26/ L’ equazione di Dirac rispettava invece i principi fondamentali della teoria quantistica. In particolare, ”Lo stato iniziale di un sistema, determina completamente lo stato dello stesso in un istante successivo”.
27/ Questo significava che l’ equazione d’onda doveva essere un’equazione di differenziale di primo ordine nel tempo: in tal modo, la funzione d’ onda in un qualsiasi istante determinava la funzione d’ onda in un istante successivo.
28/ Il secondo principio fondamentale che governa la formulazione di Dirac è il principio della relatività : l’ equazione quantistica relativistica deve essere valida in qualsiasi sistema di riferimento inerziale.
29/ Nelle teorie relativistiche, tempo e coordinate spaziali sono componenti del quadrivettore spazio-tempo. Dirac concluse, che non esisteva nessuna ragione per trattare in modo diverso i due tipi di variabili in un’equazione d’onda quantistica.
30 Se l’ equazione d’onda doveva essere di primo ordine nella derivata temporale (per coerenza con la teoria quantistica), la teoria relativistica implicava che le variabili spaziali dovessero essere introdotte anche loro attraverso le loro derivate prime.
31/Questo trattamento simmetrico del tempo e dello spazio era in consonanza con la formulazione relativistica, ma si allontanava dall’ equazione non relativistica di Schroedinger, in cui le variabili del tempo e dello spazio appaiono in forma distinta:
32 L’equazione di Scroedinger deriva al primo ordine rispetto al tempo e al secondo ordine rispetto allo spazio. Per Dirac, la simmetria era una condizione fondamentale della teoria relativistica, che doveva risultare coerente con l’ espressione relativistica dell’ energia.
33/ Dirac cercava di ”linearizzare” l’equazione relativistica dell’energia, determinando dei coefficienti sconosciuti. Scoprì che la sua equazione era consistente solo se il prodotto dei coefficienti che aveva introdotto NON era commutativo.
34/ I coefficienti di Dirac non potevano essere semplici numeri e li interpretò come matrici. A sua volta richiedeva la funzione d’ onda, Ψ, oltre a dipendere dalle variabili spaziali e temporale, doveva avere una natura vettoriale.
35/ Pauli aveva già mostrato che una certa proprietà dell’elettrone, lo spin, ossia il suo momento magnetico intrinseco poteva essere descritta ricorrendo a delle matrici complesse di dimensione 2x2 e a funzioni d’onda a due componenti (spin up, spin down).
36/ Dirac giunse alla conclusione che risultava impossibile aggiungere una quarta matrice alle tre di Pauli. Infatti era già noto in grazie ai matematici che il numero massimo di matrici NxN indipendenti che ”anticommutassero” tra loro è dato da N^2 -1
37/ L’unica possibilità che rimaneva era di aumentare la dimensione delle matrici! Scrisse: “Mi ci sono volute diverse settimane per rendermi conto che non era necessario far uso di variabili con solo 2 righe e 2 colonne. Perché non 4 righe 4 colonne?”.
38/ L’ equazione di Dirac riempì di stupore i suoi colleghi che avevano passato mesi a cercare di trovare un’equazione quantistica relativistica. Jordan commentò: ”Non posso perdonarmi il fatto di non essere riuscito a vedere che la chiave era un’ espressione lineare”.
39/ Quest’ opinione era condivisa da tutti i fisici; Heisenberg disse: ”Tengo nella massima considerazione il suo ultimo lavoro sullo spin”, ed Ehrenfest: ”Trovo l’ ultimo lavoro di Dirac sullo spin dell’ elettrone semplicemente splendido”.
40/ L’ entusiasmo generato dall’ equazione di Dirac non fu dovuto solo al modo in cui essa scaturì, ma anche alle soluzioni che forniva . La proprietà dello spin emergeva come conseguenza naturale della struttura stessa dell’ equazione.
41/ L’equazione era il risultato inevitabile dei principi delle due grandi teorie: la relatività e la teoria quantistica. L’ equazione di Dirac si riduceva a quella di Schroedinger o a quella di Pauli per energie cinetiche piccole rispetto all’energia propria dell’elettrone.
42/ Ma se per descrivere lo spin erano necessarie solo due componenti, che senso avevano le dimensioni aggiuntive nell’ equazione di Dirac? Dovettero trascorrere diversi anni perché si comprendesse chiaramente il significato fisico delle soluzioni dell’equazione di Dirac.
