Il primo provvedimento legislativo razziale assunto dal regime fascista fu il RD-L 4 settembre 1938, n. 1381- "Provvedimenti nei confronti degli ebrei stranieri”. Vietava loro di poter fissare dimora in Italia.
A quelli già presenti sei mesi di tempo per lasciare il Paese.
Seguirà il RD-L 17/11/1938, n. 1728 con i provvedimenti per la difesa della razza italiana.
Congresso di Verona del Partito Fascista (14-16 novembre 1943.
Al punto 7.
"Gli appartenenti alla razza ebraica sono stranieri. Durante questa guerra appartengono a nazionalità nemica".
I tedeschi entrarono a Bergamo il 10 settembre 1943. Era pomeriggio quando una colonna autotrasportata proveniente da Brescia si unì ai soldati tedeschi già presenti al campo di aviazione di Orio al Serio. Centinaia di uomini, con molte armi.
E autoblindo, con bocche da fuoco.
Fu la circolare n. 5 del 1 dicembre 1943 a far scattare gli arresti a Bergamo.
I primi 17 furono catturati nei primi tre giorni e inviati il 23 febbraio 1944 al campo di Fossoli.
Il 5 aprile la partenza con destinazione Auschwitz.
Inviati direttamente alle camere a gas.
A Bergamo e provincia si organizzarono gruppi di ebrei per la fuga verso la Svizzera.
Quelli che non riuscirono a fuggire trovarono rifugio nelle baite di montagne protetti dalla popolazione. Altri in comunità religiose.
Come i sei ebrei protetti dalle Suore Poverelle.
Erano sei i figli della famiglia Nacamulli, ebrei di origine greca.
Guido, Mario, Vittorio, Edith, Jolanda e Lilly.
Furono i tre figli maschi a trovare rifugio nell’Istituto Palazzolo dalle suore.
A operare la retata fu una squadra della Gnr comandata da Alessandro Ghisleni
Alessandro Ghisleni, nato a Bergamo il 9 settembre 1902.
Iscritto al Pnf con la qualifica di squadrista.
La sua “caccia all’ebreo” non era ubbidienza agli ordini o “zelo burocratico”.
Lui gli ebrei li odiava proprio. Queste le sue parole.
Prima di proseguire con la storia dei tre fratelli Nacamulli, dobbiamo aprire una parentesi.Nella persecuzione degli ebrei emerge un dato inquietante. Per i sei fratelli e per moltissime altre storie di ebrei deportati il comune denominatore fu la delazione di cittadini italiani.
Fu infatti l’ennesima delazione a far scattare la perquisizione dell’Istituto Palazzolo da parte della GNR fascista.
I sei ebrei vennero deportati ad Auschwitz il 24 ottobre 1944.
I tre fratelli, Vittorio, Guido e Mario, morirono di fame, freddo e malattia.
Delazione.
Come per la famiglia Sonnino, commercianti.
Papà Amleto, mamma Marianna e i figli Ilva e Palide. Catturati e deportati ad Auschwitz.
Mamma Marianna morì nelle camere a gas.
Ilva (nella foto) e Paride riuscirono a tornare per morire nello stesso anno. Papà Amleto due anni dopo.
Delazione.
Anche per la famiglia Levi di Ambivere.
Papà Guido Levi, la moglie Emma e le figlie. Nora, Laura e Chiara.
Nel 1931 avevano lasciato Cesano Maderno per rilevare la vecchia farmacia Fumagalli di Ambivere.
La famiglia Levi era molto amata dalla popolazione.
Nel 1939 Guido Levi aveva fatto anche domanda alla prefettura di Bergamo per ottenere il provvedimento di discriminazione che gli permettesse di continuare l’attività anche se ebreo.
Le tre figlie erano state battezzate dal vescovo di Bergamo Adriano Bernareggi.
Visti i pericoli Guido aveva fatto venire da Genova le sue due sorelle, Lia Marta ed Elda e la sorella della moglie Ada. Dopo l’8 settembre aveva capito il pericolo e aveva cercato di convincere la famiglia a fuggire. Inutilmente.
