Contro il virus abbiamo bisogno di dati.

Non dati qualsiasi: servono "microdati".

Rappresentativi della popolazione.

[Thread della domenica e appello alle istituzioni 👇]
I dati diffusi nel bollettino delle 18 sono fuorvianti, a causa delle differenze regionali nelle regole del contact tracing e nella capacità di somministrazione dei tamponi, nei tempi di restituzione dei risultati e di trasmissione alle autorità sanitarie.

2/
I bollettini non contengono informazioni cruciali: dove e come è avvenuto il contagio? Chi sono i contagiati? Che lavoro fanno, che abitudini hanno, qual è il loro stato di salute?

3/
Per conoscere le risposte abbiamo bisogno dei dati individuali, quelli che in gergo si chiamano "microdati", resi opportunamente anonimi. In Italia la comunità scientifica li invoca da marzo, per ora senza risultati.

4/
Quando si somministrano i tamponi, e ancora di più nel tracciare i contatti dei pazienti positivi, si ha una grande occasione per raccogliere informazioni "individuali".

5/
I dati individuali aiuterebbero a capire dove avviene il contagio. Davvero la scuola è la principale responsabile della seconda ondata? C’è differenza tra scuola primaria, secondaria e superiore? I runner sono pericolosi?

6/
E i ristoranti, discoteche, palestre, ospedali, manifestazioni di piazza, treni, autobus e aerei? Le sale d’attesa del medico di base e le code al drive-in o al supermercato? Quanti contagi avvengono sul posto di lavoro, e qual è la differenza tra i vari settori?

7/
La verità è che non lo sappiamo con certezza.

Né lo sapremo finché non costruiremo un sistema centralizzato di raccolta (e distribuzione) dei dati basato sugli esiti del tracciamento dei contatti.

8/
Per farlo, sarebbe stato necessario potenziare drasticamente la nostra capacità di fare i test e di tracciare i casi. Molte regioni, invece, sono rimaste indietro, al punto che all’alba della seconda ondata il sistema di tracciamento è già saltato.

9/

ilpost.it/2020/10/22/con…
Inoltre, sarebbe importante conoscere meglio il profilo dei contagiati. Oggi disponiamo di informazioni “aggregate” sulla distribuzione di età e comorbidità negli infetti...

10/
Ma alla comunità scientifica non è dato accedere alle caratteristiche demografiche, economiche, sociali e sanitarie di ognuno, che sarebbero fondamentali per dedurre quali categorie sono più vulnerabili, in modo più raffinato di quanto possiamo fare ora.

11/
Un eventuale dataset centralizzato, tuttavia, ancora non sarebbe sufficiente, perché "orientato" dalle regole del contact tracing e della somministrazione dei test.

I microdati dovrebbero essere "rappresentativi"...

12/
.. cioè non influenzati dalle particolari caratteristiche delle persone, o gruppi sociali, presso cui si raccolgono le informazioni.

Oggi i tamponi sono somministrati soprattutto ai pazienti che mostrano sintomi o a coloro che sono entrati in contatto con persone infette.

13/
Invece, dovremmo raccogliere informazioni presso un campione di persone estratte casualmente dalla popolazione, per es. ogni 2 settimane, come hanno proposto più volte gli ex presidenti dell’Istat @giorgio_alleva e Alberto Zuliani.

14/

corriere.it/opinioni/20_ot…
Eppure, si tratterebbe di interventi relativamente poco costosi e dai benefici potenzialmente enormi. Rilevare l’incidenza del contagio in un campione rappresentativo consentirebbe una stima accurata del numero di infetti nella popolazione...

15/
... del suo tasso di crescita e della percentuale di asintomatici, del tasso di letalità e dell’efficacia degli interventi di contenimento. Informazioni fondamentali su cui, nove mesi dopo l’inizio della pandemia, ancora non abbiamo certezze.

16/
Stime affidabili sulla probabilità di infezione associata ai diversi luoghi e ai comportamenti individuali consentirebbero azioni di politica sanitaria meno invasive e più efficaci.

17/
Conoscere li rischio associato a ristoranti e palestre nelle diverse aree aiuterebbe a disegnare una mappa di chiusure brevi e limitate, che risparmi le attività meno pericolose, frenando il contagio senza compromettere il reddito di chi ha rispettato i protocolli.

18/
In UK, per esempio, la COVID-19 Infection Survey curata dall’Office for national Statistics (ONS) analizza i fattori e l’evoluzione nel tempo dell’epidemia in un campione rappresentativo della popolazione britannica.

19/
I partecipanti devono sottoporsi al tampone all’inizio dell’indagine e sono invitati ripetere il test una volta a settimana per le prime cinque settimane e poi una volta al mese per dodici mesi.

20/
Ogni due settimane, devono rispondere a domande dettagliate sui propri comportamenti sul lavoro e nel tempo libero, sullo stato di salute e su eventuali contatti con casi sospetti di infezione.

21/
In agosto, l’ONS ha annunciato di prepararsi a somministrare 150mila test, e relative interviste, ogni due settimane. I risultati dell’indagine sono condivisi con la comunità scientifica britannica e sintetizzati in alcune statistiche, pubblicate online.

