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May 7, 2022 15 tweets 9 min read Read on X
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Il mullah Omar era solito ripetere all'indirizzo degli occidentali: "Voi avete gli orologi, noi abbiamo il tempo".
Il decreto firmato dal leader dei #Talebani, che obbliga le donne dell'#Afghanistan ad indossare il #Burqa in pubblico, lo smentisce. I #talebani non hanno solo
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il tempo, ma pure gli orologi: con le loro lancette hanno riportato l'#Afghanistan indietro di 20 anni.
E dire che qualcuno, in Italia (#Conte), parlava di un regime "distensivo". Sbagliava: i Talebani non sono cambiati.
Curioso poi risentire come Conte parlasse della Russia
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e di arroganza dell'Occidente. Non è cambiato niente.
La scorsa estate parlai col prof. @Margelletti. Mi disse: "Le conquiste che le donne hanno avuto verranno completamente azzerate e devastate". dangelodario.it/2021/08/13/int…
Aveva ragione.
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A dire il vero mi disse anche altro: ovvero che ci saremmo presto pentiti di essere andati via dall'#Afghanistan, che i Talebani avrebbero dato "immediatamente asilo a tutti i gruppi terroristici a matrice fondamentalista nel mondo".
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Se oggi c'è una minuscola speranza di salvare l'#Afghanistan la si deve ad #AhmadMassoud, il figlio del Leone del #Panjshir. Nei giorni del ritiro occidentale, dinanzi all’avanzata talebana, i più anziani sospiravano:"Ah, se solo ci fosse stato Massoud“. "Ma un Massoud c’è",
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ripeteva a se stesso il giovane Ahmad, il figlio del Leone. Solo il tempo dirà se diventerà a sua volta "Shah", come suo padre, l'uomo che resistette ai sovietici prima e ai talebani poi.
Osama bin Laden, per eliminarlo, dovette fare ricorso all'inganno.
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Inviò nelle sue valli due terroristi travestiti da giornalisti. Dissero di voler intervistare #Massoud, attendendo per giorni, prima di essere ricevuti. Gli bastò un attimo per farsi esplodere con la bomba che avevano nascosto nella telecamera.
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L'attentato avvenne poco prima dell'11 settembre. E qui le tesi sono principalmente due.
La 1^ è che bin Laden abbia ceduto al fascino dei simbolismi: l'uccisione del capo militare #Massoud per preannunciare l'attacco al Pentagono, ovvero la sede dei capi militari USA.
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E ancora: la distruzione dei Buddha gemelli di Bāmiyān nella prospettiva dell'attacco alle Torri Gemelle.
Altri sono più pragmatici: bin Laden sapeva che gli USA avrebbero reagito, dunque meglio eliminare per tempo una presenza scomoda come Massoud.
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Più di 20 anni dopo, i Talebani farebbero carte false per eliminare suo figlio e il Fronte Nazionale di Resistenza (#NRF).
Non sono organizzati come allora, non controllano che qualche vallata, non hanno il fondamentale sostegno di una qualche potenza straniera. Ma...
11/15
Ma nelle ultime ore, sorprendentemente, i miliziani di Massoud hanno riportato delle importanti vittorie, riconquistando dei distretti dalle mani dei Talebani. Nulla in grado di ribaltare le sorti del conflitto, ma un segnale che qualcosa, col tempo, potrebbe cambiare.
12/15
"Ora devo prepararmi, devo studiare, capire, essere all’altezza del futuro", disse il figlio del Leone apprendendo dell'uccisione del padre. Aveva 11 anni.
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Il futuro è arrivato, per Ahmad Massoud. Da mesi guida la resistenza. Sperando che un giorno o l'altro qualcuno si ricordi della sua esistenza.
Sono i suoi soldati le uniche speranze per le donne dell'#Afghanistan oppresse dai #Talebani.
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Dal #Panjshir, unica provincia sfuggita ai talebani, ha promesso di esserci per il suo popolo, comunque vada. Fino alla fine.
dangelodario.it/2022/05/07/in-…
Ora #Massoud non può far altro che aspettare. E ruggire. Come il figlio di un Leone deve fare.
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Aug 6
🚨🪖🇷🇺🇩🇪🇺🇦Ha inizio in una notte senza nuvole l'oggetto della straordinaria inchiesta firmata da Bloomberg. Ma il cielo limpido non vi inganni. Gli intrighi che ruotano attorno al tentativo di assassinio compiuto nell'aprile del 2024 dalla Russia nell'ordinato quartiere residenziale di Hermannsburg, villaggio tedesco di circa 8.000 anime, sono lì a delineare una trama a dir poco oscura.Image
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🪖🇷🇺🇩🇪🇺🇦 Protagonista della storia, suo malgrado, è Armin Papperger, amministratore delegato di Rheinmetall AG, la più grande azienda del settore della difesa della Germania e una delle più importanti d'Europa. Bloomberg lo descrive come una 62enne di stazza robusta, con i capelli color argento, spesso vestito in modo informale, con jeans e camicia, noto per percorrere i reparti produttivi della sua fabbrica per discutere dei processi e intrattenersi con operai e saldatori. È famoso per la sua franchezza: Papperger perde la pazienza se ritiene che i manager gli stiano facendo perdere tempo durante le riunioni strategiche. È un maniaco del lavoro, e talvolta invia e-mail alle 4:00 del mattino scrivendo "Ho bisogno di X e Y". Con lo stile di un classico imprenditore, rivolge domande ai lavoratori di tutti i livelli della catena di comando: "Se fossero i tuoi soldi, li investiresti in questo?". Per anni ha intrattenuto i suoi clienti con una battuta di caccia annuale al cinghiale e al cervo nella foresta di Unterlüss, dove Rheinmetall possiede un vasto poligono privato di 50 chilometri quadrati, il più grande d’Europa, insieme alle sue fabbriche di munizioni e veicoli militari. Investitori e dignitari in visita all'azienda vengono fatti salire a bordo di un carro armato Leopard: è orgoglioso della sua capacità di muoversi su terreni difficili mantenendo - si dice - un bicchiere di birra pieno sul cannone da 120 millimetri, prodotto da Rheinmetall, senza versarne una sola goccia.Image
3/n
🪖🇷🇺🇩🇪🇺🇦 La notte in cui un gruppo di malintenzionati si presenta davanti alla sua residenza, una grande e caratteristica costruzione in mattoni rossi, per dare fuoco a una casetta di legno in giardino e a un grosso faggio di fronte alla villetta, Armin Papperger non è in casa. A dire il vero, spiegheranno i vicini l'indomani alla polizia, l'imprenditore, in quel quartiere, non si vede ormai dal 2022. C'è da capirlo: la guerra in Ucraina lo ha reso un uomo molto impegnato. La sua creatura sta trasformandosi da gigante industriale addormentato a potenza internazionale della difesa, con un fatturato previsto di quasi 10 miliardi di euro per quell'anno. È Rheinmetall ad aver fornito all'Ucraina veicoli blindati, camion militari e munizioni, tutto l'occorrente per contribuire alla resistenza contro gli invasori russi.

