La conversazione tra @VaniuskaR e @christianraimo sul volume di Mastrocola e Ricolfi, che invito a leggere (la conversazione, sia chiaro...) mi ha stimolato, a partire dai materiali di una mia vecchia ricerca, un piccolo
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Come è stato già fatto notare, uno dei punti salienti della critica al volume riguarda la necessità di "fare pace" con la storia della nostra scuola, ovvero di guardare ad essa criticamente invece di lasciarsi sommergere dalle impressioni personali
Quando si parla del cruciale nodo della riforma della scuola secondaria inferiore per potenziare l'obbligo e aprire alla prosecuzione degli studi, questo è tanto più vero
E non solo perché altrimenti si rischia di avere nostalgia per una scuola che strutturalmente escludeva oltre il 70% di ragazze e ragazzi, ottenendo i buoni risultati di alcuni (assai meno di chi la concludeva) al prezzo di un fallimento sistemico
Mi riferisco, in particolare, al fatto che l'effetto dirompente della riforma del 1962 è spesso difficile da percepire perché sta tutto in una previsione e in un'idea delle dinamiche sociali (e quindi in uno sforzo progettuale) sbagliate
Il ministro della Pubblica istruzione a cui si deve la bozza di progetto poi modificata , dopo laboriosi compromessi, nel 1962, era l'indipendente della DC Giuseppe Medici, economista agrario vicino a Einaudi e alle correnti più "tecnocratiche" della diplomazia culturale USA
Era ministro, peraltro, nel governo monocolore con cui Antonio Segni cercava di promuovere una stretta via "conservatrice" alle riforme ormai urgenti
Che ormai esse fossero improcrastinabili era chiaro a tutti, e del resto la crescita economica galoppante del decennio precedente metteva a disposizione risorse che il predecessore di Segni, Fanfani, aveva stanziato su diversi capitoli di intervento in vista del centro-sinistra
(Si potrebbe quasi pensare che la crisi di governo e l'ascesa di Segni a Palazzo Chigi fossero il prodotto del timore dei dorotei che tutti quei soldi non fossero gestiti solo da mani amiche, ma ora come ora si rischierebbe di attualizzare indebitamente...)
Esse, però, dovevano essere messe a punto senza il coinvolgimento delle sinistre, e con l'obiettivo di rafforzare gli assetti sociali esistenti attraverso la diffusione del benessere e l'apertura della promozione sociale, più che perseguendo maggiore uguaglianza
Così la scuola media di Medici si inseriva in un sistema complessivo che prefigurava l'ormai chiara tendenza alla prosecuzione generale degli studi dopo i 14 anni che la riforma avrebbe promosso, ma che manteneva su più alti livelli educativi le differenze precedenti
Nella sua presentazione generale, infatti, il poco più di 20% di studenti che otteneva il diploma di scuola superiore sarebbe rimasto tale, mentre del resto di ragazzi e ragazze oltre l'80% sarebbe andato in istituti professionali, sviluppo strutturato dell'"avviamento"
In questa idea si vedeva il taglio di un conservatore sui generis, che proveniva da una formazione tecnica e che era meno reverente dei suoi predecessori verso primato dell'istruzione classica: il tipo giusto per potenziare l'istruzione di agricoltori e operai specializzati
Ma non era solo quello: a guidare Medici erano anche i risultati di uno studio di previsione del fabbisogno di manodopera dell'economia italiana fino al 1975 commissionato alla SVIMEZ e in particolare al gruppo di Gino Martinoli
Lo studio, presto divenuto parte di una sperimentazione mediterranea dell'OECE e poi finito ad alimentare l'ufficio studi della neonata OCSE, era pionieristico per quella che proprio allora si iniziava a chiamare teoria del capitale umano
Aveva in effetti molti aspetti di innovazione (per esempio ponendo per la prima volta nel discorso pubblico italiano la crescita degli studenti come opportunità di crescita e non come peso), ma era imbevuto dell'ottimismo da teoria dello sviluppo presto contraddetto dai 1970s
Ed ecco che allora l'idea di una elevazione generale dei livelli di studio per fornire personale più preparato a un sistema produttivo immaginato come quello corrente si infranse quasi subito dopo la riforma del 1962
Niente di quello che si dava per scontato si avverò: non la prosecuzione generalizzata dopo il 14 anni (nel 1970 solo il 50% studiava fino alla maturità, e quasi trent'anni dopo si sarebbe arrivati sopra quota 80)...