22/
Chiaramente questo non vuol dire che UK abbia affrontato l’emergenza meglio di noi. La raccolta dei dati è solo una delle tante componenti della risposta istituzionale alla pandemia, e il governo finora non sembra aver approfittato di questo patrimonio informativo.

23/
I dati di diversi paesi non sono confrontabili per le stesse ragioni che impediscono confronti affidabili tra le regioni italiane. Non solo i sistemi sanitari sono diversamente efficienti nella somministrazione dei tamponi e nell’elaborazione dei risultati.

24/
Il problema principale, finora mai affrontato a livello europeo, è che le regole del tracciamento dei contatti e i criteri di accesso al tampone sono diversi da un paese all’altro, e cambiano nelle varie fasi dell’epidemia.

25/
Ogni paese seleziona la popolazione da testare a modo suo e cambia spesso i criteri di selezione, rendendo inconfrontabili le statistiche sull’incidenza e la letalità della malattia, la percentuale di asintomatici e altri indicatori fondamentali dell’emergenza sanitaria.

26/
Avviare una campagna europea di testing campionario sul modello dell’ONS britannico, invece, renderebbe i dati nazionali finalmente confrontabili.

27/
Potremmo così conoscere su quale punto della curva del contagio si trova ciascun paese, stabilire controlli selettivi ai movimenti delle persone e programmi di screening mirati negli aeroporti, e capire quali misure di contenimento sono più efficaci.

28/
A volte le istituzioni esitano a condividere le informazioni perché la trasparenza aumenta la responsabilità politica dei decisori, che può avere conseguenze sgradite nella misura in cui obbliga a rispondere dei propri errori.

29/
In altri casi, le informazioni non sono condivise a causa dell’incapacità di comprendere la rilevanza dell’analisi dei dati. Probabilmente è il caso dell'Italia.

30/
Qualunque sia la ragione, la mancanza di dati rappresentativi incide sulla qualità delle scelte pubbliche, che sono più esposte all’influenza di suggestioni passeggere e risentono della tendenza a generalizzare la validità di aneddoti personali e singoli episodi.

31/
In queste condizioni, l’incertezza si risolve in un processo di apprendimento politico basato su tentativi ed errori che ha costi enormi e fa perdere tempo prezioso...

32/
Fino a essere costretti a chiudere tutto e confinare tutti, nel dubbio che si stia lasciando aperta qualche attività pericolosa.

33/
Le scelte pubbliche devono basarsi sull’analisi rigorosa dei dati, non sugli aneddoti, le intuizioni e le esperienze personali dei politici o, peggio, sulle emozioni dell’opinione pubblica.

34/
La disponibilità e il libero accesso ai dati migliorano sempre la trasparenza e l’efficacia delle politiche pubbliche, sia perché consentono di basare le decisioni sull’evidenza empirica disponibile sia perché migliorano il controllo democratico dei cittadini e degli esperti.
35/
Post scriptum: il thread si trova come sempre srotolato qui facebook.com/fabio.sabatini

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Grazie infinite per la pazienza.

internazionale.it/notizie/fabio-…

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30 Oct
Mi vergogno per De Luca, ma vorrei rassicurarlo. Fuori dalla sua bolla di qualunquismo e ignoranza, il mondo è migliore di come lo immagina ed è pieno di bimbi che trepidano per imparare a scrivere. Come ricercatore non ragiono mai per aneddoti ed esperienze personali, ma...

1/
... mia figlia è una di tali bimbi. Quindi posso stabilire con certezza e senza un'analisi ecometrica che l'affermazione di De Luca (sull'"unica bimba al mondo" che trepida per andare a scuola e imparare a scrivere) è falsa. Ce ne sono almeno due.

2/

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3/
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30 Oct
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3/

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Cosa sarà mai perdere qualche giorno, settimana o mese di scuola, di fronte all'enormità della pandemia? Nel dubbio, non è meglio chiudere?

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Qualche giorno fa ho postato un thread per descrivere il lavoro di un team di ricercatori tedeschi che mostrano come, in Germania, la riapertura delle scuole abbia diminuito leggermente i contagi. Qualcuno ha giustamente obiettato: l'Italia non è la Germania.

[Thread 👇]
In effetti, la Germania ha mostrato di essere molto più efficiente in ogni aspetto della lotta al virus, dalla messa in sicurezza delle scuole alla riorganizzazione dei trasporti, dal tracciamento dei contatti dei casi rivelati al trattamento dei malati in isolamento.

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19 Oct
Hey #EconTwitter, free access to webinars worldwide is one of the few bright sides of the pandemic. I am glad to share a weekly newsletter I started for my Ph.D. students about the seminars being held on Zoom every week.

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1/
If you would like to be in the loop, drop me an email at fabio.sabatini@uniroma1.it. I plan to send one email per week, usually on Monday.

I will also share the announcements in a weekly (very long) thread on Tw and Fb.

2/
Monday, October 19

3.30 UTC (17.30 Rome): Augustine Denteh (Tulane), "The Effect of SNAP on Obesity in the Presence of Endogenous Misreporting".

Host: Virtual Seminar on the Economics of Risky Health Behaviors.

Zoom link: cornell.zoom.us/j/98504144973?… (ID: 985 0414 4973 Pw: VERB)
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