“Ma sì, liberiamo il popolo romano da una preoccupazione incessante, visto che gli sembra troppo lungo aspettare la morte d’un vecchio”. Tra poco il veleno che ho nell’anello porrà fine alla mia vita. In fondo sono vissuto sessantaquattro anni. Non pochi.
Ma con un rimpianto.
Lo avevo detto al mio grande nemico durante quell’incontro a Rodi. L’incontro tra due veterani. Stavamo discutendo della nostra vita e delle nostre battaglie quando lui mi chiese quali fossero per me i tre migliori condottieri di tutti i tempi.
Risposi che al primo posto avrei Alessandro di Macedonia. Poi Pirro, il re dell’Epiro, e poi… me stesso. Lui aveva sgranato gli occhi esclamando: ”Tu al terzo posto? Ma allora? Se tu mi avessi vinto?”
“Beh in quel caso mi sarei messo al primo posto”.
Di quale guerra stava parlando? Quando ci eravamo scontrati?
Una storia lunga.
Iniziata quando avevo dieci anni, nel 237 a.C.
Quando mio padre Amilcare mi fece giurare, sull’altare degli dei, odio eterno ai Romani. Image
Lo sapeva bene mio padre che quella pace non sarebbe durata a lungo.
La prima guerra era terminata nel 241 a.C.
Il trattato di Lutazio aveva assegnato ai Romani la Sicilia, oltre al pagamento di 3.200 talenti in dieci anni.
E Cartagine era in ginocchio. Per questo aveva provato a compensare le perdite cercando di estendere il proprio dominio nella penisola iberica ricca di risorse minerarie.
E qui, nel 237 a.C. avevano mandato il loro miglior generale. Mio padre, Amilcare Barca. Image
Mio padre era riuscito nel suo intento anche se era morto durante un assedio nel 229 a. C. Ma aveva creato in Spagna una base per una futura invasione “dell’Italia”.
Passando dalle Alpi. Il suo grande sogno.
Che alla sua morte diventò il mio sogno.
Ero io al comando delle forze Cartaginesi quando assediai Sagunto.
Smettetela di dire che ho violato i patti.
Che volevo un pretesto per scatenare una nuova guerra con Roma.
I Romani non si erano forse presi la Sardegna violando gli stessi patti? Image
Diciamo la verità. Ai Romani di Sagunto non importava nulla. Ricordate la frase: ”Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur (Mentre a Roma si discute, Sagunto è espugnata)?
Non mossero un solo soldato in sua difesa. Per tutti gli otto mesi dell’assedio.
Al Senato Romano erano sicuri che la guerra, ormai certa, si sarebbe combattuta in Iberia. Illusi. Il momento era propizio. Per la più straordinaria e spettacolare impresa militare di tutti i tempi.
La traversata delle Alpi. Il sogno di mio padre.
Come ho fatto, arrivando dalla Spagna, ad attraversare i Pirenei e le Alpi con 46.000 uomini, migliaia di cavalli e 37 elefanti? Che dire. L’ho fatto. E tanto basta. Partito il 10 o 11 settembre del 218 a.C. arrivai nella Pianura Padana il 26 settembre. Image
Un’impresa. Pur perdendo 20.000 uomini. Dopo alcuni scontri incontrai due legioni romane. Al comando lui, il padre di quello che diventerà il mio acerrimo nemico, il console Publio Cornelio Scipione, che aveva passato il Po su un ponte di barche all’altezza di Stradella. Image
Non fu un vero scontro. Ma vinsi. Scipione, ferito gravemente e salvato dal figlio, venne sostituito da Tito Sempronio Longo. Un incapace. Era il 18 dicembre del 218 a.C. Avevo spedito i miei cavalieri al di là del fiume Trebbia.Che fuggirono, su mio ordine, alla vista dei romani
I Romani per inseguirli attraversarono, intirizziti, le acque gelide del fiume.
E sull’altra riva c’era la mia armata ad aspettarli. Al completo.
Fu un massacro per i Romani.
Io nel frattempo avevo perso tutti gli elefanti. Tutti, tranne uno, il mio preferito, Surus.
Svernai nella Gallia Cisalpina e nella primavera ripresi la marcia verso Roma, inseguito dalle legioni del console Caio Flaminio.
Aspettai i romani sui poggi del Lago Trasimeno e quando li vidi spuntare in ordine di marcia piombai su di loro.