43/ La struttura matematica, invece, non lasciava alcun dubbio: le soluzioni corrispondevano non solo ad elettroni ordinari con energia positiva, ma anche ad elettroni con energia negativa!
44/ Le componenti ad energia negativa erano una conseguenza della stessa equazione relativistica che non poteva essere ignorata; Dirac obiettò che tali stati non potevano essere identifcati con i protoni, come aveva proposto Weyl.
45/ La nuova interpretazione di Dirac degli stati di energia negativa, fu presentata in un lavoro intitolato “Una teoria di elettroni e positroni”, mandato in stampa agli inizi di dicembre del 1929.
46/ L’ ipotesi di Dirac era che: ”Tutti gli stati di energia negativa sono occupati da elettroni”. Con questa supposizione, nessun elettrone con energia positiva può scomparire (decadere) in uno stato di energia negativa, perché questo stato è già occupato.
47/ Il principio di esclusione di Pauli impedisce che due elettroni possano occupare lo stesso stato quantico per cui Dirac risolse in questo modo il problema delle transizioni, introducendo un numero infinito di elettroni in stato di energia negativa.
48/ Solo piccole alterazioni di questa situzione di omogeneità, ad esempio attraverso un numero ridotto di stati di energia negativa non occupati, avrebbero prodotto degli effetti rilevabili.
49/ Dirac introdusse, per la prima volta l’idea dello stato di vuoto quantistico: costituito da un’infinità di elettroni che occupavano stati di energia negativa. Questa situazione corrispondeva allo stato di massima stabilità e oggi chiamato “mare di Dirac”.
50/ Solo gli stati di energia negativa che non occupati da elettroni avrebbero prodotto effetti fisici: uno stato vacante o ”lacuna”, cioè l’ assenza di un elettrone, si sarebbe quindi comportato a tutti gli effetti come uno stato di energia positiva con carica positiva.
51/ La nuova teoria di Dirac (l’identificazione diretta delle lacune con i positroni) forniva una spiegazione unitaria delle due particelle, elettrone e positrone, che potevano essere considerate come due manifestazioni di un unico stato fondamentale.
52/ La teoria delle lacune di Dirac, con l’ identificazione dei buchi con i positroni creava un problema: la presenza di un buco (positrone) implicava che un elettrone con energia positiva potesse scomparire nel buco annichilandosi.
53/ Analogamente, un elettrone nel mare di Dirac, avrebbe potuto assorbire radiazioni, eccitarsi a uno stato di energia positiva: in altre parole, si sarebbero creati un elettrone e un positrone.
54/ Entrambi i tipi di processi, creazione ed annichilazione di particelle, erano coerenti con il principio di equivalenza massa-energia della teoria della relatività, ma sfortunatamente nessuno dei due processi era mai stato osservato.
55/ Nell’estate del 1932, Carl Anderson riuscì a fotografare la traiettoria di particelle che sembravano corrispondere per certi versi ad elettroni ma sembravano avere carica positiva e subire una deflessione uguale a quella degli elettroni.
56/ Anderson pubblicò i suoi risultati sulla rivista Science: l’ articolo si concludeva con l’affermazione ”Sembra necessario considerare una particella carica positivamente con una massa paragonabile a quella dell’ elettrone”.
57/ Il nome positrone venne introdotto in un successivo lavoro di Anderson pubblicato nel 1933: la scoperta sperimentale del positrone fu considerata un grande trionfo per la teoria di Dirac che era riuscito a prevedere su basi strettamente teoriche l’antimateria.
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1/ All’inizio del XX secolo, c’erano solo due piccole “nubi”, come le chiamava Lord Kelvin (William Thomson) all’orizzonte della fisica. L’incoerenza tra meccanica newtoniana e l’elettromagnetismo di Maxwell e la strana forma dello spettro della radiazione da corpo nero.
2/ Tuttavia le nubi si rivelarono tutt’altro che semplici da dissipare: la prima richiese l’introduzione relatività ristretta da parte di Albert Einstein mentre la seconda portò alla formulazione della meccanica quantistica grazie a Max Planck.
3/ Il lavoro di Planck sulla radiazione di corpo nero segna l’inizio della fisica quantistica e apparve nel 1900. Nel 1905 Einstein pubblicò la teoria speciale della relatività . Contemporaneamente spiegò l’effetto fotoelettrico applicando la teoria quantistica alla luce.
