«Dopo 2 thread (bit.ly/301WVoL e bit.ly/2OcUuNj ), caro Pericle, riprendiamo dalle opere da te realizzate.
Non avevi soldi. Però avevi i tributi dalle città che facevano parte della lega di Delo.
Soldi custoditi nell’isola sacra ad Apollo.
Ti venne un’idea».
Vero. I soldi erano custoditi nell’isola di Delo.
Pensai di trasferire quei soldi ad Atene, sotto il mio controllo. Usai quel denaro anche per completare i circa sei chilometri di mura che dalla città arrivavano a inglobare il vecchio porto del Falero e il nuovo porto del Pireo.
«Ma come sempre accade, anche ai migliori politici, il consenso cominciò a calare.
E quando cala il consenso…
I tuoi avversari passarono al contrattacco.
Cominciarono accusando il tuo amico Anassagora.
Solo per aver formulato ipotesi sul moto dei corpi celesti».
E poi proseguirono con la mia Aspasia. Per finire al sottoscritto accusato di aver male amministrato le finanze di Atene. Era solo un pretesto. Il tutto coincise con la fine della tregua con Sparta. La crescita del potere di Atene aveva provocato negli spartani del risentimento.
«Sì, il potere di Atene spaventò Sparta e il conflitto fu inevitabile. Era il 431 a.C.
Malgrado tutto, vista la tua esperienza e il tuo passato, ti affidarono lo stesso il comando della difesa di Atene. Che aveva una differenza sostanziale rispetto a tutte le altre città, vero?»
A differenza delle altre città Atene puntava tutta la sua difesa sulla sua flotta. Sul mare.
Dal mare potevamo ricevere rifornimenti e grano, anche sotto assedio.
Tutta la mia strategia puntava su quello.
Da terra eravamo protetti dalle “lunghe mura”.
«E commettesti un errore. Una volta iniziata la Guerra del Peloponneso, invitasti la popolazione dell’Attica ad abbandonare le loro terre per entrare nella città di Atene protetta da quelle mura. Non fu una bella idea. Videro i loro campi e le loro case devastate dagli spartani».
Lo so. Poi arrivò quel maledetto nemico.
Rinchiusi in un ambito così ristretto la popolazione venne decimata.
Ti giuro che non sapevamo come affrontarlo.
Il popolo cominciò ad accusarmi di tutto.
Per placare l’esasperazione della gente tenni quel discorso.
«A riportalo è lo storico Tucidide. L’Epitaffio, intendo.

“Sbigottiti per le disgrazie avvenute nelle vostre case, state abbandonando la salvezza dello stato e accusate me, che vi ho esortati a fare la guerra, e voi stessi, che vi siete associati nella decisione”»
Quel nemico era un evento del destino, non prevedibile. Dissi loro.
“So che a causa di essa sono odiato ben più che per gli altri motivi, ma ingiustamente, a meno che non attribuiate a me anche i casi in cui avrete successo contro i vostri calcoli”.
«Convengo. Fu un grande discorso.
Riuscisti a convincere gli ateniesi ad avere ancora fiducia in te.
Infatti da quel momento continuarono a ritenerti “l’uomo più prezioso per quelli che erano i bisogni della città nel suo insieme”».
Per quanto riguarda la guerra con Sparta raccomandai loro che...
“Dovevamo stare tranquilli. Curare la nostra flotta. Tenere lontano l’idea di accrescere l’impero. E difendere Atene a tutti i costi”. La vittoria sarebbe stata certa.
Poi era arrivato quel nemico. L’epidemia.
«Gli studiosi ipotizzano fosse peste, vaiolo, o una forma influenzale particolarmente aggressiva.
Tucidide la racconta bene.

“I medici non riuscivano a fronteggiare questo morbo ignoto ma, anzi, morivano più degli altri, in quanto più degli altri si avvicinavano ai malati”»
“Ne mostrerò i sintomi, che si potranno tenere presenti per riconoscere la malattia stessa, caso mai scoppiasse un’altra volta”.
“Vampate di calore alla testa, arrossamento e bruciore agli occhi. Non molto tempo dopo il male scendeva al petto con una forte tosse”.
«Altri, fisicamente guariti, smarrirono però la memoria, e non riconoscevano più se stessi e i loro familiari. E gli uni morivano per mancanza di cure, gli altri anche se erano molto ben curati. Non esisteva, per così dire, nessuna medicina che si potesse applicare in generale».