Ma quella che può suonare come una sinistra coincidenza - un incendio nel quartiere di un uomo portato alla ribalta dalla cronaca recente - nel giro di poco tempo assume contorni inquietanti. Su una piattaforma internet di sinistra fa infatti la sua comparsa una lettera anonima che rivendica l'attacco incendiario. Il destinatario è proprio Papperger: la sua Rheinmetall è accusata di trarre profitto dalla guerra. Ma c'è dell'altro. Nella missiva viene avanzata anche una curiosa richiesta: la liberazione di un ex membro della Rote Armee Fraktion (RAF), un gruppo militante che negli anni Settanta e Ottanta uccise figure di spicco del mondo imprenditoriale e politico tedesco, incluso l'amministratore delegato della Deutsche Bank nel 1989. "Il suo rifugio non è sicuro", scrivono ancora i perpetratori anonimi, in tono minaccioso, a proposito di Papperger. C'è chi abbocca, chi cade nel tranello, ma la realtà è diversa. E dice di un copione più esteso: una rivendicazione anonima dell'attacco alla casa di Papperger da parte di nostalgici di un gruppo di sinistra rientra perfettamente nello stile russo.Image
Read 10 tweets
Aug 1
🚨🪖🇺🇸🇷🇺 Viste le circostanze, il Blog si rende protagonista di uno "strike preventivo".

