1/9 Doveva essere oggi, sarà domani: ma sveglia presto, e accontentiamoci, perché l'incontro tra il presidente della #Serbia, Aleksandar #Vucic e il premier del #Kosovo, Albin #Kurti, è forse l'ultima (l'unica) possibilità per scongiurare il rischio di una #guerra nei #Balcani.
2/n Si comincia alle 8:00, a Bruxelles. Alla presenza e su invito di Josep #Borrell.
Ruolo: Alto Rappresentante per la politica estera UE. Ma per me resta l'uomo che qualche tempo fa ha usato questa straordinaria (e poco elegante) metafora: "L'Europa è un giardino. La maggior
3/n parte del resto del mondo è una giungla. La giungla potrebbe invadere il giardino".
Sarà lui a cercare l'impresa che finora nessuno è riuscito a realizzare: mettere d'accordo Vucic e Kurti, Serbia e Kosovo. Si partirà, inevitabilmente, dalla questione #targhe. Non fosse altro
4/n per un fatto: da domani chi non è in regola sarà chiamato a pagare al Kosovo una multa da 150 €. I serbi del nord del Paese non sembrano così propensi.
Cosa filtra alla vigilia dell'incontro? Non ci sono buone sensazioni. È lo stesso presidente Vucic a dichiarare: "Non sono
5/n ottimista, ma andrò. E non perché penso che possiamo fare qualcosa, ma per non dare loro la cosiddetta 'ragion sufficiente' di Leibniz per incolpare la Serbia di non voler partecipare".
I pressuposti sono i seguenti: diffidenza reciproca, scetticismo sulla capacità di
6/n arrivare ad un'intesa complessiva (in gioco non c'è solo la questione targhe ma anche, ad esempio, il rispetto degli accordi di Bruxelles del 2013, con la creazione della Comunità delle municipalità serbe in Kosovo).
A Belgrado è opinione comune che sia tardi. Per tutto.
7/n Per vedere Kurti rinviare la scadenza dei termini fissati sulle targhe. E probabilmente, più in generale, per evitare un nuovo conflitto.
A detta di Vucic "se Kurti avesse voluto posticipare la decisione sulle targhe, l'avrebbe fatto prima".
8/n Il presidente serbo ha avvisato che l'invio nel Nord del Paese della polizia speciale kosovara per fare rispettare la decisione sulle targhe provocherà "l'inferno in terra" e che "la Serbia proteggerà la sua gente e le sue case. Spero che non accada, ma non dipende da noi".
9/9 Siamo a questo punto: con una polveriera alle porte di casa e tanti soldati 🇮🇹 della forza NATO in allerta. Continuerò ad aggiornarvi. steadyhq.com/it/dangelodario
Apprezzate il mio lavoro? Il Blog ha bisogno di iscritti, pena la chiusura.
Grazie a chi salirà a bordo.
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🚨🇺🇸🇷🇺 Mentre voi grigliate la qualunque (a proposito, buon Ferragosto) le "squadre" di Stati Uniti e Russia si scaldano in vista dell'incontro di questa sera. Ci sono molte incognite, nessuno - davvero nessuno - sa come andrà a finire il vertice di Anchorage. Ciò che possiamo fare è "studiare" le poche informazioni a nostra disposizione, arrivare preparati all'appuntamento. Lo stesso Donald Trump, uno storicamente abituato ad affidarsi più all'istinto che ai dossier, avrebbe dedicato la giornata di ieri a prepararsi al confronto con Vladimir Putin, secondo fonti della Casa Bianca. Ecco, se persino lui ha sentito il bisogno di "allenarsi", possiamo farlo anche noi, anche in un giorno di festa. 👇
2/n 🇺🇸🇷🇺 Quella tra Stati Uniti e Russia sarà una "partita" a tutti gli effetti. Non c'è una coppa in palio, ma sul piatto c'è l'Ucraina. E con essa la sicurezza per i prossimi anni nel Vecchio Continente. Iniziamo allora dal "terreno di gioco", la Joint Base Elmendorf-Richardson di Anchorage.
Cose da sapere:
- Si tratta di un avamposto militare molto isolato, motivo che lo ha reso particolarmente attraente per ragioni di sicurezza e riservatezza.
