Dietro a parole e modelli, cosa c’è? Nulla.
Sì, ma vi ho sempre spiegato che il massimo che si potesse provare a capire era cosa sarebbe accaduto nei successivi tre giorni.
Tre.
E ho smesso di farlo dopo il lockdown.
L’effetto di questo intervento di policy non era stimabile a priori. Andava osservato. Prima di noi avevamo solo la Cina in Hubei, peraltro con policy *diversa*.
C’è un sito su cui si può far girare il modello, e si nota subito come i risultati siano pressoché sempre sbagliati.
Sbizzarritevi: predictcovid19.com
Certo, perché le fasi iniziali delle curve epidemiche *in regime di lockdown* ne condizionano le fasi finali.
Questi modelli sono utili? No.
Basta osservare la Lombardia.
L’articolo su @Corriere suggerisce invece che chiudere tutto fosse inutile: le cose sarebbero andate allo stesso modo.
Neppure il paper si azzarda a scriverlo.
Gli autori provano a dire che il virus rallenta perché ci si avvicina all’immunità di gregge.
È altrettanto falso: a oggi la prevalenza del virus è stimabile al 3%-10%. L’immunità di gregge arriva superati i 60% di infetti.
Il modello contenuto nel paper conduce a risultati empiricamente sbagliati.
Lo fa comunque supponendo che ci sia un *forte* lockdown.
Suggerire che senza lockdown le cose sarebbero andate allo stesso modo è pericoloso, da qualsiasi lato lo si guardi.
Sarebbe bello se autrici e autori dello studio, accortisi dei colossali errori e della pericolosità sociale di sostenere che le cose sarebbero andate così anche senza lockdown, decidessero di togliere la loro firma.
Per una volta, vincerebbe la scienza.