John Dewey.
Probabilmente il pensatore educativo più influente del '900, così influente che spesso il suo pensiero ha finito per diluirsi e perdere l'originaria incisività.
Proviamo a recuperarla in un
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Nato nel 1859, fondatore e direttore della Laboratory School dell'Università di Chicago nel 1896, maturerà da lì un interesse per l'educazione che manterrà anche alla Columbia, dove resterà dal 1906 alla morte a 92 anni passati. Ma Dewey non sarà mai un pedagogista
Di formazione è un filosofo, che dopo una tesi di stampo idealista (gli USA nel pensiero occidentale erano ancora periferia, e smetteranno di esserlo anche grazie a lui) passa con decisione al pragmatismo, legando il valore di verità della conoscenza al suo ruolo nell'azione
Una relativizzazione quanto più possibile lontana in quella che vede nello spirito il principio della realtà, o forse non così tanto? Resta l'idea-cardine che la conoscenza è un atto creativo, e di conseguenza che solo chi sta conoscendo può insegnarsela
Da qui fiorisce tutto l'attivismo deweyano, in connessione con le più aggiornate tendenze educative coeve (non ultima Montessori, che Dewey introduce in una delle sue conferenze a New York pur non essendo un simpatizzante)
L'educazione è scoperta, imparare vuol dire ripercorrere il processo che ha condotto a una conoscenza per la prima volta, e quindi rinnovare e cambiare un po' ogni volta il "capitale consolidato" della conoscenza condivisa
La scuola, agenzia che deve introdurre i nuovi membri a idee e comportamenti condivisi dalla società, non è luogo di trasmissione passiva di contenuti, ma luogo di maturazione dei metodi affinché la collettività in cui si è introdotti possa essere costantemente cambiata
La scuola dunque non è mai solo un posto dove chiudere ragazzi e ragazze fino a una certa età, ma soprattutto "centro sociale", riferimento per le esigenze culturali e conoscitive di tutta una comunità. Esigenze che accompagnano la vita di ognuno
Perché imparare è vivere, e non c'è apprendimento efficace se non fatto durante la vita pulsante e vera, non passivamente per obbligo ma per soddisfare i propri interessi e raggiungere gli obiettivi a cui si crede intimamente
Già da questo schizzo delle ragioni per cui l'educazione coincide con la vita emerge l'altro parallelo domante nel pensiero deweyano: educazione e vita sono descrivibili, nella loro accezione più piena, come partecipazione a una società democratica
Non a una democrazia puramente formale, certo, ma a quella in cui effettivamente tutta una comunità partecipa attivamente e costantemente, attraverso un rapporto continuo e intenso con rappresentanti e istituzioni, alle decisioni collettive
Una democrazia intesa in questo senso non può prescindere dall'educazione: solo una società in cui ogni individuo ha imparato ad apprendere costantemente lezioni dalla vita e soprattutto dai suoi errori può reggere un sistema di questo tipo
Un sistema decisionale in cui per ciascuno l'unico limite è l'onestà intellettuale di ammettere che la proposta di qualcun altro funziona meglio, e quindi di mutare le proprie idee e convinzioni verso il meglio
Del resto, solo in un ambiente democratico si può vivere un processo di educazione piena come Dewey lo intende, perché solo in un sistema sociale privo di autorità precostituite l'esperienza di prova ed errore tipica dell'educazione come vita può dipanarsi
Queste idee, rilette oggi, dovrebbero far riflettere i Burioni di turno. Non ha senso dire che "la scienza non è democratica", perché è la democrazia a dover essere per quanto possibile un'esperienza scientifica
Proprio perché la velocità della luce non si decide a maggioranza, un Parlamento che decide di farlo è innanzi tutto un Parlamento che non funzjona. Ma d'altro canto la conoscenza scientifica non è preclusa a nessuno che si impegni una vita ad acquisirla
Certo, finita la parte più "inspirational" del pensiero di Dewey, emerge qualche domanda critica. Come trasformare tutto questo in una didattica? Dewey steso ha criticato i tentativi dei suoi allievi di chiudere in una classe quella che doveva essere un'esperienza sociale totale
E poi, queste idee hanno un evidente contesto dietro. Quello di una società come gli USA, in cui le procedure democratiche formali sono un dato scontato, come era scontata (almeno per i bianchi, ma non solo, già all'epoca) la scolarizzazione universale
In uno scenario diverso Dewey avrebbe dovuto avere punti di partenza diversi.
Ma un aspetto va considerato. Dewey scrive il suo capolavoro "Democracy and Education" nel 1916, nel pieno del dibattito sull'intervento nella Grande guerra, a cui è favorevole
E continuerà a riflettere sulla democrazia fino alla Seconda guerra mondiale, anche di fronte alla sfida dei fascismi (ma guardando con favore agli esperimenti dell'URSS degli anni '20, dove andrà per conferenze)
La sua domanda di partenza, insomma, è per quale ragione difendere e promuovere la democrazia, e quale democrazia promuovere, in un momento in cui in tutto il mondo essa sembra soccombere alla sfida di sistemi alternativi
La possibilità di rinnovarsi, seguendo lo sviluppo social e culturale, quella di correggersi, e la garanzia di un'esperienza di vita piena e libera per tutte e tutti sono valori universali per cui vale la pena combattere e che solo una piena democrazia offre
Questo è vero negli USA, dove forse oggi qualcuno dovrebbe rileggere le pagine deweyane sul rapporto tra democrazia formale e sostanziale, prima di qualche dichiarazione inconsulta
Ma è vero ovunque si voglia impiantare un regime libero e democratico, anche nell'Italia post-1945, dove Dewey ha stimolato le più decise e autorevoli voci riformatrici della cultura educativa e politica, nel PdA e poi nel PSI
E oggi è proprio leggendo suoi interpreti come Borghi e Codignola, in un contesto di democrazia ancora tutto da definire, che si recuperano fino in fondo radicalità e intransigenza di un messaggio spesso "addomesticato" da un'America un po' troppo "borghese"
*1904
*da quella

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