06/12/1923 - La discussione sul disastro della diga del Gleno al Senato.
Il costruttore: Scienza e ingegneri non servono a costruire una diga. Basta solo il buon senso.
I ruderi sono ancora là, da quel maledetto 1 dicembre 1923, a oltre 1500 metri in alta Val di Scalve.
Aveva piovuto a dirotto nei giorni precedenti.
Non quella mattina, anche se il tempo era comunque uggioso.
bit.ly/3d4xSaY
Dopo tanto dolore tra chi geme e chi muore,
tra quell’onda fatal in quel giorno infernal,
episodio pietoso dai soldati animoso,
io voglio cantar a chi nel cuor ha pietà
e che giammai scorderà.
Quante madri sepolte colà, stanno i loro figli abbracciar, mentre nell’atroce agonia, sorte barbara e ria, le fece morir.
Mentre l’acqua furiosa corre via minacciosa,
i soldati italiani che già corsi son là, son pronti ad arginar.
Una culla galleggia e sbattendosi ondeggia,
va gossando qua e là par si debba affondar, tra i rottami colà.
Ma i soldati animosi, sempre più coraggiosi,
dentro l’acqua se ne van, per poter agguantar
ciò che vedon affondar.
E vedon nella culla un bambino che ancora vivo,
il piccino dormendo sta.
Sollevato ben lieve, di gran baci riceve, quel grazioso bambino da quei militi lì, che salvato lo han così.
Il tenente felice, ai soldati egli dice: date ascolto voi a me, questo caro bebè lo chiameremo Mosè.
Salvato dall’acqua così!
Sempre sarà il nostro bambino, nato in mezzo ai dolori, or di noi zappatori il nostro bimbo sarà.
Il bimbo già sorride a costor, sembra sia lieto il suo cuor, guarda i suoi salvatori che son già i protettori del suo destin.

(Filastrocca scritta da ignoto/a in quei tragici giorni)

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2 Dec
Salve Johannes. Che succede?
Chi sono tutte queste persone?
Hai organizzato una rimpatriata per caso?
Per quale motivo sono divisi in tre gruppi?
Ho capito.
Sono tutte facce conosciute vedo, a cominciare dal console romano Appio Claudio Caudice.
Sta parlando con il tiranno di Siracusa, Gerone II. Vedo il generale Annone con il console Marco Attilio Regolo.
Accanto a loro lo stratega spartano Santippo.
Tito Livio non manca mai.
Con i suoi racconti incanta sempre tutti.
Guarda laggiù, c’è anche Amilcare Barca.
Con il figlio Annibale e il genero Asdrubale Maior.
E poi Gaio Lutazio Catulo.
In disparte, parlottano Publio Cornelio e Gneo Cornelio Scipione.
Non poteva certo mancare Quinto Fabio Massimo Verrucoso, chiamato “il temporeggiatore”.
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29 Nov
Inverno 1943.
Passata la tempesta i fiocchi di neve avevano ricoperto la villa, gli alberi e tutti i viali.
Faceva freddo, ma finalmente era tornato a splendere il sole.
Dovevate vedermi nel mio bel cappottino blu, con quella sciarpa di lana grossa che mi aveva fatto nonna.
Mi chiamo Graziella.
Testarda ero testarda, lo ammetto.
Tranne che con papà Giorgio. Comunque, in caso di richieste piacevoli, la mia resistenza era nulla. Come quando mamma Jole mi aveva prospettato l’idea di venire per qualche tempo qui, nella villa di Graglia, nel biellese.
Avevo cominciato a saltellare dalla gioia.
Abitavamo nel centro di Torino e la mia vita era quella di una bambina di otto anni. La scuola al mattino, una passeggiata al Parco del Valentino al pomeriggio con Riccardo, il mio cuginetto, poi a casa per i compiti, cena e poi a nanna
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26 Nov
«La cucina macrobiotica zen».
È questo il libro, o meglio, il ritrovamento di questo libro, che ha scatenato l’inchiesta giudiziaria.
Che ci faceva in giro? Indagando, la magistratura ne ha trovati altri.
Sulle bancarelle, nelle cantine, nell’immondizia. Tutti libri del ‘900.
Tutti col timbro del fondo.
Originali. Preziosi. Rari.
Come un’edizione de «I miserabili», o i disegni di Frank Lloyd Wright.
Pensate che a Porta Portese è stata trovata una copia rara de «La figlia di Iorio» di Gabriele D’Annunzio. L’ambulante l’aveva venduta a venti euro.
Tutti libri che erano in mio possesso e che prima della mia morte avevo donato all’Accademia di San Luca. Migliaia di volumi: cataloghi di mostre, monografie d’arte, opere letterarie, collane, enciclopedie, dizionari, edizioni di pregio.
Tutto raccolto in centinaia di scatoloni.
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23 Nov
Non sei obbligato ad ascoltare la storia della mia vita Johannes. So che ti costa fatica e so quello che provi ogni volta che leggi queste storie.
Sai già che la mia è una di quelle che tocca nel profondo.
Se non vuoi ascoltarla ti basta un click.
E io me ne vado.
Vedo che sei ancora qui.
Quindi mi sento autorizzato a raccontare quello che è accaduto in quei giorni.
Di come tutto possa precipitare da un momento all’altro quando meno te lo aspetti.
La mia infanzia? Come quella di tanti altri.
Sono nato a Caposele, in provincia di Avellino al confine con quella di Salerno, il 29 gennaio 1927.
Una splendida terra la mia. E molto generosa.
Tanto da regalare la sua principale ricchezza ai pugliesi. Le sorgenti di Santa Maria della Sanità e del fiume Sele.
Read 25 tweets
22 Nov
“Le dittature, tanto di destra come di sinistra, non mi sono mai andate a genio. Purtroppo ci sono persone a cui piacciono i dittatori”.
Non mi tirai indietro quando fu indetto quel referendum. L’esito era incerto. Io molto conosciuto.
"Rey del metro cuadrado" mi chiamavano.
Era il 1988 e il mio Paese, il Cile, da anni era un paese triste, che non sorrideva più.
Molti sparivano nel nulla. La tortura all’ordine del giorno. Una continua violazione dei diritti umani.
Per quello intervenni in quel referendum, schierandomi pubblicamente per il NO.
La Costituzione entrata in vigore nel 1981 stabiliva che fosse effettuato un referendum al termine del primo mandato presidenziale.
Votare "SI" significava confermare Pinochet, il "No" avrebbe portato a nuove elezioni.
Come potevo tirarmi indietro?
Non lo avevo mai fatto.
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20 Nov
Caro Johannes, ho letto che anche da voi ci sono i campi di concentramento.
Ho visto gente sfilare per strada vestita con quelle pettorine a righe che indossavamo noi in quell’inferno.
Avevano in mano anche del filo spinato. Mi dispiace.
Soprattutto per quelle donne.
Sai. Ricordo ancora quando hai “voluto” leggere le nostre storie.
Non ti bastava sapere a grandi linee cosa erano stati quei campi di concentramento per noi donne.
Hai voluto conoscere anche i minimi particolari. Vomitare, fu per te una liberazione. I tuoi lettori sono avvisati
Noi donne non fummo trattate peggio degli uomini come ha scritto qualcuno. Fummo trattate diversamente, quello sì, in quanto donne.
Dalla rasatura delle parti intime a quelle luride baracche. O “gabbie per conigli” come le chiamavamo. Con quelle coperte ricoperte di escrementi.
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