Quest'anno ne avrebbe compiuti 100, ci ricorda oggi Farnè su @rivistailmulino. Pedagogista e attivista educativo degli e per gli oppressi, ma il cui messaggio dovrebbe dire tanto anche a chi, nel mondo, oppresso non è: Paulo Freire
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Figlio del Brasile e di quel ceto medio a cui la crisi del '29 spezza le ossa riportando l'America Latina nel vortice delle tensioni e degli autoritarismi, guarda il mondo da Sud, cioè da una prospettiva che nel dibattito intellettuale che conta era (è?) merce rara
Vive in un paese libero, eppure dipendente da ogni colpo di tosse del Nord ricco; vive un'età di espansione dell'esperienza scolastica, eppure anche dietro lo sforzo generoso di educare può vedere in filigrana il perpetuarsi dei rapporti di forza costituiti
A tematizzare questo aspetto lo aiuta la scelta di dedicarsi allo sforzo di alfabetizzare gli adulti: quel tipo di allievi, infatti, presuppone un rapporto diverso che con i bambini, per i quali ogni adulto può essere un modello degli obiettivi per la piena maturità
Un adulto ha già un suo vissuto, un suo bagaglio di esperienze e conoscenze che spesso può e vuole condividere, e l'insegnante non è quello che sa tutto, ma quello che sa qualcosa e lo offre in cambio di una storia, come si fa tra compagni di viaggio
E questo tanto più in una situazione in cui saper leggere e scrivere significa soprattutto poter votare e fare politica, al punto che il golpe del 1964 pone fine all'esperienza di educazione per gli adulti e costringe Freire all'esilio in quanto attivista radicale
Ed è dal confronto col mondo nella permanenza forzata all'estero, col mondo del Sessantotto libertario, critico e antiautoritario e della decolonizzazione ormai piena, che Freire mette a punto le sue idee principali
Un rapporto educativo meccanico e strumentale tende a ricalcare le linee di faglia dell'oppressione e a naturalizzare rapporti di comando e sottomissione, perché l'oppressione è il colto che elemosina l'oppresso di un sapere indispensabile e quest'ultimo lo deve anche ringraziare
Una possibile soluzione è la rivolta violenta, certo, e in qualche caso è legittima e funziona anche. Ma il rischio dietro l'angolo è che l'oppresso prenda i metodi, e con essi le convinzioni, dell'oppressore, e soprattutto non spezzi del tutto i fili della dipendenza culturale
Basta vedere, appunto, a quanto faticano i paesi postcoloniali a farsi davvero indipendenti, per competenze e cultura ma anche, semplicemente, per l'uscita dalla dipendenza culturale dai paesi dominanti di cui parlano la lingua
La soluzione è quindi innanzi tutto quella di rendere meno meccanica l'alfabetizzazione, facendone veicolo di "coscientizzazione", ovvero di individuazione e comprensione critica dei nodi problematici
L'approccio a una lingua e alle sue forme espressive, quindi, non avviene dando ogni significato per scontato, ma discutendolo, in un rapporto tra docente e studente che non può che essere da pari a pari
Tutti, anche gli analfabeti, hanno un loro bagaglio culturale, dicevo, e l'insegnamento non comporta mai la sua cancellazione, ma anzi la sua valorizzazione attraverso il confronto. Alfabetizzarsi non vuol dire dimenticare chi si è ma trovare nuove forme per dirlo
La cultura condivisa risultante da questo processo diventa allora la base comune per "decodificare", comprendendoli da entrambe le parti, i rapporti di forza che si davano per scontati, e per rielaborarli fino a cancellarne l'aspetto intrinsecamente violento
Ma, dicevo, cosa può dire oggi questo pensiero così anni '70, così inserito in un contesto di sforzo emancipativo che sappiamo avere avuto successo solo in parte? E cosa può dire a noi, che oppressi in fondo non siamo, quantomeno non come chi davvero può fregiarsi del titolo?