Si ammala e muore l’8 ottobre 1943.
Le donne si rifiutarono di scappare e il primo dicembre 1943, per la solita delazione, vennero arrestate dai carabinieri di Ponte San Pietro.
Tutte le donne della famiglia Levi vennero trasferite al campo di Fossoli.
E da lì inviate ad Auschwitz il 5 aprile 1944
Per coloro che ritengono le leggi razziali “all’acqua di rose”.
Ada Tedeschi aveva sessant’anni. Fu uccisa all’arrivo ad Auschwitz.
Emma, Elda e Lia giorni dopo nelle camere a gas.
Nora e Clara moriranno a Bergen Belsen il 31 maggio 1945. Dopo la liberazione del campo.
Le due giovani donne avevano dovuto affrontare la marcia della morte, il trasferimento da Auschwitz. Cosa è stata quella marcia per uomini, donne e bambini lo dobbiamo a chi è sopravvissuto.
Come Arianna Szorènyi.
Le donne della famiglia Levi morirono tutte.
Tutte tranne Laura.
Era malata, con febbre altissima e non venne costretta a intraprendere la marcia della morte.
Verrà abbandonata a Birkenau. "Tanto morirà presto", pensarono i suoi aguzzini.
Ma si salverà e tornerà a casa.
Maria era una sua amica.
E racconta così il suo ritorno.
Laura non poteva sapere come fosse morta Nora.
Ma una volta tornata non era più la Laura di un tempo. Quello che aveva passato e visto era stato troppo per la sua testa. Al ritorno cercò di vivere.
"Aveva sempre freddo e quando sorrideva il suo sguardo era perso nel vuoto".
E’ morta il 10 gennaio 1984. Un giorno freddissimo. Ricordate Ilva Sonnino? Si recò da Laura che ricordò di aver conosciuto la sua mamma ad Auschwitz.
Alla domanda: “Secondo te perché non è tornata?” Laura iniziò a urlare “No…no…no”.
Attorniata dai suoi fantasmi.
E la farmacia della famiglia Levi?
Quando furono arrestati i beni della famiglia Levi furono assegnati ad altri.
La farmacia di Ambivere, il fabbricato, il mobilio e l’arredo.
Più un lungo elenco di cose che vennero distribuite dal capo della provincia il 28 febbraio.
Come ho già scritto Laura Levi tornò da quell’inferno, ma non si riprese mai più.
Non riuscì a tornare a una vita normale.
E non riuscì a riavere i beni della sua famiglia, tra cui la casa e la farmacia del papà.
Inghiottiti, come la sua famiglia, da leggi "all'acqua di rose".

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22 Oct
Mi chiamo Emma.
E in quei giorni d’inverno del 1943 continuavano a ripetermi di scappare, di fuggire, ma io non ne volevo sapere.
Chi mai avrebbe voluto fare del male a una donna di sessantasette anni e a sua figlia Anna, trent’anni, con una rara e grave forma di epilessia?
Abitavamo a Este, in via Macello.
E quella mattina eravamo uscite di casa come al solito, incamminandoci verso il nostro negozio di merceria in via Roma.
Ricordo che era un sabato.
E di sabato a Este c’è il mercato.
Poche bancarelle, tempi magri per il commercio.
La guerra durava ormai da tre anni.
Però il Natale si avvicinava.
«Forse ci scappa qualche soldo», per questo avevamo abbellito la vetrina con le statuine del presepe.
Avevamo appena aperto, quando un carabiniere entrò nel negozio.
Vedemmo subito che era impacciato.
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21 Oct
Lo so, sono cose che non dovrebbero accadere. Però è successo. Cosa avrei dovuto fare? Urlare al mondo l’ingiustizia subita? Quello fu solo la logica conseguenza. Ai miei tempi il sistema scolastico cercava persino di scoraggiare le ragazze dallo studio delle materie scientifiche
E se qualcuna si impuntava e voleva assolutamente iscriversi all’università, le venivano richiesti voti più alti rispetto ai maschietti. Assurdo, vero?
Comunque. Cominciamo dall’inizio.
Sono nata a Belfast il 15 luglio 1943.