Le ultime dichiarazioni di Donald Trump presteranno il fianco, soprattutto in Italia, a una narrazione di tipo allarmista e catastrofista.

Breve spoiler: non siamo sull'orlo di una guerra nucleare tra Russia e Stati Uniti. Ma non significa che le parole del Presidente americane siano prive di significato. Anzi. Vediamo perché.Image
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🇺🇸🇷🇺 Intanto un breve riepilogo delle puntate precedenti.

Dmitry Medvedev, ex presidente russo, nei giorni scorsi prende di mira Trump per la decisione di annunciare sanzioni nei confronti della Russia in assenza di un cessate il fuoco in Ucraina.

A questo proposito il russo, noto per i suoi toni "incendiari" sui social, scrive: "Trump sta giocando all'ultimatum con la Russia: 50 giorni o 10...Dovrebbe ricordare due cose:

1. La Russia non è Israele e nemmeno l'Iran.

2. Ogni nuovo ultimatum è una minaccia e un passo verso la guerra. Non tra Russia e Ucraina, ma con il suo stesso Paese. Non seguire la strada di Sleepy Joe!".Image
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🇺🇸🇷🇺 The Donald viene informato della reazione di Medvedev e lancia un primo avvertimento: "Non mi interessa cosa faccia l’India con la Russia. Possono affondare insieme con le loro economie morte, per quel che mi riguarda. Abbiamo fatto pochissimi affari con l’India, i loro dazi sono troppo alti, tra i più alti al mondo. Allo stesso modo, la Russia e gli Stati Uniti non fanno quasi alcun affare tra loro. Manteniamolo così e dite a Medvedev, l’ex presidente fallito della Russia, che crede di essere ancora presidente, di fare attenzione alle sue parole. Sta entrando in un territorio molto pericoloso!".Image
Read 9 tweets
Jul 30
🚨🇺🇸 L'indagine del Washington Post è certamente un esperimento riuscito, probabilmente il modo migliore per capire perché - dal punto di vista mediatico e politico - Donald Trump stia soffrendo così tanto nella gestione del caso Jeffrey Epstein.

Di più: perché in vista delle elezioni midterm - oggi apparentemente lontane, ma per la politica americana abbastanza dietro l'angolo - la questione rappresenti il principale motivo di preoccupazione per il Partito Repubblicano.

Per venire a capo della questione, il Washington Post ha inviato nelle scorse ore un messaggio a 1.089 persone. Gli obiettivi erano molteplici: capire quanta attenzione il pubblico americano stesse riservando al dossier Epstein, che idea si fosse fatto dell'atteggiamento fin qui tenuto dall'amministrazione Trump, cosa pensasse veramente dell'intera vicenda.

Com'è andata? Qualunque stratega politico risponderebbe che in questi numeri si nascondono dei segnali che il Presidente non può permettersi di sottovalutare.👇Image
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🇺🇸 Prima questione: quanta attenzione stanno dedicando gli americani alle notizie sul caso Epstein? Circa un adulto su 4, il 26%, dice di stare prestando "molta" attenzione al dossier, mentre un altro 38% dice di seguire con "una certa attenzione" gli sviluppi che ruotano attorno alla vicenda. Sommate, queste percentuali, dicono che più della metà degli americani sta mostrando interesse nei confronti del caso, sebbene il dato di quani esprimono maggiore coinvolgimento sia leggermente inferiore al 34% di coloro che nel mese di giugno si dicevano "molto" interessati a capire la piega che avrebbero preso le proteste di Los Angeles.

È indicativo che a dirsi più presi dal flusso di notizie siano i democratici, probabilmente speranzosi di trovare un caso capace di mettere in crisi la presidenza. Ma il fatto che più di un repubblicano su due (con differenza pressoché impercettibile a favore di quelli MAGA) stia seguendo con cura l'argomento suggerisce una verità difficile da smentire: la Casa Bianca non può sperare semplicemente che la gente si dimentichi e lasci andare.