Fu terribile.
Gli spartani, fuori dalle mura, vedendo i fuochi che usavamo per bruciare i corpi, si spaventarono.
Compresero il pericolo e per evitare il contagio ritrassero il loro esercito.
In pochi mesi nella mia città persero la vita migliaia di ateniesi.
«L’epidemia colpì anche i tuoi cari. Il morbo si portò via prima tua sorella, poi tua moglie e i due figli naturali, Peralo e Santippo.
L’unico sopravvissuto fu il figlio avuto da Aspasia, Pericle il Giovane.
E poi toccò a te.
Inizialmente con una febbre leggera».
Dannato quel morbo che mi uccise. Vedi. Non è tanto quello che accadde a me che mi tormenta ancora oggi. C’erano 300 mila abitanti all’interno della città, anche per colpa mia. La situazione peggiore.
Un tale assembramento favorì la morte di un terzo di quegli abitanti.
«La tua morte fu una tragedia per tutti, perché segnò irrimediabilmente il declino di Atene.
Ebbe fine l’età d’oro di Atene.
La guerra del Peloponneso, iniziata solo da due anni, sarebbe durata quasi trent’anni.
Sono triste. Credo che possiamo concludere qui, Johannes.
Sai una cosa? Mi mancano quelle assemblee popolari sulla collina della Pnice.
E quelle interminabili discussioni che si concludevano con una votazione per alzata di mano.
Sai, ad Atene noi facevamo così.
«Mentre Pericle si allontana giusto fare una precisazione in merito alla “sua” democrazia.
E’ lo stesso Tucidide a definirla una "democrazia solo a parole, ma di fatto una forma di principato".
I diritti tanto sbandierati erano infatti concessi solo a una cerchia ristretta».
Diciamo circa 40.000 cittadini su una popolazione di circa 300.000 abitanti.
Quando Pericle dice “a tutti”, intende i tutti a cui sono stati concessi quei diritti.
Erano escluse le donne per esempio.
E anche i Meteci, gli stranieri domiciliati nell’Attica.
Ed erano esclusi i moltissimi schiavi, anche se le loro condizioni erano sicuramente migliori degli iloti spartani. Pericle aveva inoltre varato una legge che negava i diritti di cittadinanza ai figli nati da matrimoni misti. Era cittadino solo chi era nato da cittadini ateniesi.
Detto questo spero di aver ridestato una certa curiosità. Non solo sulla democrazia di Pericle, ma sul periodo d’oro di Atene che va dalle Guerre persiane alla Guerra del Peloponneso.
Un periodo di crescita economica e di fioritura artistica e culturale senza pari.
«Un’ultima cosa.
Ricordate le raccomandazioni di Pericle sulla guerra? “Stare tranquilli. Curare la nostra flotta. Tenere lontano l’idea di accrescere l’impero. E difendere Atene a tutti i costi?” Dopo la sua morte fecero esattamente il contrario. E quella guerra la persero».

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2 Mar
«Salve Pericle, ci sei? Sono Johannes.
Eravamo rimasti (qui ieri bit.ly/301WVoL ) alla tua rivalità con Cimone.
Tu che facevi parte della famiglia degli Alcmeonidi, lui della famiglia rivale dei Filaidi, famiglie ateniesi potenti e aristocratiche. Continua pure».
Ieri hai detto che Cimone aiutava il popolo.
Io non ero da meno.
Lo sapevi che i teatri erano pieni di gente povera?
E secondo te chi pagava loro il biglietto? Il sottoscritto.
Non solo.
Davo pure soldi a quelli che facevano parte delle giurie nei tribunali popolari.
«Peccato che, a differenza di Cimone, non fossero soldi tuoi.
Prelevavi il tutto dalle casse dello Stato.
E con quello compravi il consenso popolare.
Al popolo il superfluo dà più piacere del necessario, ripetevi a ogni occasione.
Ecco il perché del biglietto a teatro».
Read 25 tweets
1 Mar
Discutere della mia vita con te? Perché no, Johannes.
In fondo non puoi riportare niente di più di quello che sta scritto nei libri di storia.
Plutarco ha trasmesso al mondo intero come io, Pericle, sia stato l’inventore della democrazia ateniese.
E molto, molto altro.
«Ottimo. Iniziamo.