- Il caso vuole che abbia svolta negli anni un ruolo cruciale nel monitoraggio delle mosse dell'Unione Sovietica in epoca di Guerra Fredda. In particolare, la base acquisì un certo grado di celebrità per la sua attività di sorveglianza contro eventuali attacchi nucleari o attività militari provenienti dal Pacifico. Compiti che le valsero il soprannome di "Top Cover for North America" (lo scudo aereo del Nord America). Tuttora gli aerei della base continuano a intercettare i velivoli russi che sorvolano regolarmente lo spazio aereo statunitense.
- Ps: non immaginatevi quattro baracche e un paio di piste. Qui abitano oltre 32mila persone, circa il 10% della popolazione di Anchorage. Secondo gli esperti è l'unico luogo in Alaska con un livello di sicurezza adeguato a ospitare contemporaneamente Donald Trump e Vladimir Putin. Ah, per trovare un precedente di un capo di stato straniero ospitato nella base bisogna tornare al 1971, quando il presidente Richard Nixon accolse l'Imperatore Hirohito del Giappone.
3/n 🇺🇸🇷🇺 Passiamo adesso alle "formazioni". Per ogni "giocatore" indicherò le caratteristiche principali e, solo per gli Stati Uniti, la predisposizione verso l'Ucraina in una scala da 1 a 5 stelle.
Poiché "gioca" in trasferta, iniziamo dalla Russia.
🇷🇺 Vladimir Putin (Capitano): Arriva al vertice di oggi con la sicurezza di chi considera di avere il tempo dalla propria parte, con la fiducia di chi si crede a un passo dal vincere la guerra. L'inquilino del Cremlino è noto per preparare con cura meticolosa i vertici più importanti. Possiede un arsenale di tecniche affinate negli anni al KGB. Questo gli permette di variare registro a seconda dell'obiettivo: Putin sa guadagnare tempo, sa lusingare la controparte, sa metterla in difficoltà. Il suo repertorio è vario, ha l'imbarazzo della scelta. Rispetto a Trump ha poi un clamoroso vantaggio: conosce la questione ucraina come le sue tasche. Mappe, storia (benché rivisitata), situazione sul terreno: che tenterà di irretire Trump è una certezza.
🚨🪖🇮🇱 Non c'è una sola testata italiana che abbia riportato le dichiarazioni pronunciate da Sharon Halevi, moglie di Herzi, Capo di Stato maggiore israeliano prima, durante e dopo il 7 ottobre. Penso sia un'occasione persa.
Nessuno può accusare il generale di essere un integralista, un pericoloso estremista. Gli scambi tesi all'interno del gabinetto di sicurezza israeliano con i ministri Ben-Gvir e Smotrich non si contano. Così come i dissapori con lo stesso Netanyahu, figli di una diversa concezione della strategia militare israeliana all'interno della Striscia. Ma il racconto di Sharon Halevi, dei momenti immediatamente successivi al più grave attacco contro gli ebrei dalla Shoah, serve a comprendere più a fondo la cultura israeliana, a capire quanto la questione degli ostaggi impatti sulla vita quotidiana di milioni di persone e perché il piano orchestrato da Yahya Sinwar avesse un esito già scritto. Herzi Halevi lo aveva previsto. Lo ha confidato a sua moglie proprio il 7 ottobre, pochi istanti prima di partire, di lasciare la propria casa e assumere il comando delle operazioni militari di una nazione entrata in stato di guerra, senza sapere quando ne sarebbe uscita.
2/n 🚨🪖🇮🇱 Sharon racconta di essere cresciuta in una famiglia molto diversa da quella di Herzi Halevi: "Perché io sono di prima generazione in Israele, figlia di immigrati, entrambi i miei genitori sono arrivati dal Marocco. E io desideravo moltissimo appartenere. Per me Herzi rappresentava proprio quella cosa. Non volevo essere come lui, ma volevo appartenere a ciò che lui rappresentava per me. Herzi, dal lato di sua madre, è quindicesima generazione a Gerusalemme. Porta il nome di suo zio, caduto nella Guerra dei Sei Giorni a 23 anni, mentre prestava servizio di riserva. Quando abbiamo iniziato a uscire insieme, una delle prime cose che gli ho chiesto...Per me è stato difficile vedere la tomba con il suo nome completo. Mi faceva un certo effetto, anche perché non è che lavorasse in banca...era in un’unità combattente. Herzi era per me "l’israeliano", tutto ciò che era bello e di cui volevo fare parte".
