C'è qualcosa di peculiare nel mondo in cui, qui in Italia, una specifica "generazione" ha reagito all'assalto al Congresso americano. Una particolarità che si è vista anche in alcune risposte e conseguenti discussioni dopo le parole di @fabriziobarca
Penso che possiamo essere tutti d'accordo sul fatto che chi si è formato intellettualmente e culturalmente negli anni Novanta (diciamo in particolare i nati negli anni Settanta-Ottanta) ha un rapporto speciale con gli Stati Uniti
Dell'Urss abbiamo (mi ci metto anche io) visto solo la decadenza o la caduta. Dei colpi di stato della Cia in Sudamerica abbiamo forse sentito parlare e siamo cresciuti nel decennio in cui la potenza americana è stata proabilmente meno controversa
Erano gli anni della Guerra del Golfo, di Clinton, del primo boom delle nuove tecnologie e della California. Gli Stati Uniti erano il fronte e il modello ispiratore delle lotte per i diritti civili, che avevano in larga parte sostituito il conflitto sociale degli anni precedenti
La vittoria di Bush e la Guerra al terrore hanno incrinato questa immagine, ma l'arrivo di Obama ha rafforzato l'idea che il Patriot Act, i Neocon e il Tea Party fossero solo una parentesi nella grande storia di un paese complesso, ma essenzialmente virtuoso
Non tutti hanno avuto questo percorso. C'è chi si è formato leggendo Chomsky e Klein e si è fatto le ossa a Genova e nel movimento noglobal. Ma il punto è che per la nostra generazione l'antiamericanismo politico è stato in larga parte spinto alle frange del dibattito pubblico.
L'immagine dominante degli Stati Uniti nella discussione mainstrem, invece, era quella di un imperfetto fratello maggiore che, nonostante le differenze e gli errori che di tanto in tanto commette, nei suoi momenti migliori riesce comunque a indicare la strada da seguire
Ma l'elezione di Donald Trump prima e all'assalto al Campidoglio oggi hanno messo - di nuovo - in crisi questa immagine e in un modo molto più profondo di quanto abbiano fato gli anni di Bush
Se la Guerra al terrore poteva essere considerata una questione essenzialmente americana, una risposta errata, ma data a una sfida che solo gli Stati Uniti, per via del loro "fardello" di superpotenza mondiale, sono costretti ad affrontare...
...gli anni di Trump invece hanno mostrato gli Stati Uniti annaspare di fronte alle stesse sfide che affrontiamo nella provincia dell'impero: leader autoritari, ascesa della destra radicale, razzismo, ritorno della violenza politica
E, almeno superficialmente, gli Stati Uniti sembrano aver risposto molto peggio di noi. Apparentemente nessuno in Europa ha avuto un leader più populista, più autoritario, nessuno ha un clima politico così polarizzato e così violento
Da qui, secondo me, nasce almeno parte la difficoltà ad accettare spiegazioni complesse. Se Trump e tutto ciò che da lui consegue è soltanto il prodotto di social network impazziti, di hacker russi, della follia collettiva di un pugno di complottisti...
...allora gli Stati Uniti possono ancora essere quel modello che ci indica la strada da seguire, quel fratello maggiore che ci rassicura sul fatto che il mondo ha un senso e che il domani sarà migliore dell'oggi
D'altro canto, se invece Trump e l'assalto al Congresso non sono un errore del sistema, ma il prodotto di cause profonde, lo sbocco "naturale" di fenomeni in moto da decenni, allora dobbiamo seriamente fare i conti con la nostra idea di un fratello maggiore, per quanto imperfetto
Perché allora gli Stati Uniti non possono più essere la più grande democrazia del mondo che ci offre un esempio e un modello da seguire. Non è più scontato che ai nostri problemi ci siano effettivamente delle soluzioni. In altre parole, dobbiamo considerare che forse siamo soli
Penso che tutto questo non sia così difficile da accettare per chi ha conosciuto gli Stati Uniti soprattutto dopo la grande crisi, quando anche nel discorso mainstream hanno fatto ingresso le contraddizioni e le storture di quel paese
Ci sono certamente molti altri elementi in questa storia. Se la sinistra cerca di contestualizzare e spiegare Trump e i suoi sostenitori, è anche perché ritiene legittima la richiesta di cambiamento di quella parte, anche se non ne condivide le soluzioni
