THREAD. Figli di un dio minore? I lavoratori della cultura e il G20. 0/N
Il discorso di Mario Draghi al “G20 Cultura” del 29 Luglio, pronunciato nello scenario del Colosseo, ricorre a tutti i riferimenti nazional-popolari (sarà il clima olimpico?) sulla ricchezza del patrimonio artistico-culturale del paese: 1/N
“Questo posto stasera con questa luce testimonia meglio di ogni parola come storia e bellezza siano parte inerenti dell’essere italiani.
Quando il mondo ci guarda, vede prima di tutto arte, musica, letteratura, segni della storia antica”. 2/N
E, nella frase successiva, il Presidente del Consiglio ringrazia: “chi lavora nei nostri teatri, nelle nostre biblioteche e nei nostri musei.
Perché la riscoperta del passato è condizione necessaria per la creazione del futuro”. 3/N
I due periodi della dichiarazione di Draghi non dicono nulla sulla situazione reale del paese. Lo stipendio medio di un archeologo, in Italia, non arriva a 15 mila euro per l’80% dei casi e nel 38% non supera i 5 mila euro l’anno. 4/N
Nei musei (jacobinitalia.it/trentanni-di-c…), gli stipendi medi sono molto al di sotto degli 8 euro l’ora e figure plurispecializzate vivono sotto la soglia di povertà. 5/N
Prolifera il lavoro nero e sono diffusi i “volontari” pagati con rimborsi spese falsi; per non parlare del lavoro solo formalmente autonomo ma, di fatto, dipendente. Non dissimile è la situazione in generale dei lavoratori delle filiere artistico-culturali, 6/N
sulla cui fragilità strutturale la pandemia Covid-19 ha fatto pienamente e dolorosamente luce su una “terra di mezzo” caratterizzata dall’esposizione individualizzata a rischi come continuità del rapporto di lavoro, stabilità economica, tutele di welfare. 7/N
Per questo, colpisce che l’unico richiamo di Draghi al tema del lavoro, nel discorso menzionato, sia riferito alla creazione di un contesto capace di accogliere l’autoimprenditorialità (sic) dei giovani: “Conservazione non deve essere sinonimo di immobilismo 8/N
È per questo che agli investimenti associamo un programma di riforme e di semplificazioni.
Dobbiamo permettere ai nostri giovani di liberare le proprie energie, il proprio dinamismo.
Promuovere l’uso della tecnologia, 9/N
ad esempio nella digitalizzazione di archivi e opere d’arte. Perché l’Italia sia, allo stesso tempo, custode di tesori e laboratorio di idee”. Il problema, come mostrano i dati precedenti e miriadi di ricerche socio-economiche, 10/N
è invece il paradossale rapporto tra de-valorizzazione del lavoro artistico-culturale e il valore identitario, democratico e inclusivo retoricamente attribuito ai processi artistici e creativi. La svalorizzazione del lavoro si accompagna a mercati organizzati 11/N
sempre più secondo la logica del “vincitore prende tutto”: pochi grandi attori dominanti e catene del valore estrattive. Situazione, questa, in parte conseguenza della presenza di una logica artistico-espressiva non incline al conflitto sociale e all’azione collettiva. 12/N
Ma, anche, conseguenza di scelte che non hanno valorizzato le filiere artistico-culturali e i diritti dei lavoratori della cultura. Per questo, occorrerebbero nuovi modelli organizzativi e produttivi, anche basati sulle nuove tecnologie e sulla disintermediazione, 13/N
capaci di coniugare il patrimonio artistico, i beni storici e la produzione culturale con il loro valore pubblico, dando accesso a un reddito dignitoso e a diritti esigibili. Ma di questo, nel discorso del G20 al Colosseo, non c’è traccia. 14/END
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Minithread: Crisi climatica e Covid-19: se il buongiorno si vede dal mattino, non arriviamo a sera. 0/N
Il rapporto dell'#IPCC2021ipcc.ch/assessment-rep… sta giustamente suscitando allarme e discussioni. Che a queste seguano i fatti necessari, è un altro paio di maniche. 1/N
La pandemia ha mostrato quanto sia difficile, per ignoranza e/o interesse, fare fronte a tre tipi di rischi – tipici dei sistemi complessi – che mi pare accomunino i due problemi. 2/N
Il commento di Calenda ai tweet di Montanari e Lerner riporta al centro il tema del conflitto sociale. Calenda, come molti altri, lo teme. Il conflitto sociale, il riconoscimento di interessi e divergenti, l’organizzazione collettiva di questi interessi, sono tabù. 1/N
Chi li evoca – cioè chi parla di classi, di conflitto di classe, di “padroni” – è automaticamente etichettato come fuori dal tempo o, come nelle parole di Crosetto, come cattivo maestro. Ma è proprio la negazione del conflitto sociale a essere sbagliata. 2/N
Il senso comune, sosteneva Antonio Gramsci, è la concezione del mondo in cui si sviluppa l'individualità morale dell'uomo medio. Dalla casalinga di Voghera, al Leghista di Voghera: come è cambiato il senso comune in Italia? 1/N
Il senso comune funziona da verità del «buon senso» e della saggezza popolare, ma deriva in realtà dalla concezione del mondo della classe dominate e (con Louis Althusser) degli apparati ideologici (e della loro evoluzione). 2/N
Thread. Senza critica. La nuova destra in Europa e il mito della responsabilità individuale.
Oggi su Il Manifesto. ilmanifesto.it/la-nuova-destr… Qui con contenuti extra, 0/N
Ma quali significati, valori e priorità si associano a questa auto-collocazione? I risultati sono piuttosto interessanti, anche se non sorprendenti, e corrispondono alla tesi centrale dell’ultimo lavoro di Marco D’Eramo, “Dominio”. 2/N
Uno studio recente della Fondation pour l'innovation politique si intitola «La conversione degli europei ai valori di destra», ed esamina lo smottamento in quattro paesi, in particolare: Francia, Germania, Italia e Regno Unito. L'auto-posizionamento a destra 1/N
è in testa in tutti e quattro i paesi studiati: il 44% degli italiani si descrive come di destra (31% come di sinistra), contro il 40% dei britannici (25% come di sinistra), il 38% dei francesi (24% come di sinistra) e il 36% dei tedeschi (26% come di sinistra). 2/N
Thread. Letta, i giovani, la fiscalità e i rischi del politicismo. Mio pezzo oggi su Il Manifesto. Qui con Thread di accompagnamento e goccia d’acqua sull’articolo a testimonianza della colazione. 0/N
Perché vediamo sempre le stesse facce nei talk-show politici? Perché discussione pubblica sulle politiche è sempre soverchiata dalla politica? Perché negli altri paesi sui giornali si leggono ottimi articoli sul merito delle politiche, mentre qui “tutto è politica”? 1/N
Perché è morta la sfera pubblica, sostituita dall’opinione pubblica mediatizzata. Perché non ci sono più corpi (e luoghi fisici) intermedi, capaci di articolare e rappresentare interessi, bisogni, conflitti e domande sociali. È la politica disintermediata. 2/N