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Avevo appena 13 anni quando gli Stati Uniti hanno fatto esplodere la prima bomba atomica sulla mia città, #Hiroshima. Lo ricordo ancora chiaramente: alle 8:15 ho visto un lampo accecante bianco-azzurrognolo dalla finestra. Ricordo la sensazione di essere come sospesa in aria.
Mentre riprendevo conoscenza nel silenzio e nell’oscurità, mi sono vista seppellita sotto un edificio crollato. Ho iniziato a distinguere i flebili lamenti dei miei compagni di classe: “Madre, aiutami. Dio, aiutami.”
Poi, all’improvviso, ho sentito una mano che toccava la mia spalla e un uomo che diceva: “Non arrenderti! Continua a spingere! Sto cercando di liberarti. La vedi la luce che filtra da quel varco? Striscia verso di essa più veloce che puoi.”
Mentre strisciavo verso la salvezza, le rovine erano in fiamme. La maggior parte dei miei compagni erano arsi vivi. Tutto intorno a me vedevo la più completa e inimmaginabile devastazione.
Un esercito di figure spettrali avanzava lentamente. C’erano feriti dall’aspetto grottesco, sanguinanti, ustionati, anneriti e gonfi. Avevano perso parti dei loro corpi. La carne e la pelle pendevano dalle loro ossa.
Alcuni tenevano in mano i loro stessi occhi, altri avevano il ventre squarciato, con gli intestini che penzolavano. Il fetore della carne umana bruciata riempiva l’aria.
Fu così che la mia amata città venne annientata da una singola bomba. La maggior parte dei suoi abitanti erano civili che furono inceneriti, vaporizzati, carbonizzati – tra questi, i membri della mia stessa famiglia e 351 miei compagni di scuola.
Nelle settimane, mesi e anni seguenti, molte altre migliaia di persone morirono nei modi più disparati e misteriosi a causa degli effetti ritardati delle radiazioni. Ancora oggi, a distanza di tutto questo tempo, tali effetti sono potenzialmente letali per i sopravvissuti.
Quando penso a Hiroshima, la prima immagine che mi viene in mente è quella del mio nipotino di quattro anni Eiji, che si trasforma in un blocco di carne squagliata e irriconoscibile. Ha chiesto acqua con un filo di voce fino a quando la morte non lo ha liberato dall’agonia.
Eiji per me oggi rappresenta tutti i bambini innocenti del mondo, sotto la minaccia delle armi nucleari. Ogni istante di ogni giorno, le armi nucleari mettono a repentaglio la vita di tutti coloro che amiamo e tutto ciò a cui teniamo. Non possiamo tollerare una simile follia."
Oggi, #6agosto, ricorre il 75esimo anniversario del lancio del primo ordigno nucleare su #Hiroshima.

Le parole del racconto sono della hibakusha #SetsukoThurlow, sopravvissuta alla bomba e vincitrice del Premio Nobel per la Pace 2017 con la campagna @nuclearban.
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