E se il centro invece sottolinea il carattere inaccettabile dell'intera protesta è per affermare che non sono solo i fini il problema, ma anche il turbamento dello status quo, che avvenga da destra o, eventualmente, da sinistra
Ma alla fine penso che, almeno in Italia, un ruolo lo abbia anche l'attaccamento emotivo, ancora prima che intellettuale o ideologico, che la generazione dei 30-40enni ha sviluppato per quel paese
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Partiamo con l'obiettivo finale del piano: arrivare a una copertura vaccinale del 60-70 per cento prima del prossimo autunno, nella speranza che questo livello di protezione sia abbastanza alto da evitare una nuova ondata di contagi come l'ultima che abbiamo vissuto
Il raggiungimento di questo obiettivo dipende da due fattori: la capacità di distribuire abbastanza vaccini entro l'autunno e la disponibilità di un numero sufficiente di vaccini. In altre parole, serve distribuire 80 milioni di dosi per proteggere circa 40 milioni di italiani
Chi è rimasto in Italia a combattere quella che molti chiamano "l'antica", "novecentesca" e "superata" lotta di classe? Apparentemente, l'ultimo romantico di questo conflitto è Carlo Bonomi, presidente di Confindustria
Ieri Bonomi ha fatto un discorso che si può senza dubbio definire novecentesco in cui ha rivendicato senza alcun timore quello che la classe imprenditoriale chiede al resto della società (glissando un po' su quello che promette di restituire)
Prima di tutto Bonomi chiede 25 miliardi di euro di "sostegno alla competitività", cioè sussidi alle imprese. Bonomi infatti è contrario ai sussidi (come vedrete tra poco), ma non a tutti i sussidi indistintamente
Ci sono molte parole del lessico politico che hanno perso il loro significato originale (radical chic, populismo) e altre che non ne hanno mai avuto uno (sovranismo). Ma in questo campionato la mia preferita è senza dubbio "riformismo"
Chi erano i riformisti? Erano coloro che puntavano ad arrivare al socialismo con metodi democratici senza necessariamente incendiare il Palazzo d'Inverno (ed erano contrapposti ai massimalisti/comunisti)
Chi sono oggi i riformisti? Difficile da rispondere. Il termine è usato molto spesso, a proposito e a sproposito, ma di sicuro i riformisti di oggi sono gente che con il socialismo non vuole avere niente a che fare, sia che ci si arrivi con le bombe sia per vie democratiche
Quello che è accaduto ieri con la firma del primo contratto nazionale collettivo dei rider è piuttosto incredibile e sicuramente senza precedenti, lo abbiamo raccontato su @domanigiornaleeditorialedomani.it/fatti/il-contr…
Il decreto rider di un anno fa obbligava le aziende di delivery a trovare un accordo con i rider entro novembre, pena il loro riconoscimento come lavoratori subordinati. Ma fino a ieri le aziende si erano sempre rifiutate di riconoscere sindacati e colletivi come interlocutori
Il 23 settembre avrebbe dovuto tenersi un nuovo incontro con tutte le parti. Poi, ieri, improvvisamente le aziende hanno annunciato di aver firmato un contratto colletivo nazionale con l'Ugl che, curiosamente, soddisfa più o meno tutte le loro richieste
La prima cosa: la scuola ha aperto più o meno regolarmente in 13 regioni. L'impresa di riportare in classe 5,6 milioni di studenti (tanti quanti gli abitanti della Danimarca) con nuove norme anti Covid-19 mai sperimentate è più o meno riuscita
Il merito è soprattutto di insegnanti, presidi e, in molti casi, di genitori che hanno offerto aiuto volontario alle scuole e hanno lavorato tutta l'estate per preparare la ripartenza. "Partiamo già in riserva", ci ha detto una preside di Bergamo
Un lunghissimo thread domenicale, comprensibile anche ai digiuni di queste cose, su uno dei miei argomenti preferiti: il Mes. Parlerò di argomenti economici, ma soprattutto politici perché credo che soprattutto questi ultimi siano importanti nel dibattito italiano
Partiamo dalle basi: il Mes è un fondo europeo che serve ad aiutare stati che hanno difficoltà ad accedere ai mercati finanziari (in altre parole, stati che non riescono a piazzare i loro titoli di stato agli investitori)
La sua nascita è il frutto di anni di duri negoziati tra governi del Nord Europa che non vogliono concedere aiuti ai paesi in difficoltà senza dure condizioni (pensano che se un paese è in difficoltà lo è perché è uno sprecono) e paesi periferici li vogliono con meno condizioni