A 21 ero orfana di padre, lavoravo come lavapiatti o cameriera e, siccome avevo avuto in casa un patrigno alcolista e manesco, mi ero fatta la promessa di guadagnarmi il pane da sola.
Non volevo mai più dipendere da un uomo.
Una sera leggo un articolo che mi fa infuriare: “What Girls Are Good For” nel quale si afferma che “le donne appartengono alla casa, e il loro compito naturale è prendersi cura della famiglia. Il lavoro femminile è un’aberrazione”.
Così presi la penna e scrissi alla redazione del giornale:
“È un’aberrazione volere essere libera, indipendente? Lo sa il giornalista cosa si prova a essere una donna giovane e indigente? È una condanna senza via d’uscita.”
Al giornale piacque la mia risposta e mi assunsero.
Ma nel 1890, ero ancora una giornalista che nessuno considerava, scrivevo sulle pagine di economia domestica.
Poi arrivò un dottore.
Mi chiese se ero disposta ad indagare sul manicomio femminile sull'isola di Blackwell, giravano voci di maltrattamenti alle pazienti.
Dovevo farmi ricoverare in manicomio fingendomi pazza e verificare con i miei occhi cosa succedeva.
Non ero molto tranquilla.
“Ma quanto devo starci?”
“Tu entra, poi a tirarti fuori ci pensiamo noi”.
Accettai, finsi una crisi isterica e mi ricoverarono.
Una volta dentro vidi trattamenti così disumani che pensavo veramente di impazzire. Tante donne erano state internate lì solo perché scomode alle loro famiglie: erano entrate sane di mente ed erano impazzite poi.
Per fortuna dopo 10 giorni vennero a prendermi, e pubblicai un articolo sul “New York World” intitolato 'Dieci giorni in un manicomio'. L’inchiesta fece luce sui trattamenti terribili delle pazienti all'interno del manicomio ed ebbe un’eco formidabile in tutto il paese.
Il giornalismo sotto copertura divenne la mia specialità.
Mi mescolai alle operaie del Lower East Side, meglio conosciute come le “schiave bianche”, scoprendo soprusi e sfruttamento con salari miserabili.
Fu il mio secondo scoop .
Una volta mi spacciai per la moglie di un industriale farmaceutico che voleva boicottare la legge che rendeva obbligatoria la prescrizione medica per un farmaco. Un lobbista mi diede la lista dei deputati corrompibili e la relativa tariffa per ognuno.
Sollevai un bel polverone.
Così divenni famosa.
Ma ancora mi dava fastidio la presunta superiorità maschile e così partii per una nuova sfida: fare il giro del mondo in 72 giorni.
Viaggiai da NY a Londra, Amiens, Suez, Singapore, Hong Kong, Yokohama, San Francisco e tornai New York.
Fui la prima donna ad avere circumnavigato il globo in 72 giorni, e nessun uomo era mai stato così rapido.
In America scoppiò la Nellie Bly mania, il mio viso era sui muri, sulle sigarette, sulle caramelle, dappertutto.
Le ragazze portavano il caschetto e vestivano come me.
Poi a 31 anni sposai un industriale dell’acciaio, che però morì poco dopo. Non era il mio mestiere fare il dirigente d’azienda e così tornai a fare la giornalista, in Europa sul fronte di guerra. Mi scambiarono per una spia inglese e mi arrestarono, ma me la cavai anche allora.
Tornata in America il mondo era cambiato e avevo perso, probabilmente a causa della guerra, il mio ardore giovanile. Vivacchiai per anni di qualche articoletto e mi trascurai, così finii per morire di polmonite nel 1922.
Per tutti fui Nellie Bly, ma il mio vero nome era Elizabeth Jane Cochran.

Sulla lettera al giornale avevo anche scritto: “E allora siano date alle donne delle opportunità e lasciamo che le colgano, dimostrino che possono lavorare, produrre e mantenersi. Less talk and more work”.

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14 Dec
Siemens, un nome che tutti conoscete sicuramente.
Ma forse non sapete che nel 1931 io, John Rabe, ero stato nominato direttore di un importante ufficio estero di questa azienda.
Ho dovuto così trasferirmi a Nanchino, nella provincia di Jiangsu, a circa 300 Km. Da Shanghai. Image
Io ero tedesco, nato ad Amburgo e iscritto per forza al partito nazista, non c’era alternativa.
Ma visto l’aria che tirava in Germania ero ben contento di stare in Cina, mi trovavo benissimo.

