Il pedagogista di Stalin, ma non da subito. Bolscevico, ma non sfegatato. Elabora idee incomprensibili nel loro contesto eppure di respiro universale. Più il sistema in cui operava appare fallito, più trova ascolto nella pedagogia sociale: Anton S. Makarenko
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Ucraino del 1888, nato in una famiglia operaia di orientamenti democratici, viene sorpreso da rivoluzione e guerra civile quando è insegnante di scuola, e a tutta prima pur accogliendo di buon grado il nuovo potere non è tra gli entusiasti, ed entrerà nel partito solo più avanti
La tragedia della rivoluzione bolscevica e delle sue conseguenze immediate, che in Ucraina sono pesantissime perché si incrociano con quelle del crollo del fronte della Grande guerra, gli mettono davanti però lo scenario in cui scoprirà la sua vocazione
Migliaia di bambine e bambini, ragazze e ragazzi privi di scuola, famiglia, casa, costretti a vivere per le strade, rubacchiare e prostituirsi, completamente abbandonati a se stessi. Il loro recupero in colonie di accoglienza e correzionali sarà la sua palestra di vita educativa
E' di fronte a questa situazione apparentemente senza speranza che Makarenko scopre la forza di un'idea di rinnovamento completo della società, idea che in quel contesto è quella della partecipazione alla costruzione della società socialista
Se per la psicopedagogia attivista allora in pieno sviluppo in Occidente e ben conosciuta nell'URSS (dei viaggi di Dewey si è parlato, no) protagonista dell'educazione è l'individuo discente, per Makarenko il protagonista diventa il collettivo
Collettivo come gruppo organico, autogestito e responsabile a cui vanno assegnati, e su cui vanno tarati, compiti e risultati. Collettivo di studenti, che dovranno imparare insieme mettendosi l'uno al servizio di tutti, e collettivo di docenti, ciascuno con la sua funzione
E' nella responsabilità nei confronti del collettivo che ragazzi che sembravano perduti ritrovano la dignità, uno scopo, un contesto di relazioni interpersonali che rende di nuovo i loro sforzi degni di essere compiuti
Ed è nel collettivo che i docenti trovano la dimensione giusta per costruire, per assicurarsi che il loro operato produca valore e non diventi stanca ripetizione abitudinaria. A tutti collettivo offre identità e scopi, permette di interiorizzare la disciplina dei comportamenti
Soprattutto, il collettivo è la dimensione in cui l'educazione diventa "lavoro produttivo", perché è alla luce della fruizione che tutti i membri possono avere di essa, e non solo della possibile crescita individuale, che se ne percepiscono i risultati
In tutto questo, la prospettiva della costruzione dell'uomo nuovo e della nuova società socialista è evidente, e ci sono passaggi in cui chiaramente questo fine giustifica i mezzi. Alla costruzione del collettivo si sacrifica ogni cosa
Per chi si pone al di fuori di esso o è refrattario alla partecipazione si annulla qualsiasi orizzonte: al di fuori c'è solo coercizione, punizione, in pratica la galera, se non peggio, il ritorno all'abbandono
Del resto si vive in una società in cui il partito in cui Makarenko si identifica sempre più vive e avanza, di fatto, sterminando (presto non solo metaforicamente) le alternative alla piena e completa adesione al progetto socialista
L'incontro della pedagogia del collettivo con lo stalinismo negli anni Trenta era insomma nell'ordine delle cose, e del resto anche Makarenko non aveva altre possibilità per morire (come almeno pare essere successo) di morte naturale nel 1939
Ma il Makarenko migliore non è quello più organico al sistema, ormai ai vertici della ricerca pedagogica e pronto quantomeno a modularla sulla base delle esigenze politiche. Quello che oggi è più letto è quello che anzi ha dovuto subire negli anni '20 critiche e destituzioni
Quello che, sul campo, in una situazione di devastazione e di degrado ha dovuto prendere ragazze e ragazzi e a uno a uno, anche magari ricorrendo a mezzi estremi perché estremo era il contesto da cui li tirava fuori e profonde erano le loro cicatrici, dare loro una prospettiva
Non è un caso che i suoi scritti migliori siano narrativi, non si irrigidiscano nella teorizzazione ma invece raccontino la storia, passo dopo passo, di come un branco di mezzi delinquenti denutriti sia diventata una comune da cui sono usciti professionisti e funzionari
Del resto nel titolo della sua opera maggiore, Poema pedagogico, riscritto più volte tra 1925 e 1935, c'è subito l'idea della dimensione non tanto sistematica, quando lirica ed epica della pratica educativa
Un'esperienza che sempre mette in gioco emozioni, sentimenti, affetti, identità, obiettivi.