Bisognerà trovare una conclusione che soddisfi la curiosità dell'opinione pubblica.Image
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🇺🇸 Seconda questione: gli americani approvano o disapprovano la gestione da parte dell'amministrazione Trump?

Qui per il Presidente i numeri si fanno a dir poco preoccupanti.

Il 58% degli intervistati esprime parere negativo sulla condotta della Casa Bianca. Neanche 2 statunitensi su 10 (il 16%) approvano le mosse del Presidente e della sua squadra. Alla richiesta di spiegare la loro posizione, alcuni degli intervistati citano alcuni degli argomenti più popolari in questi giorni: "Trump non è stato trasparente, sembra molto probabile che abbia qualcosa da nascondere". E ancora: "Sta evitando di fare ciò che aveva promesso: rilasciare gli Epstein Files".

A differenza di quanto ci si sarebbe potuti aspettare, in particolare osservando la pressione dei deputati noti per essere rappresentanti di spicco del mondo MAGA, lo zoccolo duro trumpiano fornisce ancora oggi una prova di fiducia nei confronti del proprio leader rispetto agli altri segmenti.

In particolare, il 43% dice di approvare la sua gestione del caso, mentre "solo" il 17% disapprova e il 39% si rifiugia in un diplomatico "non sa".

Ma in una competizione elettorale in cui anche qualche decimale può fare la differenza, in un senso o nell'altro, il malcontento del MAGA è un elemento che non può non turbare gli strateghi repubblicani. A maggior ragione se unito ad altri dati: un elettore GOP su quattro (24%) esprime contrarietà rispetto alla linea presidenziale.

Cifre che diventano inquietanti fra gli indipendenti, per il 63% negativi nei confronti della gestione del caso da parte dell'amministrazione.

Perché è importante? Perché quasi sempre sono proprio gli elettori non schierati a decidere chi vince le elezioni negli Stati Uniti.Image
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Jul 19
🚨🪖🇮🇹
1/8 L'indagine del CENSIS va presa per quel che è: un sondaggio, ovvero la fotografia di un momento. Ribadisco l'ovvio per consolare il lettore (e pure un po' me stesso): qualora l'Italia si ritrovasse in guerra, i suoi abitanti sarebbero più o meno consapevolmente protagonisti di quel fenomeno noto come "rally around the flag", letteralmente "raduno attorno alla bandiera". Dinanzi all'emergenza, al pericolo vero, c'è da credere (e da sperare) che una percentuale molto più elevata dell'attuale 16% risponderebbe positivamente al richiamo della patria, dicendosi disposto a combattere per la propria terra (nonché libertà). Eppure è inutile nascondersi, fa un certo effetto scoprire che fra gli individui anagraficamente più adatti alla difesa del Paese (18-45 anni) la percentuale più alta (39%) protesterebbe contro la guerra in nome di un anacronistico pacifismo. Sarebbe stato curioso aggiungere un quesito al sondaggio: "Scenderebbe in strada con la bandiera arcobaleno anche nel bel mezzo di un bombardamento?".

Ma se credete che questo sia il peggio, siete fuori strada.Image
🚨🪖🇮🇹
2/8 Il 26% degli intervistati, infatti, sostiene che dinanzi a un conflitto armato rifiuterebbe il reclutamento. La soluzione per difendere l'Italia, spiega questa porzione di italiani, è infatti arruolare soldati di professione. Idea non così campata in aria (per quanto impercorribile, per una questione prettamente numerica) se non fosse per il seguito: questi cittadini del Belpaese vorrebbero infatti affidare la difesa dell'Italia a mercenari stranieri, chissà perché convinti che basterebbe pagare, trovare qualcuno un po' più fesso, per salvare il Paese. Quasi più coerente il 19% di italiani - allarmante il 22% nella fascia maschile di età compresa fra i 18 e i 34 anni - che annuncia senza mezzi termini: una guerra in Italia? Spiacenti, noi diserteremmo, lasceremmo il Paese.Image
🚨🪖🇮🇹
3/8 Che il governo italiano - e quelli che verranno - abbia un problema enorme in quanto a consapevolezza dell'opinione pubblica rispetto allo scenario internazionale emerge ancora più chiaramente dalla Tabella numero 2, quella in cui agli intervistati viene chiesto da dove provengano le principali minacce potenziali per l'Italia sul piano miliare. Se un 50% indica con successo la Russia e un 31% i Paesi islamici, fa riflettere che addirittura il 23% ritenga che gli Stati Uniti possano attaccare la Penisola. Previsione a dir poco fuori dalla realtà, nonostante gli umori ondivaghi dell'attuale inquilino della Casa Bianca.

