1/n L'#Afghanistan di oggi è un Paese in cui una donna può essere percossa dai #Talebani attraversando la strada. La giovane accelera il passo, poi riprende a camminare con dignità.
Dignità, questa sconosciuta, per chi parlava di "atteggiamento abbastanza distensivo" del "nuovo
2/n corso" al potere. L'ultima speranza per l'#Afghanistan risponde al nome di Ahmad #Massoud, figlio di "quel Massoud", il Leone del #Panjshir.
Quando i Talebani hanno preso il potere approfittando della ritirata occidentale, il giovane figlio dell'eroe della resistenza
3/n ai sovietici, ha riorganizzato le milizie fedeli a suo padre, ha dato battaglia nelle valli, nelle pochissime province sfuggite al controllo degli "studenti coranici", e cercato (invano) di attirare l'attenzione della comunità internazionale per metterla in guardia: se non
4/n volete aiutarci per l'#Afghanistan, fatelo per voi stessi, perché i #Talebani non sono cambiati, e torneranno a dare ospitalità ad organizzazioni terroristiche in #Afghanistan.
L'Occidente è rimasto sordo a questi appelli, ma essere Ahmad #Massoud, figlio di Ahmad 'Shah'
5/n Massoud, dove Shah sta per capo, comandante, re, significa avere la responsabilità di continuare a combattere.
Gli anziani che hanno lottato accanto a suo padre per respingere i sovietici prima e i talebani poi, quelli che lo hanno visto bambino, si commuovono ritrovandolo
6/n adulto, finalmente pronto. D'altronde Ahmad Massoud è da sempre, per tutti, "il predestinato". Suo padre era l'incubo dei talebani e di Osama bin Laden. Per eliminarlo, il re del terrore dovette ricorrere all'inganno: due kamikaze si finsero giornalisti, attesero per giorni
7/n chiedendo di essere ricevuti per un'intervista e una volta accolti si lasciarono esplodere. Accadde pochi giorni prima degli attacchi dell'11 settembre: se per il gusto del male di bin Laden, per la volontà di lanciare un oscuro presagio, o più semplicemente per
8/n assicurarsi che gli americani - nella loro reazione - non potessero contare su un valido alleato come Massoud, non è dato sapere. Ma è un fatto che dopo la morte del padre, il giovane Ahmad, allora 12enne, sentì piombare sulle sue fragili spalle il peso dell'eredità
9/n paterna: "Ora devo prepararmi, devo studiare, capire, essere all’altezza del futuro", disse. Quel futuro è arrivato. E ad un anno dalla presa del potere talebana Ahmad #Massoud ha compreso che la guerriglia - la tattica preferita dal padre - questa volta non basterà.
Ecco
10/n perché ha iniziato a muoversi da politico, oltre che da condottiero. In Austria, a Vienna, ha riunito capi di altre fazioni, intellettuali, esuli afghani, con un obiettivo: mettere insieme quel mondo che, per dirla alla nostra maniera, "non vuole morire talebano".
11/n Tre giornate di vertice hanno prodotto un documento che pone le basi per costruire un governo alternativo a quello Taliban, "oggi in esilio, domani a# Kabul", per citare Ahmad #Massoud. Che non si nasconde le difficoltà del processo: per questo chiede ai grandi del mondo
12/n sostegno economico e militare. Perché ha bisogno di aiuto per dimostrarsi all'altezza del Leone del #Panjshir, suo padre, per far capire ai nemici del popolo che pure lui, il giovane #Massoud, sa ruggire.
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🔴⚓Prima di procedere col punto nave del giorno, un messaggio per gli abbonati: non perdete l'approfondimento del Blog in uscita nel fine settimana. Su questo pezzo lavoro da giorni: vi assicuro che la quantità di retroscena e informazioni importanti giustificherà l'attesa.
Adesso, iniziamo. 👇
🇺🇸🇺🇦 La notizia di oggi arriva dal Financial Times. I più stretti collaboratori di Trump in materia di politica estera hanno comunicato ad alcuni funzionari europei che The Donald chiederà agli Stati membri della NATO di aumentare la spesa per la difesa fino al 5% del PIL.