Ed è da qui che oggi si parte per capire che cosa ancora può dire, a una società che si vuole libera e democratica, quello è che è stato anche, ma non solo, il pedagogista di Stalin
*incomprensibili se non nel loro contesto

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10 Dec
Quest'anno ne avrebbe compiuti 100, ci ricorda oggi Farnè su @rivistailmulino. Pedagogista e attivista educativo degli e per gli oppressi, ma il cui messaggio dovrebbe dire tanto anche a chi, nel mondo, oppresso non è: Paulo Freire
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rivistailmulino.it/a/paulo-freire…
Figlio del Brasile e di quel ceto medio a cui la crisi del '29 spezza le ossa riportando l'America Latina nel vortice delle tensioni e degli autoritarismi, guarda il mondo da Sud, cioè da una prospettiva che nel dibattito intellettuale che conta era (è?) merce rara
Vive in un paese libero, eppure dipendente da ogni colpo di tosse del Nord ricco; vive un'età di espansione dell'esperienza scolastica, eppure anche dietro lo sforzo generoso di educare può vedere in filigrana il perpetuarsi dei rapporti di forza costituiti
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9 Dec
Messo costantemente in ombra dall'ingombrante carisma del "maestro" (ma di poco più anziano) Gentile, svolge un ruolo di raccordo essenziale tra "i due Novecento" della pedagogia italiana: Giuseppe Lombardo Radice
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Catanese del 1879, studia Filosofia a Pisa grazie al posto in Normale, bazzicando, nell'Italia del pieno positivismo, i corsi sull'idealismo di Jaja, dove a volte si vedeva un giovane laureato di 5 anni più grande, siciliano anche lui
Dopo la laurea nel 1901 e un corso di perfezionamento all'Istituto di studi superiori di Firenze, terminato nel 1903, inizia l'insegnamento medio, che però a differenza del più anziano collega non sarà subito un trampolino per l'università
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8 Dec
John Dewey.
Probabilmente il pensatore educativo più influente del '900, così influente che spesso il suo pensiero ha finito per diluirsi e perdere l'originaria incisività.
Proviamo a recuperarla in un
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Nato nel 1859, fondatore e direttore della Laboratory School dell'Università di Chicago nel 1896, maturerà da lì un interesse per l'educazione che manterrà anche alla Columbia, dove resterà dal 1906 alla morte a 92 anni passati. Ma Dewey non sarà mai un pedagogista
Di formazione è un filosofo, che dopo una tesi di stampo idealista (gli USA nel pensiero occidentale erano ancora periferia, e smetteranno di esserlo anche grazie a lui) passa con decisione al pragmatismo, legando il valore di verità della conoscenza al suo ruolo nell'azione
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28 Nov
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Eppure è suo il primo articolo del primo numero di @rivistailmulino, a fine 1951. Pedrazzi, che del Mulino è tra i fondatori con altri giovani bolognesi, si è appena laureato in Filosofia e di lì a poco inizierà l'insegnamento secondario. E nel suo pezzo parla di scuola
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28 Nov
Al di là degli esercizi intellettuali sulle questioni geopolitiche, etiche e strategiche poste dallo svolgimento delle guerre puniche, che hanno formato la cultura politica e militare occidentale, sfugge che si è trattato di eventi capitali di per sé, per vari aspetti 👇
La seconda guerra punica ha interessato tutta una regione politico-economica del globo tra le più popolate e avanzate del mondo, con un tasso di impegno umano simile a quello delle guerre mondiali (circa il 10% dei maschi adulti di tutta l'area erano in guerra contemporaneamente)
In una sola battaglia, Canne, uno degli eserciti ha perso tutti insieme tanti soldati quanti gli statunitensi ne hanno persi in Vietnam in oltre 10 anni, e striamo parlando delle forze armate espresse da una popolazione sui 4 milioni di persone a dire tanto
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27 Nov
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(E se non ci sono questi risultati, è questo il corollario, sono problemi suoi, ché la scuola deve anche selezionare "i migliori" senza che la società si ponga il problema di inquadrarli, ed è meglio selezionarli in base slle materie "giuste"...
...del resto vediamo bene che il problema della nostra classe dirigente è di sapere troppo bene il latino, non di riprodursi promuovendo gente che alla maturità ha preso 62/100 in base a quanti orologi d'oro ha ereditato nel cassetto)
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