Purtroppo ancora oggi si scrivono grosse inesattezze sul famoso patto #MolotovRibbentrop del 23/8/1939, patto di non aggressione, NON di alleanza, e non si capisce per quali motivi in quanto la storiografia ha fatto da tempo chiarezza sull'evento.
Ma come nacque il patto?
Fin dall'ultimatum di Hitler alla Cecoslovacchia nel marzo 1938, al quale si aggiunge la Polonia rivendicando la regione dello Zaolzie, Stalin si è reso disponibile, in base all'alleanza che aveva con la Francia, a dichiarare guerra alla Germania.
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La Francia, seguendo la politica di "appeasement" del Regno Unito, preferisce giungere invece ad un accordo con Hitler, tramite Mussolini, abbandonando la Cecoslovacchia al suo destino, nonostante fosse sua alleata fin dal primo dopoguerra.
È l'accordo di Monaco del 30/9/38.
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Stalin, scavalcato dall'accordo, inizia a dubitare delle intenzioni degli anglofrancesi.
Teme che alla fine si accordino con la Germania in funzione antisovietica.
Nei mesi successivi Molotov tenta comunque di costruire un unico fronte antitedesco, ma senza alcun successo.
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C'è come grosso ostacolo il netto rifiuto da parte di Romania e Polonia, i due paesi più minacciati dalla Germania in quel momento, di far passare nei loro territori truppe sovietiche in funzione antitedesca.
Il 10 agosto 1939 una delegazione anglofrancese arriva a Mosca.
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È l'ennesimo fallimento.
I delegati anglofrancesi dicono di non avere istruzioni dai loro governi per dare assicurazioni specifiche a Stalin, i cui sospetti si acuiscono.
Pochi giorni dopo dà incarico a Molotov di sondare i tedeschi per chiedere un patto di non aggressione.
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Stalin sa benissimo, fin dall'ascesa al potere di Hitler, che il dittatore nazista avrebbe prima o poi messo in pratica quanto da lui scritto nel Mein Kampf riguardo la colonizzazione tedesca dell'URSS e dell'est Europa.
Ma vuole guadagnare spazio e tempo.
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Il testo del patto di non aggressione è simile agli altri patti simili firmati dall'URSS fin dagli anni '20, ma ha una differenza importante: non impegna le parti a difendersi a vicenda in caso di aggressione di un terzo.
È solo un patto di neutralità reciproca.
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Ci sono protocolli segreti, su cui spesso si dicono le inesattezze più grosse: il primo attribuisce la Finlandia e le repubbliche baltiche, tranne la Lituania, alla sfera di influenza di Mosca. Il secondo divide la Polonia fra la sfera di influenza tedesca e sovietica.
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Quella sovietica comprende i territori, già appartenenti alla Bielorussia ed all'Ucraina, attribuiti alla Polonia con la Pace di Riga seguita alla vittoriosa guerra del 1920 contro la Russia bolscevica (che è allora l'aggredito per gli appassionati del genere).
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C'è anche un riferimento ad uno stato indipendente polacco, di cui si rimandano esistenza e confini a successivi accordi fra le parti, riprova che il destino della Polonia in quel momento era tutt'altro che deciso, se non per noi posteri col senno del poi.
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Nessuno in realtà si aspetta allora un collasso della Polonia in pochi giorni, tanto meno Stalin che, sollecitato dai tedeschi ad intervenire il 5 settembre, risponde solo il 9 fissando appunto il 17 come data perché i reparti militari non sono assolutamente preparati.
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Paradossalmente il patto e l'occupazione sono più difficili da far accettare ai simpatizzanti comunisti nel mondo che agli anglofrancesi, che interpretano la mossa sovietica come una cinica ma logica operazione difensiva contro la minaccia tedesca e non dichiarano guerra.
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"Avremmo preferito che l'esercito russo fosse sulla sua linea attuale come amico e alleato della Polonia invece che come invasore. Ma che si trovi su questa linea è chiaramente necessario per la sicurezza della Russia contro la minaccia nazista."(Churchill alla BBC 1/10/39)
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Per maggiori approfondimenti consigliamo questo libro, ricco di fonti e documenti di prima mano, di uno dei maggiori esperti di storia diplomatica dell'URSS.
Geoffrey Roberts
Stalin’s Wars
from World War to Cold War, 1939–1953 @yalepress, 2006
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Ogni guerra combattuta dagli Stati Uniti dal 1945 ad oggi è stata costantemente accostata dai suoi politici alla Seconda Guerra mondiale e ad Hitler, tanto che si può tranquillamente affermare che siamo di fronte ad un topos storico-politico.