Poi sono arrivati i giapponesi. Image
Era scoppiata nel ‘36 la guerra fra Cina e Giappone, e il 13 Dicembre 1937 le truppe dell’Impero giapponese entrarono a Nanchino.
Fate conto che in Italia di questa guerra si sa molto poco, non si studia, ma morirono dai 14 ai 20 milioni di cinesi, nessuno sa esattamente quanti. Image
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12 Dec
Mi chiamo Mary Anning, ma immagino nessuno mi conosca.
Quando sono nata era il 1799, l’Inghilterra era in guerra con Napoleone. La mia famiglia era troppo povera per farmi studiare, ho imparato a leggere e a scrivere frequentando un po’ una scuola cristiana. Image
Eravamo talmente poveri che dei nove fratelli e sorelle che ho avuto ne ho persi otto, morti appena nati o piccolissimi. Erano altri tempi, certo.
Bastava nascere cento anni dopo e forse sarei diventata famosa.
Certo è difficile diventare famose con sempre il martello in mano. Image
Mio padre mi trasmise la passione per i fossili, vivevamo a Lyme Regis e lì i fossili non mancavano.
Lui era ebanista, ma mi insegnò a trovarli, a pulirli e a riconoscerli.
Quando mio padre morì dovetti vendere la sua collezione.
Poi per vivere continuai a cercarli. Image
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10 Dec
A volte dovevo sedare i bambini e poi rinchiuderli in un sacco per farli sembrare morti, oppure li nascondevo tra stracci sporchi di sangue dentro le ambulanze, o nelle casse di attrezzi del furgone di un tecnico del comune.
Tutti i mezzi erano buoni per portarli via di lì.
Ero a Varsavia, nel più grande Ghetto Ebreo di tutta l’Europa, quasi 500.000 persone prigioniere lì dei nazisti.
Fame, malattie come la dissenteria o il tifo, soprusi e violenze ogni giorno.
Poi le deportazioni, destinazione Treblinka, e da lì nessuno tornava poi indietro.
Riuscivo ad entrare lì tutti i giorni, come infermiera mandata dal Comune. Avevo preso a cuore la battaglia contro l’antisemitismo già da giovane, e mi ero anche innamorata di due ebrei. Per difendere le mie idee mi avevano persino espulso dall’Università per tre anni.
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9 Dec
Agli americani, la donna disse: “Mi accadrà qualcosa?”
Era il 29 maggio del 1945, a chiederlo la caposala del reparto di Pediatria, Mina Wörle, presso il complesso ospedaliero di Kaufbeuren. Era appena morto Richard Jenne, di 4 anni, per una dose eccessiva di sonnifero.
Ma non fu un errore, lei stava applicando i protocolli dell’Aktion T4, un programma fortemente voluto da Hitler, passato poi alla storia come la più massiccia e brutale operazione di eugenetica.
Cominciò già nel 1933, quando furono forzatamente sterilizzate circa 300.000 persone che avevano dato alla luce figli disabili. Poi nel 1938 la prima esecuzione, un bambino di nome Knauer, in seguito ad una visita ispettiva di uno dei medici personali di Hitler, Viktor Brack.
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7 Dec
Avevo fatto mio il tocco e il tratto di Veermer: facevo gli stessi colori, in particolare il blu di lapislazzuli con olio di lillà, usavo i pennelli dell’epoca e tele originali del 1600. Riuscivo anche a riprodurre la “craquelure”, il reticolo di crepe che si forma con il tempo. Image
Non mi considero un truffatore, ero molto di più un falsario: ero un vero artista innamorato di Veermer.
Non riprodussi solo alcune sue tele, ma ne dipinsi di nuove attribuendole con successo al pittore del ‘600.
In realtà nel 1947 dovetti subire un processo, rischiavo l’ergastolo per un reato molto più grave di essere un falsario: mi accusarono di essere un collaborazionista dei tedeschi.
Di Goering in particolare. Image
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18 Nov
Vespa e il “consenso” popolare.
Scusate ma no.
Non accetto che si possa travisare la realtà così impunemente.
Sulla “macchina del consenso” ci sono fiumi di inchiostro, montagne di pagine di studiosi e storici che hanno analizzato e spiegato il fenomeno.
1/n
Era un consenso costruito, molte volte estorto, sempre organizzato dall’alto.
Lo storico Philip V. Cannistraro coniò la definizione di “fabbrica del consenso”: meccanismi di controllo, di orientamento dell’opinione pubblica e di inquadramento delle masse.
2/n
Accettazione e sopportazione, non consenso.
Manipolazione e orchestrazione. L’utilizzo di simboli, miti e slogan che nelle masse acquisivano intensità e provocavano persuasione.
Le masse erano in gran parte analfabete: la radio, i giornali ed i cinegiornali controllati.
3/n
Read 17 tweets

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