Se confermato, si tratterebbe di un game-changer all'interno dell'Alleanza.
Promemoria: la soglia attuale è posta al 2%. A raggiungere questo obiettivo di spesa sono solo 23 Paesi su 32. Spoiler: no, noi non ci siamo. In una prima fase, Trump sembrerebbe disposto ad "accontentarsi" di un aumento graduale, fissato attorno al 3/3,5%. In cambio, garantirebbe condizioni favorevoli nei rapporti commerciali con gli Stati Uniti.
Altra notizia, sempre dal Financial Times: Trump avrebbe segnalato l'intenzione di continuare a garantire il sostegno militare statunitense a Kyiv anche dopo il suo insediamento. Il presidente eletto continua a credere che l'Ucraina non debba mai entrare a far parte della NATO e desidera una fine immediata del conflitto, ma ritiene che fornire armi, anche dopo un cessate il fuoco, sarebbe in linea con il suo mantra, quello di ottenere la "pace attraverso la forza". Ps: la pace, con ogni probabilità, non arriverà in 24 ore.
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2/5 🇺🇸🇵🇰 C'è una notizia letteralmente "bomba", di cui non si parla abbastanza, e riguarda Stati Uniti e Pakistan. Nel corso di un convegno, il vice-consigliere per la Sicurezza Nazionale USA, Jon Finer, ha dichiarato che il Pakistan, uno Stato dotato di armi nucleari, sta sviluppando capacità missilistiche a lungo raggio che potrebbero renderlo una "minaccia emergente" per gli Stati Uniti. Si tratta di una rivelazione per certi aspetti drammatica, soprattutto ricordando quanto in passato fossero stretti i legami tra Washington ed Islamabad.
Eppure Finer è stato chiaro: il Pakistan sta cercando di sviluppare una tecnologia sempre più sofisticata che potrebbero renderlo in grado di colpire obiettivi "ben oltre l'Asia meridionale, inclusi gli Stati Uniti".
Il sottinteso è il seguente: Islamabad, che da sempre ha calibrato i suoi programmi di armi nucleari e missilistici in funzione dell'India, potrebbe aver cambiato i propri piani (attenzione, in questo senso, al rapporto con la Cina).
Finer ha ricordato come il numero di Stati dotati di armi nucleari, con missili capaci di raggiungere il territorio americana sia "molto ridotto" - Russia, Cina, Corea del Nord sono stati gli esempi citati - ma che questi hanno una caratteristica in comune: "Tendono ad essere avversari" dell'America.
Proprio in ragione di un passato fatto di grande collaborazione, in particolare in fatto di antiterrorismo e nel campo della sicurezza, Washington guarda con sospetto alle ragioni che stanno spingendo il Pakistan a tentare di sviluppare queste capacità. Per il momento, il Pakistan ha preferito fare orecchie da mercante, decidendo di non commentare l'uscita di Finer.
Ma la questione resterà sul tavolo, nei prosimi mesi e probabilmente nei prossimi anni. Il radar è acceso.
3/5 🇺🇸🇸🇾 Il primo incontro tra funzionari americani e Al Jolani è andato in scena questa mattina a Damasco. Il messaggio è il seguente: probabilmente è presto per eliminare HTS dalla lista delle organizzazioni terroristiche riconosciute dagli Stati Uniti, ma Washington non ha intenzione di privarsi della possibilità di dire la propria in Siria.
Perché? Perché è troppo importante per tenere sotto controllo il fenomeno del terrorismo internazionale. Il compromesso suonerà più o meno così: Al Jolani, che nel suo processo di "moderazione" adesso si fa chiaamre Ahmad al-Shaara, si impegnerà ad impedire che gruppi terroristici (si legga alla voce "ISIS" ed "Hezbollah") minaccino gli Stati Uniti e i suoi Alleati regionali; in cambio Washington ha già chiarito che farà fintà di niente per quanto riguarda la taglia da 10 milioni di dollari che pende sulla testa di al-Shaara. Pardon, in questo caso di Al Jolani.