Siamo nel 480 a.C. e Temistocle è il politico più influente di Atene.
È lui a convincere gli abitanti a lasciare la città per rifugiarsi sulle isole di Egina e Salamina mentre i Persiani devastano Atene.
Temistocle sta preparando lo scontro navale finale».
Esattamente. Temistocle fu molto astuto.
In quello stretto braccio di mare le navi persiane, anche se più numerose, erano troppo massicce per poter manovrare.
Grazie alle sue duecento triremi, riuscì a ottenere sui Persiani una vittoria decisiva.
Però ora parliamo di me.
Read 24 tweets
24 Feb
Oggi è il 23 marzo 2017.
Non è la prima volta che vengo ad Auschwitz.
Sono stanco, e non solo per i miei 83 anni.
Sono ormai trent’anni che cerco di a mettere in luce le responsabilità di quell’azienda nello sterminio di milioni di esseri umani.
Era il 26 ottobre 1942 e sono certo che Kurt ripensò al suo passato. Era stato assunto da quell'azienda come disegnatore tecnico e di strada ne aveva fatta parecchia. Dopo nove anni era stato promosso ingegnere del reparto D.
E proprio in quel reparto aveva dato il meglio di sé.
Grazie al suo ingegno la sua ditta si stava aggiudicando tutti gli appalti.
Quel giorno era particolarmente euforico.
«Le mie idee sono davvero rivoluzionarie, posso supporre che mi concederete un bonus per il lavoro che ho fatto» aveva scritto in mattinata al suo direttore.
Read 19 tweets
20 Feb
«Nerone ti sei calmato? Ieri sera
(qui bit.ly/3sbRpMi) abbiano parlato di un’accusa infamante nei tuoi confronti. Abbiamo però concordato sul fatto che tu non hai nessuna colpa per l’incendio di Roma del 64 d.C.
Ci resta da approfondire il resto della tua vita».
Credo che nessuno abbia qualcosa da dire sui primi anni del mio impero. Mi sono comportato bene.
Anzi benissimo, in modo impeccabile.
Sotto la guida di Seneca, del prefetto del pretorio, Sesto Afranio Burro e della donna più influente di Roma, mia madre Agrippina.
«Concordo sul ruolo avuto da tua madre nella tua salita al trono. Lo voleva a ogni costo.
“Che mi uccida, purché regni” rispose a un oracolo che la metteva in guardia. Ci mettesti del tuo.
Hai fatto uccidere Britannico, il tuo fratellastro.
Era lui il legittimo Imperatore»
Read 23 tweets
19 Feb
Sinceramente sono combattuto, Johannes.
Ho seguito la serie di batti e ribatti con Riccardo Cuor di Leone e sinceramente non sei stato tenero con lui.
Non oso pensare cosa tu possa raccontare di me ai tuoi lettori.
Lettori, come ha scritto @tonyjorio, e non follower.
«Giusto, lettori.
Visto che abbiamo rotto il ghiaccio perché non iniziamo la discussione?
In fondo peggio di come ti hanno dipinto sarà difficile. Credo anzi che la tua versione dei fatti possa essere un’occasione per smentire le chiacchiere che girano sul tuo conto».
Le chiami chiacchiere? Mi prendi in giro?
Come puoi definire dicerie e pettegolezzi quello che hanno scritto di me nei libri di storia.
Hai letto come mi ritraggono sempre?
Mi sono scocciato. Brucia un autobus a Roma e mi tirano in ballo. Basta. Non sono stato io, chiaro?
Read 24 tweets
15 Feb
Qualcuno ha scritto che “i numeri costituiscono il solo linguaggio universale”.
Vero. Anche perché i numeri spesso non sono solo numeri.
100 1.000.000
Cento Un milione.
Oppure 7 come le persone che incontrai quando tornai a Kigali il 21 luglio del 1994.
2, come le esplosioni che udimmo quella sera del 6 aprile 1994 quando tutto ebbe inizio.
Subito dopo la telefonata della mia segretaria.
«Hanno abbattuto l’aereo del Presidente Habyarimana»
Quella notizia significava una cosa sola. Guai.
E scontri in città. Quella notte dormimmo tutti in bagno, l’unica stanza della casa che non poteva essere raggiunta da eventuali colpi esplosi dalla strada.
Mentre il telefono continuava a squillare.
Read 25 tweets

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