non l'affollamento degli istituti professionali da parte di chi prima non continuava, perché chi studiava dopo i 14 anni sceglieva soprattutto gli istituti tecnici e poi, con sempre maggiore frequenza il liceo scientifico
Sicuramente, il mancato intervento organico sulla secondaria superiore e il mancato investimento sui professionali dei successori di Medici sono le ragioni esteriori di criticità più profonde
La scuola riformata restava in bilico tra difficoltà di accesso ai livelli superiori di studio dovuti a disuguaglianze sociali che il rallentamento della crescita aveva riportato alla ribalta, e un ruolo di pressoché unica speranza di promozione e realizzazione sociale
Sembravano insomma essere più vicine al vero le previsioni sull'idea di scuola nella società contemporanea avanzate (forse troppo timidamente) dai socialisti "deweyani" come Codignola e (forse troppo tardi) dagli estensori della proposta di scuola media del PCI
La difficoltà a tornare sul tema se non per interventi puntuali, però, renderà questa cultura di rinnovamento e democratizzazione delle istituzioni scolastiche efficace solo come ispirazione di iniziative individuali e locali
Iniziative interessanti e spesso riuscite, che però difficilmente sopravvivevano a chi le iniziava, e che oggi potrebbero essere recuperate nella mappatura della galassia dell'educazione democratica per dare nuova linfa al presente
Chiudo qui questo spaccato minore della nostra storia, che pure può dirci tante cose di come siamo arrivati a ora, e dei nodi irrisolti che spesso spingono chi (più o meno) sinceramente cerca progresso a rifugiarsi in un passato scolastico immaginato
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Spigolature dalla relazione di ieri a Bologna, su università fascismo, per la commemorazione del 90° anniversario del rifiuto del giuramento di fedeltà del 1931 da parte del clinico bolognese Bartolo Nigrisoli
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1) Nella legislazione fascista sull'università, l'imposizione del giuramento non è un fulmine a ciel sereno, ma ha un prima, un dopo e anche un durante. Da un lato, è il punto culminante di un percorso di crescente controllo governativo sulla vita degli atenei
Un percorso iniziato con la riforma Gentile del 1923, che di fatto annulla le conquiste della comunità accademica in termini di partecipazione all'elezione dei suoi rappresentanti e alle pratiche di reclutamento per tornare alle nomine ministeriali e alla centralizzazione
Mentre i libberali italiani e non si fanno le pippe con la storia della #cancelculture e dei suoi crimini (che generalmente gratti un po' e sono azioni disciplinari dovute contro atteggiamenti criminali), arrivano le minacce vere allo studio della storia negli USA 👇
Oggi l'@AHAhistorians, con un messaggio del suo executive director @JimGrossmanAHA, fa sapere ai suoi membri quanto segue: 👇
"In 27 states, legislators have introduced bills that seek to limit teaching the history of racism; eight of these proposals have already become law....
Meglio chiarire che l'attacco di gente come Ricolfi e Mastrocola non è alla scuola pubblica in quanto tale.
Forse è peggio ancora
MiniTRHEAD👇👇👇
La scuola che in Italia respingere l'80% degli studenti dopo la primaria (e qualcuno anche prima) era statale, in larga maggioranza, almeno dagli anni '90 dell'800.
Del resto, da Casati a Gentile, l'impegno pubblico nella scuola secondaria nasceva in prospettiva prima secolarizzatrice che egualitaria, e questo fino al secondo dopoguerra non era vero solo qui
Sergio Mattarella ieri, al conferimento della laurea honoris causa in Relazioni internazionali a Parma:
"La rete delle università è riuscita tuttavia a rimanere fitta quasi ovunque, pur se si è fatta strada l’idea insidiosa che soltanto il perseguimento dell’eccellenza...
...possa rappresentare il futuro dell’alta formazione; talvolta con la spinta a concentrare le risorse su pochi Atenei, rischiando di riprodurre implicitamente un modello di formazione destinata soltanto ad alcuni....
Per le università... il metodo migliore resta, invece, la costante ricerca della connessione tra la selezione e la valorizzazione delle eccellenze da un lato, e l’impegno continuo per l’ampliamento e la diffusione delle conoscenze dall’altro....
Nell'ossessione anti-#smartworking c'è tutta la cultura di una classe dirigente politica ed economica allergica al rischio (vuoi mica che gli investimenti fatti pensando al passato vadano male per un cambiamento socio-culturale che favorirà altri attori?)...
...incapace di distinguere l'interesse generale dagli interessi costituiti che ha materialmente sotto gli occhi (locali del centro, che per definizione vanno coccolati più di quelli non in centro, immobiliare...)...
...priva di una visione dinamica di una società che per questo, e per colpa sua, non cresce da almeno trent'anni (l'economia "gira" nei consumi immediati e obbligati, non in strutturati investimenti migliorativi)...
Quanto poco basta a fare fessa la gente. Tipo lamentarsi che le cose vanno esattamente come vuoi tu, con l'unica differenza che tu dovresti essere piantata in un ufficio tecnico del ministero, non in mezzo a quelli che vorresti impalare
tweet come questo servono apposta a sfondare i confini del proprio pubblico. La lamentela (per quanto poco centrata, perché non descrive lo standard dei contratti di docenza) è legittima, fatta da un'altra persona sarebbe un contributo accettabile alla discussione...
...di una gestione che effettivamente fa acqua come ripetiamo da anni. Ma la fa lei, in media l'utente di Twitter non la conosce, vede che altre persone che non la conoscono, come @tomasomontanari, la retwitta per sensibilizzare su un tema reale...