E sono una di quella ragazze che puntarono i piedi.
Il mio interesse per l’astronomia? Lo devo a papà.
No, non era un astronomo, e non mi aveva nemmeno trasmesso una sua passione. Era solo un architetto. Speciale però, perché aveva partecipato alla costruzione dell’Osservatorio di Armagh, nell’Irlanda del Nord.
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19 Oct
Cinque giorni fa ho compiuto quarantotto anni.
Oggi faccio il pilota di auto, ma non posso dimenticare quel giorno. Alla mia ultima Olimpiade.
Avevo solo 29 anni, ma senza più futuro in quella specialità a causa dei troppi infortuni.
E il pensiero corre a quel giorno.
A cosa sto pensando?
In attesa della gara dei quarti di finale della mia gara olimpica sui 1000 m. dello short track ripenso alla mia carriera, a quello che è stato e a quello che avrebbe potuto essere.
Se non ci fosse stato quel brutto incidente.
Se oggi non lotterò per una medaglia è colpa di quell’episodio. Non sono più competitivo. Difficile persino superare il turno.
Sono alle Olimpiadi di Salt Lake City del 2002, prossimo al ritiro. Mi è costato arrivare qui. Costretto persino a lavorare per avere i soldi necessari.
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16 Oct
Perché avevo lavorato anche in quella viglia di Natale del 1944?
Perché qualche soldo faceva comodo alla mia famiglia, ma non solo.
Malgrado il lavoro duro, mettevo i sassi per rifare le strade, qualche soldino mi avrebbe permesso di soddisfare un desidero.
Andare al cinema.
Era quello che avrei fatto quella sera. Tornato a casa, avevo cenato frettolosamente e poi mi ero messo l’abito della festa. Il cinema era a Lovere, il Conti, dal nome del suo proprietario, anche se noi lo chiamavamo Cinema Maino. Stavo per uscire quando papà mi richiamò indietro
“Bortolo, togli quel fazzoletto rosso al collo. E’ pericoloso con tutti quei fascisti in giro”.
Per non contrariarlo tolsi il fazzoletto e lo misi in tasca. Abitavo a Branico, frazione di Costa Volpino, dove ero nato l’8 ottobre del 1926.
Da lì mi recai a Lovere. Al cinema.
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15 Oct
"Le leggi razziali? Applicate all'acqua di rose".
L'acqua di rose è un'essenza. Delicata.
Il fosfuro di zinco invece è un composto chimico inorganico.
Ingerito, a contatto con i succhi gastrici, produce fosfina (fosfano).
Altamente tossico.
La conobbi nel 1913.
Era iscritta alla facoltà di Matematica dell’Università di Ferrara e poi si era trasferita a Firenze per frequentare i corsi di Zoologia e Botanica della facoltà di Medicina.
La conobbi lì e dopo una breve frequentazione ci fidanzammo.
Lei, la mia Enrica.
Era nata a Ferrara il 10 novembre 1891, ultima di quattro figli.
Ero con lei quando si laureò in Scienze naturali il 1º luglio 1914 con una tesi «Sul comportamento del condrioma nel pancreas e nelle ghiandole salivari del riccio durante il letargo invernale e l’attività estiva».
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14 Oct
"Le leggi razziali? Applicate all'acqua di rose".
L'acqua di rose è un'essenza e non risulta che l'uso sia associato a rischi per la salute.
"Le leggi razziali? Applicate all'acqua di rose?". Nessun rischio per la salute?
Questo lo dite voi.
Mi chiamano “Moretto” perché da piccolo ero scuro di capelli.
In realtà il mio nome è Pacifico Di Consiglio, nato a Roma il 10 giugno 1921.
Vivo in via Sant’Angelo in Pescheria, numero 28, a due passi dal Tempio Maggiore, nel cuore del Ghetto.
Come li ricordate i vostri diciassette anni? Felici? Spensierati? Beati voi.
Oggi, nel 1938, quello che «ha fatto anche cose buone» «all’acqua di rose» ha pensato bene di cacciare dalle scuole e dai posti di lavoro quelli come me.
Ebrei, insomma.
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