Il primo elemento è il legame con quell'humus culturale latinoamericano, quello della teologia della liberazione e delle teorie del sottosviluppo, di cui Freire rappresenta senz'altro il côté pedagogico
Un contesto di stimoli e spunti in cui sicuramente si è formato, certo con l'atteggiamento mooolto moderato di chi ha è sempre stato uomo di potere, chi siede oggi in Vaticano: magari tenerne conto aiuta a capirlo quando spiazza tutti nel bene e nel male
In secondo luogo, il ruolo che nella rivoluzione di Freire hanno linguaggio, espressione, parole, significati, dovrebbe aiutarci a capire meglio chi sbatte la testa su forme espressive e segni ortografici
Non è necessario condividere ogni proposta che viene da quelle parti, ma non è il caso di avere dubbi su chi ci aiuta a riflettere criticamente su quel che esprimiamo e, quindi, pensiamo come scontato, tra loro e il primo vicedirettore del Foglio che scrive stronzate
Del resto l'opera principale di Freire, La pedagogia degli oppressi (1970) è liberamente disponibile in italiano in pdf. Leggerla non fa certo male we.riseup.net/assets/106186/…
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Il pedagogista di Stalin, ma non da subito. Bolscevico, ma non sfegatato. Elabora idee incomprensibili nel loro contesto eppure di respiro universale. Più il sistema in cui operava appare fallito, più trova ascolto nella pedagogia sociale: Anton S. Makarenko
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Ucraino del 1888, nato in una famiglia operaia di orientamenti democratici, viene sorpreso da rivoluzione e guerra civile quando è insegnante di scuola, e a tutta prima pur accogliendo di buon grado il nuovo potere non è tra gli entusiasti, ed entrerà nel partito solo più avanti
La tragedia della rivoluzione bolscevica e delle sue conseguenze immediate, che in Ucraina sono pesantissime perché si incrociano con quelle del crollo del fronte della Grande guerra, gli mettono davanti però lo scenario in cui scoprirà la sua vocazione
Messo costantemente in ombra dall'ingombrante carisma del "maestro" (ma di poco più anziano) Gentile, svolge un ruolo di raccordo essenziale tra "i due Novecento" della pedagogia italiana: Giuseppe Lombardo Radice
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Catanese del 1879, studia Filosofia a Pisa grazie al posto in Normale, bazzicando, nell'Italia del pieno positivismo, i corsi sull'idealismo di Jaja, dove a volte si vedeva un giovane laureato di 5 anni più grande, siciliano anche lui
Dopo la laurea nel 1901 e un corso di perfezionamento all'Istituto di studi superiori di Firenze, terminato nel 1903, inizia l'insegnamento medio, che però a differenza del più anziano collega non sarà subito un trampolino per l'università
John Dewey.
Probabilmente il pensatore educativo più influente del '900, così influente che spesso il suo pensiero ha finito per diluirsi e perdere l'originaria incisività.
Proviamo a recuperarla in un
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Nato nel 1859, fondatore e direttore della Laboratory School dell'Università di Chicago nel 1896, maturerà da lì un interesse per l'educazione che manterrà anche alla Columbia, dove resterà dal 1906 alla morte a 92 anni passati. Ma Dewey non sarà mai un pedagogista
Di formazione è un filosofo, che dopo una tesi di stampo idealista (gli USA nel pensiero occidentale erano ancora periferia, e smetteranno di esserlo anche grazie a lui) passa con decisione al pragmatismo, legando il valore di verità della conoscenza al suo ruolo nell'azione
Intellettuale raffinato che si è sempre impegnato nell'insegnamento sul campo, cattolico democratico pronto a trovare convergenze coi riformatori educativi laici, dalle idee chiare ma non fanatico, e forse per tutto questo oggi poco noto al dibattito. Luigi Pedrazzi
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Eppure è suo il primo articolo del primo numero di @rivistailmulino, a fine 1951. Pedrazzi, che del Mulino è tra i fondatori con altri giovani bolognesi, si è appena laureato in Filosofia e di lì a poco inizierà l'insegnamento secondario. E nel suo pezzo parla di scuola
L'inchiesta tra gli addetti ai lavori promossa anni prima dal ministro Gonella si è conclusa con la presentazione di un ddl che l'autore vede già affossato (non a torto): troppo ampio, e troppo poco incisivo per non scontentare nessun orientamento
Al di là degli esercizi intellettuali sulle questioni geopolitiche, etiche e strategiche poste dallo svolgimento delle guerre puniche, che hanno formato la cultura politica e militare occidentale, sfugge che si è trattato di eventi capitali di per sé, per vari aspetti 👇
La seconda guerra punica ha interessato tutta una regione politico-economica del globo tra le più popolate e avanzate del mondo, con un tasso di impegno umano simile a quello delle guerre mondiali (circa il 10% dei maschi adulti di tutta l'area erano in guerra contemporaneamente)
In una sola battaglia, Canne, uno degli eserciti ha perso tutti insieme tanti soldati quanti gli statunitensi ne hanno persi in Vietnam in oltre 10 anni, e striamo parlando delle forze armate espresse da una popolazione sui 4 milioni di persone a dire tanto
Al di là delle discussioni più o meno pertinenti sui curricoli scolastici, quel che colpisce è la convinzione di automatismo che pervade certe proposte. Quanto più espongo lo studente a una certa area disciplinare, tanto meglio e più approfonditamente la imparerà
(E se non ci sono questi risultati, è questo il corollario, sono problemi suoi, ché la scuola deve anche selezionare "i migliori" senza che la società si ponga il problema di inquadrarli, ed è meglio selezionarli in base slle materie "giuste"...
...del resto vediamo bene che il problema della nostra classe dirigente è di sapere troppo bene il latino, non di riprodursi promuovendo gente che alla maturità ha preso 62/100 in base a quanti orologi d'oro ha ereditato nel cassetto)