera vulcanica è stata interessata da una modesta sequenza sismica ancora tutt'ora in corso. Fino a questo momento sono stati registrati circa 250 terremoti in poco più di tre giorni.
Il terremoto più forte ha avuto una magnitudo di 3.4. La stragrande maggioranza delle scosse invece ha avuto una magnitudo inferiore a 2, di conseguenza si tratta comunque di eventi piuttosto piccoli per il momento.
Esattamente cinque anni fa, nel cuore di una tranquilla notte di fine estate, un fortissimo #terremoto di magnitudo 6.0 dà inizio ad una delle sequenze sismiche più importanti per il nostro paese da diversi decenni a questa parte. #Amatrice
La scossa, che ha avuto un ipocentro ubicato ad 8 km di profondità, semina morte e distruzione in ben quattro regioni: il Lazio, le Marche, l’Umbria e l’Abruzzo.
La zona epicentrale viene fin da subito ricondotta alla provincia di Rieti, nel Lazio, una zona molto famosa per i suoi borghi storici ubicati all'interno di un paesaggio montuoso quasi fiabesco: i Monti della Laga.