3/n 🚨🪖🇮🇱 Eppure non tutto è stato sempre rose e fiori. Sharon Halevi descrive il carico emotivo che solo la moglie di un militare è in grado di comprendere, di sopportare: "Avevo molta paura del momento in cui avrebbero bussato alla porta. Dormivo anche con la radio accesa, quando lui era comandante di unità, dormivo con la radio, perché se fosse successo qualcosa, canzoni tristi sarebbero entrate nel mio orecchio. Non dormivo con i capelli in disordine, perché se avessero bussato alla porta, avrei voluto i capelli a posto. E una volta mi hanno davvero bussato alla porta. Avevo messo i bambini a dormire - ne avevamo due allora - ed ecco che bussano alla porta. Ho guardato dallo spioncino e ho visto due ufficiali. Allora ho aperto la porta, e proprio in quel momento la mia vicina di allora, che abitava di fronte, una donna di una famiglia di caduti - suo padre era stato ucciso quando lei era bambina - ha aperto anche lei la porta. Si è spaventata, li ha visti e ha aperto. Io ho aperto e ho detto: “Buonasera”. Che risposta..."Buonasera, buonasera". E lei stava lì a guardare.
E allora loro mi hanno detto: "Ciao, siamo della brigata. Siamo qui in zona e il comandante di brigata si è dimenticato qualcosa a casa, così ci ha detto di passare un attimo, se possibile".
"No, non è possibile. E non fatelo mai più in vita vostra! Siete pazzi, potevo uccidervi dalla paura!".
E lì mi si è acceso il campanello: lui non capisce proprio in quale stato mentale io viva.
Molti anni dopo, lui mi raccontò che in quel periodo, quando era a Jenin, stava sempre nei campi profughi, fra gli arresti, sotto il fuoco, e io non lo sapevo. Mi disse che una volta, sotto il fuoco, doveva chiamare il comandante del comando per riferirgli qualcosa. Aveva quei telefoni con lo slider. Disse che aprì lo slider e vide la nostra foto di famiglia. E sotto il fuoco la sostituì con una foto di fiori. Gli dissi: "Ma perché, sotto il fuoco?". E lui disse: "Perché non posso lavorare così".
1/n 🚨🪖🇧🇾🇷🇺🇺🇸🇺🇦 "Adesso è tutto nelle mani di Donald. E può mandare tutto all'aria per il suo carattere!".
Aleksandr Lukashenko è nervoso, ritiene che i suoi sforzi per portare a un accordo fra "il mio amico, il mio fratello maggiore", Vladimir Putin, e il presidente degli Stati Uniti, potrebbero naufragare sul più bello per questioni marginali, per via di "sciocchezze, emozioni pure, e questo in politica non è permesso".
Lo racconta a Simon Shuster, uno dei più importanti giornalisti in circolazione, l'uomo che ha vissuto gomito a gomito con Volodymyr Zelensky, raccontandone la straordinaria evoluzione da comico a leader di uno Stato invaso.
Ma è curioso: l'articolo del Time e il resoconto dei media statali bielorussi non coincidono perfettamente. La propaganda di Stato, ad esempio, non si sofferma sui dettagli immortalati dal giornalista all'inizio dell'incontro; non dice che è stato proprio il dittatore di Minsk a mandare in avanscoperta i suoi collaboratori, a insistere - anche maldestramente - per organizzare quell'intervista.
2/n
🚨🪖🇧🇾🇷🇺🇺🇸🇺🇦 L'impressione di Shuster, a dirla tutta, è quella di aver a che fare con un funzionario bielorusso "un po’ fuori allenamento nel trattare coi media occidentali". Scrive il giornalista: "Dopo pochi minuti di conversazione, mi chiese quanto sarebbe costato organizzare un'intervista col TIME, e sembrò sorpreso nell'apprendere che il processo non comportava alcun tipo di tangente". "Solo per essere sicuro", tentò di riprendersi l'assistente, "per evitare malintesi più avanti".
Dopo qualche altra telefonata, i termini dell'intervista vengono concordati: appuntamento a Minsk il 25 luglio. Lukashenko risponderà a tutte le domande: "Altrimenti perché avrei dovuto farla venire da così lontano, da New York?".
3/n 🚨🪖🇧🇾🇷🇺🇺🇸🇺🇦 A differenza di Vladimir Putin, famoso per le lunghe attese riservate ai suoi interlocutori, Lukashenko si presenta in anticipo. Sembra avvertire la tensione, come confermano le gocce di sudore che gli imperlano la fronte e il continuo torturarsi le mani. Per rompere il ghiaccio, ricorre a uno dei suoi cavalli di battaglia con gli ospiti occidentali: "Le confido un piccolo segreto", dice a Shuster, "il mio servizio di intelligence ha preparato un dossier sul suo conto. E io l'ho studiato prima di venire qui".