Altrettanto lunare il 16% che vede in Israele una minaccia militare per il Belpaese: lo Stato Ebraico viene ritenuto più pericoloso della Cina, vissuta come una minaccia soltanto dal 12%, e della Corea del Nord, ferma al 10% nonostante il recente invio di truppe nel cuore d'Europa a sostegno della Russia.

Voglio ribadirlo: sono più gli italiani che credono che gli Stati Uniti possa attaccare l'Italia di quelli che pensano possa farlo la Cina. È un problema per noi, perché conferma che molti italiani vivono in una realtà alternativa, ma lo è in prospettiva anche per gli americani: la presidenza Trump sta disperdendo un capitale di sentimento importante, fondamentale qualora in futuro l'America dovesse avere bisogno dei propri Alleati in giro per il mondo, in particolare nell'Indo-Pacifico. Si legga alla voce "Taiwan".

x.com/dariodangelo91…
Read 8 tweets
Jul 11
1/8🚨🪖🇫🇷🇷🇺🇺🇦 Per trovare un precedente - una conferenza stampa di un Capo di Stato maggiore francese - bisogna tornare indietro fino al 2021. Al mondo di ieri, per intenderci. Quello in cui la guerra non era ancora scoppiata nel cuore del continente europeo.

Eppure le parole del generale Thierry Burkhard sono importanti non solo per la loro rarità. Lo sono perché affrontano verità che quasi nessuno vuole sentire. Perché non edulcorano, non proteggono l’opinione pubblica da ciò che fa paura: la fine delle illusioni di sicurezza, l'affermazione della forza come strumento di potere, il ritorno della guerra.

Come i lettori sapranno, la stragrande maggioranza dei contenuti del Blog è riservata agli iscritti. In questo caso ho deciso di fare un'eccezione: lascio questo articolo a disposizione di tutti. Non coltivo l'arrogante pretesa di modificare con un post la consapevolezza degli italiani su certi temi, non sono nessuno per farlo e non ne ho i mezzi. Ma se anche poche persone apriranno gli occhi - senza paura, senza allarmismi, ma con lucidità - allora queste molte ore di lavoro saranno servite a qualcosa. Buona lettura.Image
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🚨🪖🇫🇷🇷🇺 La premessa del generale Burkhard è la seguente: "In precedenza avevamo l'abitudine di dire che una crisi ne scacciava un'altra. Oggi non è più così. Al contrario, le crisi si sovrappongono, si sommano, se non addirittura si moltiplicano".

Il capo delle forze armate francesi è per questo pessimista (o realista): "Per quanto mi riguarda, faccio fatica a vedere quali potrebbero essere le vie d’uscita o di stabilizzazione nel breve termine". Anzi, "penso di essere di fronte a delle tappe che vengono superate e dalle quali non si torna indietro", quindi "non ha senso dirsi 'adesso mi metto in posizione di attesa, resisto un po’ e poi tutto tornerà come prima e potrò riprendere i miei affari come un tempo'".

Il mondo è cambiato davvero.Image
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🚨🪖🇫🇷🇷🇺 Esistono a detta del generale Burkhard diversi livelli di minaccia, muovendo dall'interno verso l'esterno del Paese. A partire dalle minacce ibride, insidiose "perché seminano il dubbio, scelgono un terreno favorevole, e sono spesso difficili da attribuire formalmente. Anche se di solito si intuisce chi c’è dietro e a chi 'giova il crimine', l'attribuzione formale non è semplice".