Dato importante: il Pentagono ha ammesso nella serata di ieri che i soldati americani presenti nel Paese non sono 900, come sostenuto a più riprese, ma circa 2000. Il portavoce del Dipartimento di Difesa ha detto di non potere stabilire con precisione da quando la presenza militare americana in Siria sia aumentata, ma probabilmente nei mesi scorsi, ben prima della caduta di Bashar al-Assad. Di più: ha chiarito che le truppe aggiuntive sono considerate "forze temporanee", inviate per sostenere la missione contro i militanti dello Stato Islamico. Vedremo cosa deciderà di fare al riguardo Donald Trump: durante il primo mandato si scontrò più volte con i suoi generali per ottenere il ritiro completo delle truppe americane dalla Siria. Ma questa è un'altra storia...
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🚨🇮🇱🇮🇷🇱🇧 Documenti pensati per restare segreti. Diapositive di piani ambiziosi, forse arditi, per cancellare lo Stato Ebraico dalle mappe. Verbali salvati su un computer che mai avrebbe dovuto finire tra le mani dei soldati israeliani. E invece, nel bel mezzo di una perquisizione in un centro di comando sotterraneo di Hamas a Khan Younis, nelle profondità di Gaza, ecco l'IDF nell'atto di scoprire informazioni esplosive, alcune così gravi da mettere nuovamente sotto accusa il lavoro dell'intelligence; altre capaci di riscrivere (almeno in parte) la storia della pianificazione degli attacchi del 7 ottobre rispetto al coinvolgimento dei nemici di Israele.
E allora: quali sono le novità più importanti? 👇
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🚨🇮🇱🇮🇷🇱🇧 Iniziamo dai fatti. I verbali, recuperati in un'operazione risalente allo scorso gennaio, riguardano 10 riunioni di pianificazione tenute da un piccolo gruppo di leader politici e militari di Hamas. Ad ognuna di queste riunioni ha preso parte Yahya #Sinwar in person. Le informazioni provengono da 30 pagine di dettagli precedentemente non divulgati. Ma anche da lettere, registrazioni, presentazioni illustrate. A confermare l'autenticità dei documenti e la pratica di tenere traccia delle riunioni all'interno di Hamas è stato - tra gli altri - Salah al-Di al-Awawdeh, ex componente dell'ala militare dell'organizzazione terroristica, ora analista con sede ad Istanbul.
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🚨🇮🇱🇮🇷🇱🇧 I primi riferimenti all'azione che avrebbe poi avuto luogo il 7 ottobre del 2023 vengono registrati molto tempo prima dell'attacco.
Nel gennaio del 2022 i leader di Hamas discutono della necessità di evitare di essere trascinati in scaramucce minori. Il motivo è chiaro: occorre concentrarsi su quello che i protagonisti definiscono in più di un'occasione il "grande progetto" di Yahya Sinwar.
🚨🇮🇱🇱🇧 Clamoroso. Si parla di decine di feriti tra i membri di #Hezbollah a #Beirut e in tutto il #Libano. Le ricetrasmittenti dei componenti dell'organizzazione terroristica filo-iraniana sarebbero esplose contemporaneamente per effetto di un hackeraggio eseguito a distanza. Il Blog apre la diretta.
2/n 🚨🇮🇱🇱🇧 Al-Arabiya citando una fonte della sicurezza libanese: #Hezbollah sta invitando la sua gente ad abbandonare le radioline dopo le esplosioni simultanee di diverse ricetrasmittenti. Potremmo essere in presenza di un attacco ad alto tasso tecnologico orchestrato da #Israele pensato per far saltare il coordinamento dell'organizzazione terroristica filo-iraniana. Anche in prospettiva di una guerra.
3/n 🚨🇮🇱🇱🇧 Immagini cruente dal #Libano. Molte delle quali non pubblicabili. Una fonte di #Hezbollah al quotidiano qatariota Al-Arabi Al-Jadeed: "#Israele ha hackerato le radio degli operativi di Hezbollah e le ha fatte esplodere; si tratta della più grave violazione di intelligence fin qui registrata".