Vediamo assieme qualche esempio. 1/9
"Il comunismo agisce in Corea proprio come Hitler e I giapponesi hanno agito dieci, quindici, vent'anni prima." (Harry S. Truman, parlando in sostegno della guerra di Corea) 2/9
"non siamo riusciti a fermare Hirohito, Mussolini e Hitler agendo assieme e in tempo... Non abbiamo imparato qualcosa da quella lezione?'"
(Dwight D. Eisenhower, nel 1954 auspicando un intervento angloamericano per impedire la vittoria comunista sui francesi in VietNam) 3/9
«Fortunatamente il popolo italiano non è ancora abituato a mangiare molte volte al giorno e, avendo un livello di vita modesto, sente di meno la deficienza e la sofferenza»
Partendo da questa frase del 1930 di #Mussolini oggi parliamo di un "mito": il #fascismo#statalista.
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Fin dalla sua ascesa al potere Mussolini è risoluto nel garantire, in specie alla grande borghesia che era anche in buona parte sua finanziatrice, che avrebbe saldamente mantenuto il sistema economico italiano entro l'alveo del capitalismo internazionale.
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La nomina a ministri economici prima del liberista De Stefani e poi dell'industriale Giuseppe Volpi confermano questo intendimento. Anche la controversa "quota 90" (cioè il cambio lira sterlina) è in fondo la risposta al simile provvedimento preso da Churchill anni prima.
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«Le "tradizioni" che ci appaiono, o si pretendono, antiche hanno spesso un'origine piuttosto recente, e talvolta sono inventate di sana pianta».
Così il grande storico Eric Hobsbawm apriva il suo "L'invenzione della Tradizione".
Questa è la #storia della canzone #BellaCiao
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Il canto partigiano più diffuso durante la Resistenza è senza alcun dubbio storiografico il meno famoso "Fischia il Vento", scritto sulla melodia della popolare canzone sovietica Katjuša, composta nel 1938, inno ufficiale di tutte le Brigate Partigiane Garibaldi.
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Non si trova invece alcuna fonte storica di quel periodo che fa riferimento a "Bella Ciao".
Anche nel primo dopoguerra non se ne trova traccia, né nei vari libri che trattano dei canti della Resistenza, né nel Canzoniere Italiano di Pasolini che ha una sezione dedicata.
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Il 2 giugno 1953 un anziano e malato signore assiste in un cinema di Coburgo, in Baviera, alla proiezione dell'incoronazione di sua cugina #ElisabettaII.
Questa è la #storia di un principe reale inglese che diventa un gerarca nazista: Carlo Edoardo di Sassonia-Coburgo-Gotha.
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Leopold Charles Edward George Albert nasce nel 1884 nel palazzo di Claremont House, nel Surrey. Suo padre, il principe Leopold, duca di Albany, earl di Clarence e barone Arklow, è il figlio prediletto della regina Vittoria e del principe Alberto di Sassonia-Coburgo-Gotha.
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Il principino nasce orfano, il padre soffre di emofilia, una malattia genetica che la regina Vittoria passa a metà delle case reali europee fra cui quella dello zar, e muore tre mesi prima della sua nascita, lasciandolo solo con la sorella nella famiglia "allargata" reale.
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"È l'europeo che deve andare in Africa, non è l'africano che deve venire in Europa..."
Questa frase potrebbe essere stata pronunciata ieri da un esponente della nuova #destra, molte delle cui idee sono certamente di destra ma, come vedremo, nient'affatto nuove.
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Nel suo scritto "La potenza dell'Impero è nella colonizzazione demografica" pubblicato sulla rivista "Africa Italiana" del novembre 1938, l'allora direttore del Resto del Carlino Giorgio Maria Sangiorgi delinea alcuni concetti chiave dell'ideologia #imperialista#fascista.
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"...non è l'africano che deve venire in Europa: é l'europeo che deve moltiplicarsi in Africa, non l'africano in Europa: è l'europeo che deve riempire i vuoti della popolazione relativa africana, non l'africano che deve sopperire alla carenza demografica europea."
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"L'amministrazione ci dice compagni, lavoro, lavoro, lavoro; poi alzano la velocità media di trapanazione e riducono i salari, insistendo sul fatto che la nostra velocità è bassa e la nostra paga non corrisponde al lavoro prodotto. Ma per se stessi alzano gli stipendi." 1/14
Questa lettera alla Pravda del 18 aprile 1988 di un lavoratore sovietico spiega cosa è la #perestrojka di #Gorbaciov: una politica economica supply side volta a disciplinare il lavoro, legare i salari alla produttività, privatizzare e responsabilizzare il management.
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È lo stesso economista messo da Gorbaciov a capo della Perestrojka, Abel Aganbegyan, a confermarne la natura paragonando in quegli anni la sua azione a quella che Margaret Thatcher aveva compiuto nell'economia del Regno Unito, esprimendo stima nei suoi riguardi.
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