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Bella discussione su NPL, regolamentazione e affini.
Un ringraziamento a tutti i relatori: @gianlucac1, @MassimoFamularo, Gianni Mion e Giovanni Bossi. Bravi!
Oltre un'ora e mezzo di informazione, analisi e aneddoti rilevanti per capire il Sistema Italia.

I numeri che Gianluca fornisce all'inizio sono impietosi, come sempre. Grazie! È davvero meritorio diffonderli.
Tante inutili parole sarebbero evitabili, se si guardassero i numeri. Il dubbio (per non dire la certezza, ma da probabilista evito) è che da un lato...
... molti non li capiscano, e che dall'altro tanti che li capiscono preferiscano nasconderli sotto al tappeto. Si blatera meglio con l'aria fritta, senza cifre che inchiodano. Non solo i politici, che al più, da noi particolarmente, sono macchiette.
La PD cui accenna Massimo è sì stimata con metodi statistici, ma spesso c'è da mettersi le mani nei capelli. Verifica delle assunzioni inesistente o quasi, interpretazioni fantasiose dei parametri, formulette usate perché imposte dal regolatore, analisi del rischio di modello...
...non pervenuta. Eppure quei numeri vengono presi come oggettivi, quando di oggettivo poco hanno. E si fanno tanti tanti danni, a livello di banche, a livello di regolatore, e quindi a seguire politico (figuriamoci con le armate Brancaleone che abbiamo in Italia).
Su quello che succede dopo il default, poi, si potrebbe parlare per ore. Fino a non troppo tempo fa tutto era assunto deterministico o quasi (no comment). E anche ora la modellistica tende spesso al ridicolo. Esistono veri esperti, che grazie alla loro conoscenza del settore e...
...a un'innata intuizione sono in grado di fare un lavoro egregio, quasi magie, ma in media c'è un livello di approssimazione angosciante.
E i dati fanno schifo, se ci sono. Perché? Per anni non li hanno raccolti, per incredibile che possa sembrare.
L'aneddoto di Mion sulle "carte richieste" da certe banche poco amichevoli è estremamente esemplificativo del sistema creditizio italiano, specie sul fantomatico territorio. Andrebbe messo nei libri di testo.
Una cosa va capita: la collussione banche-politica locale, il familismo e i prestiti agli amici sono una delle grandi cause del declino italiano, e un costo che il Paese sta pagando e pagherà a lungo. Possiamo mettere la polvere sotto il tappeto, ma prima o poi esce.
Bossi dice bene quando afferma che la regolamentazione bancaria sta avendo ripercussioni di carattere industriale, ma è una cosa inevitabile quando tra Basilea II-III e IFRS è un continuo profluvio di regole e regoline spesso assurde, con un grado di pervasività osceno.
Esempio perfetto di eterogenesi dei fini.
Va detto però che i danni della regolamentazione sono universali. In Italia, se più evidenti, lo sono solo perché siamo un sistema malato. Il resto del mondo non è cattivo con noi, è vittima quanto noi.
Basilea va superata.
È vero, come dice Bossi, che il Nord Europa non si fida di noi, ma la ragione non è quella che espone lui. Lo dice bene Gianluca: non si fidano perché negli anni abbiamo mostrato di essere inaffidabili, i soliti furbi, con trucchetti contabili, clausole sceme et similia.
Tornando alla regolamentazione, l'illusione di poter controllare tutto, di contenere la volatilità (che poi prima o poi salta, come il coperchio di una pentola che bolle), di sterilizzare ogni rischio, di diversificare l'indiversificabile non è solo pia. È proprio idiota.
C'è una cosa che va tenuta sempre a mente: una volta creato, un rischio (specie finanziario) può essere contenuto, può essere trasferito, può essere coperto (se si hanno le risorse!), ma NON può essere distrutto. Vedetela come una legge di conservazione del rischio. È matematica.
Va accettato che la nostra vita, in tutti i suoi aspetti, è caratterizzata dal rischio.
È scritto da migliaia di anni nel Bhagavad Gita e in mille altri testi, possibile che regolatori e politici non lo vogliano capire?
Il rischio è una delle massime espressioni dell'umanità.
Se qualcuno vi promette una vita senza rischi, lasciatelo stare: o è un folle, o è un bugiardo. Probabilmente è un politico.
Contenere i rischi è razionale, pensare di cancellarli è sciocco.
Il CAPM citato da Bossi (che non è certo responsabile della cosa, sia chiaro) è una farloccata che andrebbe abolita. Che ha forti carenze teoriche (esistenza dei momenti di ordine superiore, ad esempio) e che empiricamente fa acqua da tutte le parti (si pensi ai risultati base
di Fama e alla critica di Roll, anche senza guardare alle analisi econometriche più sofisticate). Il fatto che, per prassi, lo si continui a usare dovrebbe far capire il gioco scemo che ogni giorno viene giocato. Gioco che quando si rompe, e succede spesso, fa piangere tutti
in cerca della mamma: "Ma io non lo sapevo!"
E allora via con altre regole sciocche per preservare l'impreservabile. Vedrete con Basilea IV, già rido.
L'osservazione di Mion sulla (mancata) valutazione del management è sacrosanta. E no, la regolamentazione non risolverà il problema: sta solo creando orde di passacarte e arbitrageurs normativi all'interno delle banche.
Insomma, tutto contribuisce alla ricetta del #fenceparadox. Ossia l'illusione di aver protetto il mercato dal rischio, di averlo cancellato con fiumi di regolette, cambiando la percezione degli agenti, fino a quando salta tutto. E i danni sono ben peggiori di quelli evitati.
E questo anche perché l'approccio rules-based sta soppiantando il principle-based, e soprattutto il buon senso e la responsabilità personale e aziendale, ma pare sempre più difficile farlo capire ai regolatori.
Coi politici è partita persa.
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