1/ Di che colore è il tramonto su #Marte? L’atmosfera terrestre è più spessa e densa di a quella marziana quindi la maggior parte della diffusione atmosferica si verifica quando la luce del sole colpisce le molecole d'aria (la foto è mia ed è stata scattata sulla Terra 🙂) 👇👇👇
2/ La diffusione di Rayleigh governa la dispersione della luce sulla Terra: la probabilità è maggiore quando la lunghezza d'onda del fotone è confrontabile con le dimensioni della molecola su cui incide. Inoltre la diffusione avviene in tutto l’angolo solido (tutte le direzioni).
3/ Quindi quando il sole è alto nel cielo, lunghezze d'onda corrispondenti al rosso (che sono le più lunghe nello spettro visibile) non si diffondono molto mentre le lunghezze d'onda blu (che sono le più corte) tendono a diffondersi con grande probabilità.
1/ Dopo l’acqua e il biossido di carbonio, il metano (CH4) è il terzo gas per importanza nei riguardi dell’effetto serra. Il metano è una molecola composta da 5 atomi quindi presenta molte possibilità di vibrazioni molecolari.
2/ Gli stiramenti dei legami C–H cadono intorno alla lunghezza d’onda dei 3000 nm. In questa regione assorbe anche il vapore acqueo che si trova in maggiore quantità quindi non hanno grande rilevanza per l’effetto serra.
3/ Le vibrazioni di flessione variano l’angolo H–C–H e cadono intorno ai 7700 nm, all’estremità della finestra dell’acqua e, anche per l’elevata intensità di assorbimento, risultano importanti per l’effetto serra.
1/ Il contributo dell’effetto serra su temperatura del pianeta si apprezza facendo il bilancio energetico della Terra espresso in W/m2. Dividiamo l’intensità I0=1370 W/m2 per 4/come se zone illuminate e ombra parziale e totale assorbissero una radiazione solare di 342 W/m2. 👇👇
2/ Dei 342 W/m2 di radiazione solare, 235 W sono effettivamente assorbiti mentre gli altri 107 sono riflessi nello spazio. Questa frazione, 107/342≈0.3, corrisponde all’albedo. L’atmosfera gioca un ruolo cruciale nel ridurre la quantità di radiazione che arriva alla superficie.
3/ 77 W/m2 (il 22%) sono riflessi nello spazio e non contribuiscono al riscaldamento della Terra che a sua volta emette 390 W/m2 di radiazione IR. Di questa 40 W/m2 sfuggono nello spazio e gli altri 350 vengono assorbiti o riflessi dalle nubi, aerosol e gas.
1/ A parte una piccola quantità che arriva dall’attività geologica, l’energia ricevuta dalla superficie della Terra viene dal Sole trasportata dalla radiazione elettromagnetica composta per circa 43% di luce visibile, un 5% di ultravioletto e il resto (52%) infrarosso. 👇👇👇
2/ Alla distanza Terra-Sole l’energia che arriva è di circa 1370 W/m2 (costante solare I0). Questo valore non è costante e varia leggermente in relazione alle macchie solari. Le variazioni sono circa l’1 per mille per il visibile e nell’IR; con maggiori variazioni nell'UV.
3/ La quasi totale scomparsa delle macchie solari tra i secc. XVII- XVIII coincise con un periodo di clima più freddo del presente (Piccola Era Glaciale). Buona parte del flusso di energia attraversa l'alta atmosfera e viene assorbito negli strati più bassi e poi dal suolo.
Anche se ruota, la Luna mostra sempre la stessa faccia alla Terra perché è in rotazione sincrona: fa un giro su se stessa esattamente nello stesso tempo che impiega a fare un giro completo intorno alla Terra (circa 27 giorni e 8 ore). La foto è mia 🙂. Mini thread:👇👇👇
2/ Dalla Terra vediamo circa il 60% della superficie lunare per tre effetti:
- l’asse di rotazione della Luna è leggermente inclinato rispetto al piano della sua orbita
- l’orbita lunare è un po' ellittica
- la Terra ruota su stessa più velocemente della Luna.
3/ A causa di questi effetti che si sommano alla rotazione sincrona, la Luna non mostra sempre esattamente la stessa porzione di superficie a un osservatore sulla Terra, ma oscilla periodicamente con un moto complesso detto di "librazione".