Thread by @Marco_dreams

Eravamo appena andati a dare il cambio al cambio al IIº battaglione del 154º di fanteria e alla 259ª compagnia di Alpini, io ero il capitano Giampietro Rossi, a comando del Iº battaglione del 219º di fanteria, la brigata Sele.
Qui sotto le cartoline che mandavamo ai nostri cari

Ero contento perché dal fronte del Piave mi avevano trasferito sul Monte Cimone, tornavo su una cima che sta proprio sopra Arsiero, il paese dove sono nato.
1.230 metri, sull’ultima linea di difesa della pianura padana: lì stavamo impedendo la discesa a valle degli austriaci.

Il monte non era più lo stesso: trincee dappertutto, la cima era stata conquistata dagli austriaci il 25 Maggio del 1916 e riconquistata da noi italiani il 23 Luglio.
Quanto sangue versato da ambo le parti, una tragedia che ha poi accomunato tutte le montagne vicine.

Il Pasubio, il Monte Grappa, l’Ortigara, le valli e gli altopiani di Asiago, e di Tonezza, da dove la salita alla cima al Monte Cimone era agevole. Noi invece salivamo dagli strapiombi che danno sulla pianura, non era per niente facile.

Una volta sopra bisognava difendersi dalle mitragliatrici, dal tiro dei cecchini, ma soprattutto dai mortai e dai cannoni pesanti che tiravano dalla linea dei forti trentini.
Fino alla mattina del 23 Settembre, poi la montagna cambiò.

Gli “zappatori” austriaci, le compagnie che come dice il nome erano preposte a scavare trincee e gallerie: loro ci hanno battuto. Non riuscendo più a riconquistare la cima gli austriaci decisero di scavare una galleria e di farci saltare con una mina.

4.500 kg di dinamite, 8.700 kg di Dinammon, 1.000 Kg di polvere e gelatina. Poco prima delle 6 del mattino del 23 Settembre un lampo ed un boato tremendo.
Tutta la cima del Monte Cimone scomparve, al centro un enorme cratere.

Per fortuna non avemmo neanche il tempo di accorgerci che saremmo morti: in una frazione di secondo i nostri corpi furono sparsi nel raggio di centinaia di metri.
1.210 corpi furono poi recuperati, quel poco che restava di noi in realtà.
Milleduecento vite spazzate in un lampo.

Molti soldati rimasero sepolti vivi e gli austroungarici proposero una tregua per recuperarli, che però i comandi italiani rifiutarono.
Perché?
Già il giorno stesso dell’esplosione gli italiani riconquistarono quel che era rimasto della cima, forse era più importante questo.

Epilogo.
Adesso sulla cima svetta un ossario contenente le ossa di quei poveri caduti, e Tonezza aggiunse al nome “del Cimone” in ricordo dell’accaduto.

Da piccolo passavo le estati lì, avrò avuto 8-9 anni, era la fine degli anni ‘60 e intorno alla cima si trovava ancora di tutto: baionette, elmetti, schegge e persino caricatori interi come questo.

Adesso i boschi sono ricresciuti, la Natura è più forte della potenza distruttiva dell’uomo, e il monte è pieno di faggi, di mirtilli, di funghi e ciclamini. Fiori spontanei che crescono sulle trincee ancora visibili.

Ho raccontato questa pagina di storia perché il premio preso nei giorni scorsi da @udogumpel mi ha ricordato quanto sia importante mantenere viva la memoria sugli orrori del passato.

Io sono cresciuto vedendo i forti, le trincee, gli ossari, i luoghi dove i partigiani sono stati uccisi, poi più tardi visitando i campi di sterminio.
Non posso vedere un’arma, ma nemmeno sopporto i botti, i petardi.
Non è un caso penso.

Oltre ai boschi sono rifioriti anche i rapporti umani: a partire dagli anni ‘70, e fino a quando sono vissuti gli ultimi, parecchi reduci italiani ed austriaci, che hanno combattuto sul Cimone, si ritrovavano lì ogni anno.

Dopo la visita al cimitero degli austriaci c’era la messa all’Ossario e poi tutti a mangiare assieme: era commovente vedere questi vecchietti abbracciarsi, ridere o anche piangere assieme.
Quando avevano vent’anni si sparavano: ha un senso tutto ciò?