15.000 Romani rimasero a terra. Image
E a Roma cominciarono a preoccuparsi.
La mia marcia era inarrestabile. Il mio esercito continuava a ingrossarsi. I Galli e i Liguri, che odiavano i Romani quanto noi, si unirono al mio esercito. Fabio Massimo cominciò ad attuare una tattica da guerriglia per procrastinare la fine
L’ora della verità scoccò il il 2 agosto del 216 a.C.. Il luogo? In Apulia dove si trovavano i granai di Roma, presso Canne. Fu la più spaventosa sconfitta della loro storia.
50.000 Romani rimasero sul terreno. E anche 80 senatori. Oltre al console Lucio Emilio Paolo. Image
Lo so cosa vi state chiedendo. Perché non ho aggredito subito Roma che ormai era allo stremo. Bella domanda. In realtà conosco la risposta. Ricordate che l’idea di attraversare le Alpi era di mio padre Amilcare Barca? Beh, non avevo fatto esattamente quello che mi aveva detto.
Il suo piano prevedeva l’appoggio di una adeguata forza navale. Per i rifornimenti.
Che io avevo ignorato concentrandomi solo sulle operazioni via terra.
Fu dopo Canne che mi accorsi di non avere uomini e risorse necessarie per un lungo assedio.
Anche perché a Cartagine avevo solo nemici. Cominciò così con Roma una guerra di nervi. Durata 13 anni. Un giorno riuscii persino ad arrivare alle porte di Roma.
“Hannibal ad portas”.
Ma i Romani sapevano che ci sarebbe voluto un lungo assedio.
E io ero allo stremo.
Bloccati i rifornimenti da Cartagine puntavo sull’esercito di mio fratello Asdrubale che stava venendo in mio soccorso. Ma fu sconfitto a Metauro dai consoli Livio Salinatore e Claudio Nerone. Compresi che tutto era finito quando la testa di Asdrubale atterrò nel mio accampamento Image
Improvvisamente, nel 203 a.C., mi richiamarono in patria.
I Romani minacciavano da vicino Cartagine con un poderoso esercito e con una flotta agguerrita. Incontrai di persona Publio Cornelio Scipione, il figlio, per trattare la pace. Senza arrivare ad un accordo. E così… Image
“Vi siete scontrati a Zama” direte voi.
Ci siamo scontrati quello sì. Non so se a Zama. Forse a Naraggara, a parecchie miglia da Zara. Non ricordo. Comunque fu uno scontro via via sempre più incerto.
Alla fine ebbe la meglio la sua cavalleria. Image
Me ne andai da Cartagine, riparando presso Antioco, Re di Siria.
I Romani gli chiesero la mia testa.
Allora fuggii presso Prusia, re della Bitinia.

Dove mi trovo ora .
Visto che Roma non smette di darmi la caccia, ho preso la decisione.
I Romani non mi avranno mai vivo. Image
Ricordate l’incontro all’inizio del thread?
Si svolse tra Annibale, e il suo acerrimo nemico Publio Cornelio Scipione l’Africano. Erano nemici, ma si rispettavano e si comprendevano.
Morirono nello stesso anno.
Entrambi amareggiati per l’ingratitudine dei loro concittadini.

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20 Nov
Oggi è il 31 maggio 1975.
Sono in albergo e mi sto preparando per una tappa del Giro molto importante per la mia squadra, la Jollj Ceramica.
Oggi c'è la Cronoscalata del Ciocco con Battaglin, il mio capitano, in maglia rosa.
Io sono solo un suo gregario.
Quello di fare il gregario non era il sogno della mia vita.
Non lo é mai stato, fin dall’inizio, a dodici anni, quando per caso salii su una bicicletta da corsa. Troppo grande per un bambino dalle gambe come grissini.
E così un vigile mi aveva fermato ad un incrocio.
Imbranato, non ero riuscito a sganciare i pedali. Finire lungo disteso fu un attimo. Sono nato a San Vigilio di Concesio (BS) il 13 gennaio del 1949, ultimo di otto figli.
Perché Fausto? Il fratello di mio padre si chiamava Faustino. Inoltre papà era tifoso di Coppi.
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15 Nov
Da gennaio a luglio di quest’anno, siamo nel 1572, mi daranno come ricompensa una “pensione” di due ducati al mese.
Il minimo dopo quello che ho fatto.