È la stessa battuta che ha utilizzato con Christopher Smith, il primo diplomatico che l'amministrazione Trump ha mandato in Bielorussia a sondare il terreno poche settimane dopo il suo insediamento, così da capire che tipo di aiuto potesse offrire Lukashenko nella missione di porre fine alla guerra in Ucraina. Dopo i primi convenevoli, Lukashenko ha guardato Smith negli occhi e messo in chiaro le sue regole d'ingaggio. Primo: "Se volete reclutarmi come vostra spia, non fatelo. Non funzionerà". Secondo: "Possiamo parlare della Russia, di Putin, della guerra e così via, ma, in sostanza, non stringiamo accordi con gli americani alle spalle della Russia. È un tabù".
1/n 🚨🇺🇸🇷🇺🇺🇦 Un retroscena di Bloomberg delinea prospettive inquietanti per l'Ucraina rispetto all'incontro fra Donald Trump e Vladimir Putin. L'accordo che gli Stati Uniti starebbero cercando di chiudere con Mosca rappresenterebbe un duro colpo non solo per Kyiv, ma anche per gli Alleati del Vecchio Continente, costretti a convivere con la prospettiva di una Russia legittimata nelle sue conquiste territoriali e pronta a consolidare la propria influenza nell’Europa orientale.
2/n 🚨🇺🇸🇷🇺🇺🇦 Bloomberg spiega: Vladimir Putin vuole che l'Ucraina ceda alla Russia l'intera area orientale del Donbass, oltre alla Crimea. Questo vorrebbe dire portare Volodymyr Zelensky a ordinare il ritiro delle truppe ucraine da porzioni delle regioni di Luhansk e Donetsk ancora controllate da Kyiv, consegnando di fatto a Mosca una vittoria che il suo esercito non è riuscito a ottenere militarmente dall'inizio dell'invasione.
3/n 🚨🇺🇸🇷🇺🇺🇦 È evidente che si tratterebbe della vittoria di Putin: non è un caso che, dall'avvento alla Casa Bianca di Donald Trump, il presidente russo abbia cercato negoziati diretti con gli Stati Uniti, tenendo ai margini Ucraina e alleati europei. Si tratta di un vecchio cavallo di battaglia per l'inquilino del Cremlino: nel suo modo di leggere e interpretare la geopolitica, la "questione ucraina" non è altro che un problema tra Stati Uniti e Russia. Come tale sono i "pesi massimi", le superpotenze, a dover giocare la partita, mentre i satelliti - Ucraina ed Europa - stanno a guardare le trattative e ne attendono l'esito.
🚨🪖🇷🇺🇩🇪🇺🇦Ha inizio in una notte senza nuvole l'oggetto della straordinaria inchiesta firmata da Bloomberg. Ma il cielo limpido non vi inganni. Gli intrighi che ruotano attorno al tentativo di assassinio compiuto nell'aprile del 2024 dalla Russia nell'ordinato quartiere residenziale di Hermannsburg, villaggio tedesco di circa 8.000 anime, sono lì a delineare una trama a dir poco oscura.
2/n 🪖🇷🇺🇩🇪🇺🇦 Protagonista della storia, suo malgrado, è Armin Papperger, amministratore delegato di Rheinmetall AG, la più grande azienda del settore della difesa della Germania e una delle più importanti d'Europa. Bloomberg lo descrive come una 62enne di stazza robusta, con i capelli color argento, spesso vestito in modo informale, con jeans e camicia, noto per percorrere i reparti produttivi della sua fabbrica per discutere dei processi e intrattenersi con operai e saldatori. È famoso per la sua franchezza: Papperger perde la pazienza se ritiene che i manager gli stiano facendo perdere tempo durante le riunioni strategiche. È un maniaco del lavoro, e talvolta invia e-mail alle 4:00 del mattino scrivendo "Ho bisogno di X e Y". Con lo stile di un classico imprenditore, rivolge domande ai lavoratori di tutti i livelli della catena di comando: "Se fossero i tuoi soldi, li investiresti in questo?". Per anni ha intrattenuto i suoi clienti con una battuta di caccia annuale al cinghiale e al cervo nella foresta di Unterlüss, dove Rheinmetall possiede un vasto poligono privato di 50 chilometri quadrati, il più grande d’Europa, insieme alle sue fabbriche di munizioni e veicoli militari. Investitori e dignitari in visita all'azienda vengono fatti salire a bordo di un carro armato Leopard: è orgoglioso della sua capacità di muoversi su terreni difficili mantenendo - si dice - un bicchiere di birra pieno sul cannone da 120 millimetri, prodotto da Rheinmetall, senza versarne una sola goccia.