Il loro obiettivo principale è minare la coesione nazionale, "il centro di gravità di tutti i Paesi, anche della Francia, perché è un elemento chiave della resilienza. La coesione nazionale è la nostra forza, ma può anche diventare una debolezza. Quando è forte, dissuade gli attacchi. Ma quando è debole, aumenta il rischio e inibisce la nostra capacità di reazione e la volontà di difenderci".

Quando allarga lo sguardo al resto del mondo, il numero uno dell'esercito parigino cita diversi attori, dalla Cina all'Iran, ma è alla Russia che assegna la definizione di "minaccia duratura e più determinante".

Mosca, afferma Burkhard, "ha apertamente designato la Francia come suo primo avversario in Europa.
Non sono io a dirlo: è Vladimir Putin che lo ha dichiarato".

La Federazione Russa viene descritta dal Capo di Stato maggiore come "un universo relativamente chiuso, con una capacità decisionale estremamente centralizzata e un condizionamento della popolazione fin dalla giovane età, un elemento da tenere bene a mente".Image
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May 19
1/6🚨🇺🇸🇷🇺🇺🇦 Ho cinque notizie interessanti. Sono abbastanza per un punto nave serale.

È impossibile non partire dalla telefonata fra Donald Trump e Vladimir Putin. Nonostante quanto dichiarato dai due protagonisti della conversazione (durata più di due ore), la svolta tanto attesa - ancora una volta - non c'è. Il Cremlino prende tempo, esplora formati e formule, nel solco della "migliore" tradizione diplomatica russa, ma in definitiva non si avvicina al cessate il fuoco incondizionato accettato da Volodymyr Zelensky. Prima e dopo la telefonata, però, si segnalano alcuni fatti importanti. Vediamoli insieme.Image
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🚨🇺🇸🇷🇺🇺🇦 Un tempo sarebbe stato il minimo sindacale, ma non è da sottovalutare il fatto che, prima di iniziare la chiamata con Putin, The Donald abbia parlato con Volodymyr Zelensky.

Secondo il Wall Street Journal, il presidente USA avrebbe chiesto al leader ucraino di cosa avrebbe dovuto discutere con Putin.

Zelensky ha risposto che Trump avrebbe dovuto spingere Putin ad accettare un cessate il fuoco di 30 giorni; insistere per un futuro incontro Putin-Zelensky a cui Trump stesso avrebbe dovuto prendere parte e ribadire che gli Stati Uniti non prenderanno alcuna decisione sull'Ucraina senza il contributo di Kyiv.

C'è un passaggio, nel resoconto di Trump - in particolare quello per cui "le condizioni saranno negoziate tra le due parti, come è giusto che sia, poiché solo loro conoscono i dettagli di una trattativa di cui nessun altro è a conoscenza" - che sembra segnare un punto in favore dell'Ucraina. Rispetto alle prime settimane dall'insediamento, Trump non sembra più voler "imporre" un accordo a Kyiv.

Merito soprattutto di Zelensky, che accettando l'idea di una tregua incondizionata ha visto il bluff di Putin, ma anche dei leader occidentali, importanti per consigliare a Zelensky le regole d'ingaggio adeguate per non perdere il favore del presidente USA.Image
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🚨🇺🇸🇷🇺🇺🇦Altro aspetto interessante. Le parole di JD Vance prima della telefonata fra Trump e Putin: "I colloqui procedono da un po' di tempo. Ci rendiamo conto che siamo a un punto morto. Penso che il Presidente dirà al Presidente Putin: "Senti, sei serio? Sei serio su questo?"'.

È possibile che quando Putin ha parlato di conversazione "franca" si riferisse a qualcosa del genere.

E fa comunque uno strano effetto, visti i precedenti, sentire il vicepresidente USA dichiarare quanto segue: "Credo che onestamente il Presidente Putin non sappia bene come uscire dalla guerra".

Di nuovo: è poco, una variazione millimetrica, ma è la prova che l'Ucraina sta giocando bene le sue carte.Image
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