E soprattutto dopo quello che ho subito. Quando è successo? Pochi mesi fa. Una domenica. Esattamente il 7 ottobre 1571
Che successe quel giorno?
Dovreste saperlo. E’ su tutti i libri di storia.
Lo so, la storia è una materia da sempre mal digerita persino sui banchi di scuola. Tranquilli. Vi racconterò qualcosa io.
Lunghezza del thread permettendo.
Ricordo che quel giorno una lieve brezza increspava il mare.
E la più imponente flotta di galee che la cristianità fosse mai riuscita a mettere insieme, per combattere i turchi, avanzava controvento nel mar Ionio.
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13 Nov
Non hanno tutti i torti a chiamarmi “Mago Bakù”, il fachiro. Mangio pochissimo, dormo quasi niente, giro sempre seminudo e a piedi scalzi. E non sono le uniche stranezze. Colleziono libri antichi, amo la psicologia, la magia, l’ipnosi e le teorie di Freud.
I miei uomini lo sanno. Finché sono sveglio non hanno niente da temere. Per questo, come vi ho detto, dormo pochissimo.
Chi sono? Sono il comandante del sommergibile Cappellini della Regia Marina Italiana.
E oggi, 16 ottobre 1940, ho un problema. Image
Ieri alle 23.15 abbiamo incrociato a 800 miglia ad ovest di Casablanca il piroscafo Kabalo da 7.500 tonnellate, battente bandiera belga.
Lo so, non siamo in guerra con il Belgio, ma sappiamo che è stato noleggiato dalla marina inglese e armato con un cannone di 102 mm.
Read 24 tweets
11 Nov
Il 4 agosto 1578 per il Portogallo fu un giorno infausto.
Per il più grave lutto della sua storia.
Il giorno in cui lui era morto, intendo.
O meglio. Scomparso. Lui, Don Sebastiano I, 24 anni, fior fiore della nobiltà lusitana.
Sedicesimo re del Portogallo e dell'Algarve.
Sicuramente morto nella battaglia di Alcazarquivir, in Marocco, contro l’esercito islamico del sultano Abd al-Malik.
Come poteva pensare di battere i 50.000 cavalieri del sultano con i suoi 20.000 uomini. Era stata una carneficina.
Il suo corpo? Mai ritrovato.
Dopo la sua morte era salito al trono il suo prozio, il cardinale Enrico.
Ma Sebastiano era troppo amato dal suo popolo.
Era nato così un movimento chiamato “sebastianismo “, che sperava nel ritorno del re scomparso.
Per riportare il Paese al suo antico splendore.
Read 20 tweets
9 Nov
Siamo prossimi alla partenza del TT, il Tourist Trophy. Nessun straniero ha mai vinto, solo vittorie di motociclisti del Regno Unito.
Anche se la Guzzi, la mia moto, questa corsa l’ha già vinta due anni fa, nel 1935.
In due categorie. Ma non con un pilota italiano.
A vincere nella 250 e nella classe 500 su Guzzi era stato il pilota irlandese Stanley Woods. Correvo anch’io sulla stessa moto quell’anno, il 1935, ed ero anche favorito dopo aver stabilito nelle prove un incredibile 30’10” sul giro. Un vero record. Image
Ero per gli inglesi “The Black Devil” per il colore della mia tuta e per gli americani il “corridore atomico”.
Ci tenevo a vincere. Invece con la mia Guzzi 250 era finito in un banco di nebbia, un corvo in mezzo alla strada e relativa caduta.
Con due vertebre rotte.
Read 22 tweets
7 Nov
Era stato il mio comandante, il capitano di corvetta Costantino Borsini, a dirmi di scendere nella zattera. Tanto ormai la nave era perduta.
Io avevo obbedito, avendo avuto assicurazioni dallo stesso comandante che mi avrebbe seguito.
Appena i marinai si fossero messi in salvo.
Era bella la mia nave. La Francesco Nullo, cacciatorpediniere della Regia Marina italiana. Bella e veloce. La più veloce della classe Sauro. Riusciva a raggiungere la velocità di 37,4 nodi. In attesa del comandante vi racconto come sono finito in questo angolo del Mar Rosso.
Mi chiamo Vincenzo Ciaravolo e sono nato a Torre del Greco il 21 novembre 1919.
Visto che oggi è il 21 ottobre 1940, fate voi i conti.
Non sono un semplice marinaio, ma attendente del capitano Borsini.
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