🚨🇺🇸 Dinastia Cheney. Una promessa per fermare Trump. Kamala Harris e il rapporto con gli Ultimi Repubblicani (incluso George W. Bush)
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Il 26 dicembre 2020, la magia del Natale avvolge ancora Casa #Cheney. Ma Liz resta pur sempre la figlia di un Vicepresidente. E da terza repubblicana più alta in grado della Camera degli Stati Uniti sono pensieri cupi quelli che affollano la sua mente. Forse mai così cupi.
🇺🇸 2/8
Insieme a Phil, suo marito, un passato al Dipartimento di Giustizia, ha trascorso le vacanze lavorando a un documento che ritiene di massima importanza. Perché è chiaro che Joe #Biden ha vinto le elezioni. È chiaro, sì, ma a Donald #Trump, il leader del suo partito, non sembra interessare.
🇺🇸 3/8
La questione si trascina da settimane. Ma da qui a poco tempo non si tratterà più di spararla grossa su un social, di infiammare questa o quell'altra platea. Il passaggio del testimone incombe. La transizione da un'amministrazione americana all'altra è là da venire. Si tratta ora di assicurarsi che tutto avvenga in maniera pacifica. D'altronde non è per questo che Liz Cheney si trova nel suo studio il giorno dopo Natale?
🇸🇦 Mohammed bin Salman e il Gioco del Trono: gli intrighi di corte, l'anello avvelenato, il golpe. Dentro i segreti del Regno saudita - 1^ PARTE
1/11
È un fatto: non si può prescindere dalla figura di Mohammed bin Salman per capire il Medio Oriente. Quello di ieri, quello di oggi, soprattutto quello di domani. Poche ore fa, la BBC ha presentato uno straordinario documento sull'uomo più potente del Regno saudita, il Principe della Corona, l'erede al trono di Re Salman. Lo ha fatto beneficiando delle rivelazioni del più importante dissidente saudita in esilio, un uomo vicinissimo al rivale per eccellenza di MBS, suo cugino, Mohammed bin Nayef, oltre che ai vertici degli 007 occidentali. E allora sul taccuino hanno fatto capolino alcune domande: chi è Mohammed bin Salman? Un "riformista" o un assassino? Un impostore o un visionario? Un alleato dell'Occidente o un suo nemico? Dal documentario della BBC trae ispirazione un approfondimento del Blog in due puntate denso di retroscena.
Altre anticipazioni sono forse superflue: benvenuti al Gioco del Trono. E buona lettura.
🇸🇦 2/11
Narra la leggenda che per estrarre dalle dune un Regno a propria immagine e somiglianza Ibn Saud attinse da carisma e abilità fuori dal comune. Una taglia imponente per incutere terrore ai nemici, valore in battaglia per meritare il rispetto dei propri, e talento politico in eccesso, per riunire innumerevoli tribù, rigorosamente sotto il proprio tacco.
🇸🇦 3/11
Giunto in età da pensione, chiamato ad indicare un erede, Saud optò da tradizione per il primogenito: unica garanzia di sangue puro.
Ma 22 mogli e 45 figli maschi imposero il pagamento di un dazio, la ricerca di una soluzione ingegnosa, pena la messa a repentaglio di già fragili equilibri coniugali, per ragioni facilmente intuibili.
Di qui la pensata: una volta scomparso il primogenito, il passaggio di testimone sarebbe avvenuto per via orizzontale. Non di padre in figlio, ma da un fratello all'altro, così da concedere una chance più o meno all'intera stirpe. Le madri espressero consenso, il compromesso fu raggiunto.
Eppure nemmeno una spartizione di potere così peculiare potrebbe spiegare oggi la presenza sul trono saudita del 26esimo figlio del Fondatore. Figurarsi l'influenza nazionale e regionale della sua discendenza diretta, ovvero del 38enne divenuto nel frattempo talmente celebre da essere riconosciuto (e temuto) al pronunciare tre semplici lettere: emme, bi, esse, semplicemente Mohammed bin Salman.