3/n 🪖🇷🇺🇩🇪🇺🇦 La notte in cui un gruppo di malintenzionati si presenta davanti alla sua residenza, una grande e caratteristica costruzione in mattoni rossi, per dare fuoco a una casetta di legno in giardino e a un grosso faggio di fronte alla villetta, Armin Papperger non è in casa. A dire il vero, spiegheranno i vicini l'indomani alla polizia, l'imprenditore, in quel quartiere, non si vede ormai dal 2022. C'è da capirlo: la guerra in Ucraina lo ha reso un uomo molto impegnato. La sua creatura sta trasformandosi da gigante industriale addormentato a potenza internazionale della difesa, con un fatturato previsto di quasi 10 miliardi di euro per quell'anno. È Rheinmetall ad aver fornito all'Ucraina veicoli blindati, camion militari e munizioni, tutto l'occorrente per contribuire alla resistenza contro gli invasori russi.
Ma quella che può suonare come una sinistra coincidenza - un incendio nel quartiere di un uomo portato alla ribalta dalla cronaca recente - nel giro di poco tempo assume contorni inquietanti. Su una piattaforma internet di sinistra fa infatti la sua comparsa una lettera anonima che rivendica l'attacco incendiario. Il destinatario è proprio Papperger: la sua Rheinmetall è accusata di trarre profitto dalla guerra. Ma c'è dell'altro. Nella missiva viene avanzata anche una curiosa richiesta: la liberazione di un ex membro della Rote Armee Fraktion (RAF), un gruppo militante che negli anni Settanta e Ottanta uccise figure di spicco del mondo imprenditoriale e politico tedesco, incluso l'amministratore delegato della Deutsche Bank nel 1989. "Il suo rifugio non è sicuro", scrivono ancora i perpetratori anonimi, in tono minaccioso, a proposito di Papperger. C'è chi abbocca, chi cade nel tranello, ma la realtà è diversa. E dice di un copione più esteso: una rivendicazione anonima dell'attacco alla casa di Papperger da parte di nostalgici di un gruppo di sinistra rientra perfettamente nello stile russo.
🚨🪖🇺🇸🇷🇺 Viste le circostanze, il Blog si rende protagonista di uno "strike preventivo".
Le ultime dichiarazioni di Donald Trump presteranno il fianco, soprattutto in Italia, a una narrazione di tipo allarmista e catastrofista.
Breve spoiler: non siamo sull'orlo di una guerra nucleare tra Russia e Stati Uniti. Ma non significa che le parole del Presidente americane siano prive di significato. Anzi. Vediamo perché.
2/n 🇺🇸🇷🇺 Intanto un breve riepilogo delle puntate precedenti.
Dmitry Medvedev, ex presidente russo, nei giorni scorsi prende di mira Trump per la decisione di annunciare sanzioni nei confronti della Russia in assenza di un cessate il fuoco in Ucraina.
A questo proposito il russo, noto per i suoi toni "incendiari" sui social, scrive: "Trump sta giocando all'ultimatum con la Russia: 50 giorni o 10...Dovrebbe ricordare due cose:
1. La Russia non è Israele e nemmeno l'Iran.
2. Ogni nuovo ultimatum è una minaccia e un passo verso la guerra. Non tra Russia e Ucraina, ma con il suo stesso Paese. Non seguire la strada di Sleepy Joe!".
3/n 🇺🇸🇷🇺 The Donald viene informato della reazione di Medvedev e lancia un primo avvertimento: "Non mi interessa cosa faccia l’India con la Russia. Possono affondare insieme con le loro economie morte, per quel che mi riguarda. Abbiamo fatto pochissimi affari con l’India, i loro dazi sono troppo alti, tra i più alti al mondo. Allo stesso modo, la Russia e gli Stati Uniti non fanno quasi alcun affare tra loro. Manteniamolo così e dite a Medvedev, l’ex presidente fallito della Russia, che crede di essere ancora presidente, di fare attenzione alle sue parole. Sta entrando in un territorio molto pericoloso!".