Nella nostra storia del riformismo universitario oggi non partiamo da un politico ma da un intellettuale di gestione, un ingegnere: Gino Martinoli. Che in realtà è nato Gino Levi, ma nel 1938 cambia cognome per sicurezza. Sua sorella, Natalia, aveva sposato Leone Ginzburg
Dirigente della Olivetti dagli anni Venti, poco dopo la laurea, dopo la guerra (e la resistenza) entra ai massimi livelli dell'IRI, e a fine anni '50 lo troviamo attivo alla SVIMEZ, alle dirette dipendenze di Pasquale Saraceno
Da tempo infatti all'attività di dirigente accompagna lo studio del rapporto tra istruzione, cultura e sviluppo economico, e l'associazione è il luogo giusto per un periodo dedicato a tempo pieno alla riflessione
Proprio alla luce dei suoi interessi, nel 1959 il Ministero dell'Istruzione lo incarica di guidare un gruppo di ricerca sul fabbisogno di educazione diffusa per accompagnare la crescita economica nel quindicennio fino al 1975
Lo studio andrà avanti alcuni anni, si amplierà ad altri paesi dell'Europa mediterranea sostenuto dalla nascente OCSE, e darà origine all'interesse per i sistemi di istruzione che ancora oggi continua (o bene o male...)
In Italia risultati circolano moltissimo e hanno sul dibattito un effetto dirompente. Fino al 1960 la concezione che circolava sull'università nell'identità dei docenti era ancora quella gentiliana
gli studenti non sono mai troppo pochi, negli atenei deve formarsi l'élite superiore, servono giovani già formati e autonomi di pensiero e se in un corso è difficile imparare meglio ché così lo abbandonano, l'università deve selezionare perché gli studenti devono imparare da soli
Lo studio SVIMEZ rovescia le prospettive: per competere sulla via dello sviluppo serve a tutti i livelli manodopera meglio formata, e all'aumento delle capacità produttive dovranno aumentare i dirigenti e i quadri
Per rispondere a queste esigenze serve un'università aperta e accogliente, pronta a far entrare giovani di diverso background e con diverse ambizioni, e a differenziare i titoli in modo da offrire a tutti quel che cerca
Per la gran parte delle professioni a media intensità intellettuale il diploma non basterà più e servirà una formazione più esposta alla ricerca di frontiera e orientata all'impostazione di soluzioni originali più che all'esecuzione
Gli studenti che stanno aumentando, che in vent'anni sono passati da 80 a 250.000, sono una risorsa, ed è compito dell'università non cacciarli via, ma fare in modo che tutti possano crescere, anche se a livelli diversi
E' con il gruppo Martinoli, insomma, che acquisisce piena cittadinanza nel dibattito pubblico italiano quell'idea aperta e democratica di università, che non scarica sugli studenti i suoi fallimenti, per raggiungere la quale non era bastata una Costituzione
Ed è da qui, dunque, che si ripartirà dopo anni di stasi normativa. Nel bene e nel male, ché lo studio SVIMEZ non sono tutte rose e fiori. Intanto è figlio del miracolo economico, e dell'idea di avere trovato la chiave per uno sviluppo infinito. Ma non sarà così
Inoltre dà per scontato che questo sviluppo infinito avvenga col traino del manifatturiero, e anche questa sappiamo essere un'illusione. E in generale, oggi sappiamo che agganciare una riforma educativa solo alla previsione di come sarà l'economia non è una buona idea
A ciò si aggiunge un'altra questione. Il ministro che ha commissionato il lavoro era Giuseppe Medici, nel governo Segni. Medici è un personaggio particolare, poco noto perché non ci è arrivato un suo archivio, ma per tanti aspetti centrale
Economista agrario, ha una formazione particolare per l'epoca, perché è arrivato a studiare Agraria da un istituto tecnico, e sembra il profilo giusto per riporre in discussione la formazione tradizionale delle nostre élites senza sconvolgerla
Perché da anni, auspice Luigi Einaudi, collabora con le fondazioni americane per progetti di ricerca in Italia, e in qualche modo è uno dei garanti degli USA quando si deve fare una riforma, fosse quella agraria come quella della scuola
Riformare, sì, ma non per sconvolgere i rapporti sociali e il sistema produttivo, quanto piuttosto per allargarne le basi di consenso. "Conservative reform", l'hanno definita: per la scuola, vuol dire ampliare gli accessi ma al servizio delle esigenze del capitalismo maturo
Quindi sì tanti studenti, ma per lo più in diplomi professionalizzanti per i quadri, che conservino la difficoltà e i numeri limitati dei programmi tradizionali.
Un modo particolare di fare le riforme, che caratterizza tutto il governo Segni
L'Italia del 1959-60 sta cambiando e ha bisogno di modernizzazione e riforme, ma è bene farle con un piglio tecnocratico sul modello USA, per togliere ai socialisti l'argomento dell'arretratezza sociale senza coinvolgerli
Il governo Segni del resto è un mocolore DC, come quello successivo, dove Medici manterrà il ministero. Il presidente di questo nuovo Esecutivo era un certo Fernando Tambroni. Sapere queste cose ci aiuta a capire meglio la sua fine e le successive manovre verso il centro-sinistra
Manovre che, ora lo sappiamo, riguardano da vicino anche la scuola e l'università, temi forti del decennio successivo con una riforma più o meno riuscita (la scuola media) e una fallita. Quella di cui parleremo nella prossima puntata
*cercano

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Feb 15
Della legge Casati si parla in tutti i manuali di storia.
Di Carlo Matteucci e Guido Baccelli no. Eppure sono i due dioscuri dei tentativi di riforma universitaria nell'Italia liberale. Tentativi falliti, per quello che è stato definito un "cimitero di ordinamenti" mai applicato
Matteucci, fisico, è ministro dell'Istruzione nel 1862. A lui si deve uno sforzo di omologazione delle università pubbliche per calendari, amministrazione, tasse ecc. Un'omologazione che spesso cancella i tratti specifici dei vecchi ordinamenti
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Feb 14
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