Ho letto i giornali.
Il 18 febbraio 2021 alle 20:55 UTC, il Rover Perseverance, soprannominato Percy, è atterrato su Marte.
Non ho detto “ammartato” altrimenti li sentivi quelli della brigata dei Crusconi.
Come chi sono? L’Accademia della Crusca, perdinci.
Tutti a parlare e scrivere di Perseverance.
Eppure su Marte non ci sarebbe mai arrivato senza il suo contributo. Quello del razzo Atlas V, intendo.
E quindi senza il mio contributo.
Mio e di lei, soprattutto.
Senza di noi, niente Marte.
Non sono stato il primo, e nemmeno il più importante, ma nella conquista dello spazio mediante razzi propulsori un pochino di merito è anche mio. Chi ha iniziato?
Bisogna andare indietro nel tempo, quando la conquista si fermava all’aria. Alle rondini volanti dei bambini di Rodi
Le facevano volare per festeggiare la primavera e le chiamavano “rondini meccaniche”.
Non ne sono sicuro, ma credo che lo stesso Archita si sia ispirato a loro nel costruire la sua colomba.
Descritta bene da Aulo Gellio nel cap. 12 del Libro X del suo ‘Notti Attiche’.
“Simulacro in legno della colomba che costruito in base ad un principio meccanico ed animato da uno spirito occulto”.
Favorino dice però che “una volta a terra, la colomba non si sollevava più”.
Quasi sicuramente spinto da un getto (vapore?) volava per circa 200 metri.
Le ali venivano azionate con un gioco di contrappesi. Inventò anche altro il grande Archita, nato a Taranto nel 428 a. C. e considerato il fondatore della meccanica. Avete presente la raganella?
Sì, il tric trac, quella roba per divertire i bambini.
Roba sua.
Se è quasi un mistero la colomba di Archita, lo è sicuramente l’aquila di legno del matematico francese Johannes Müller, detto il Regiomontano.
Che volò incontro a Federico III quando entrò a Norimberga.
Con quale mezzo di propulsione stava in aria? Non si sa.
Forse ancora aria compressa.
Ma l’aria compressa è una forza sufficiente per tenere in aria per così tanto tempo una aquila di legno? Non so. Costruì anche una mosca in ferro in grado di volare.
Da chi può aver tratto spunto per i suoi “automi”?
Forse da Erone di Alessandria, nato nel I secolo d.C., ritenuto l’antenato del motore a getto e della macchina a vapore.
Costruì l’Eolipila o motore di Erone, un apparato che sfruttava la forza propellente del vapore acqueo ad alta temperatura per ottenere il movimento.
E come dimenticare il siriano Gallinico.
Che procurò all’imperatore d’Oriente Costantino IV dei razzi incendiari contro l’invasione degli Arabi.
Razzi incendiari carichi di nafta, bitume, pece e resina.
Poi utilizzati in seguito anche da europei, turchi e dagli stessi arabi
E Diderot (1713-1784)?
Pubblicò dei disegni schematici dove si vedeva chiaramente il funzionamento di razzi a vari stadi.
Tanto da far dire al Generale Alix che se li avesse avuti Napoleone forse la Campagna di Russia avrebbe potuto avere un altro esito.
Tutte cose serie, non come quel pazzo del marchese di Bacqueville che il 19 marzo 1742 si lanciò dalla terrazza del suo palazzo a Parigi con due grandi ali con la “forme que la réligion prête aux anges”.
Finire su una barca nella Senna, rompendosi le gambe, fu un attimo.
Certamente meno pazzo fu il fisico Alessandro Paucton, che nella seconda metà del settecento riprese uno studio di Leonardo descrivendo compiutamente un elicottero munito di elica e di due pale.
Idea ripresa da Blanchard.
Con l’abate di Viennay costruì il “vascello volante” e il 2 marzo 1784, dal Campo di Marte di Parigi, fece un’ascensione con quel vascello che si alzava per mezzo di un sistema meccanico a quattro ali.
E poi i fratelli Montgolfier. E molti altri ancora.
So cosa vi state chiedendo.
Chi è questo che racconta, e soprattutto, chi è quella lei che dobbiamo ringraziare? Tranquilli.
Comincio col dirvi che sono stato la prima persona a usare i razzi per alzare in volo un passeggero vivo.
MI chiamo Claudio Ruggieri.
In rete mi trovate come Claude Ruggieri.
Nato In Francia, è vero, ma da famiglia italiana.
I miei fratelli, Antonio, Francesco, Gaetano, Petronio e Pietro avevano lasciato Bologna nel 1739.
In breve erano stati nominati "artificiers du Roi", dal re Luigi XV.
Giuro che non fu colpa loro.
Era il 30 maggio 1770 durante i festeggiamenti per il matrimonio di Maria Antonietta con il Delfino.
Fu una folata di vento a far cadere alcuni fuochi d’artificio tra la folla. E fu il panico a causare centinaia di morti.
Come i miei fratelli diventai anch’io un esperto di fuochi d'artificio.
Talmente bravo da essere chiamato per le nozze di Napoleone Bonaparte nel 1810.
La gente rimase a bocca aperta.
Nessuno aveva mai visto i fuochi colorati di verde.
Una mia invenzione.
Talmente bravo che nel 1801 avevo pubblicato un trattato sull'argomento, Eléments de pyrotechnie.
Perché sono arrabbiato? Perché sono stato il primo ad utilizzare i razzi per trasportare in volo passeggeri vivi e nessuno si ricorda di me. Di me e di lei, naturalmente.
Era il 1806. Dopo aver dato il meglio di me con i fuochi d’artificio decisi di fare il grande passo.
Costruii con lamiere sottili una specie di gabbia e tutto intorno piazzai dei razzi.
Una volta accesi, la gabbia si sollevò fino ad arrivare ad una altezza di 200 metri.
Per la prima volta con un passeggero a bordo.
Era spaventata lo so, ma avevo previsto un paracadute e per questo riuscì a toccare terra sana e salva.
La mia pecorella dimostrò le grandi possibilità della propulsione a reazione.
Poi nel 1830 costruii una gabbia più grande.
Avrei voluto usare un animale diverso, un montone per esempio, ma per quel test un ragazzino di undici anni si offrì volontario come passeggero.
Era tutto pronto per salire dal Champ de Mars, quando…
Tranquilli. Prima di spedire in aria il bambino, le autorità francesi interruppero il lancio.
Per loro il passeggero era troppo giovane.
Poteva finire in tragedia, lo so.
Sono stato uno stupido anche solo a pensarci.
Forse non avete mai sentito parlare di me e della mia famiglia prima d’ora, ma ora qualcosa sapete.
Quindi la prossima volta che vedrete partire un razzo per chissà quale missione ricordatevi di me, di Claudio Ruggeri. E della mia pecorella a reazione.
La famiglia Ruggieri, che ha iniziato la loro carriera con i fuochi d’artificio nel 1739 sotto Luigi XV, è operativa ancora oggi.
Quasi tutte le tecniche che vedete utilizzate in questi spettacoli sono loro invenzioni.
Cosa darei per vincere questo torneo? C’è gente che sarebbe disposta a tutto anche solo per essere presente come spettatore, figuriamoci come protagonista in campo. Dicono che non posso vincere. Sono d'accordo.
In conferenza stampa ho detto che «Darei una mano pur di farcela».
C’è sempre dell’ansia prima di entrare in campo.
Ci si veste, poi i soliti riti scaramantici, e infine qualche minuto seduto in attesa della chiamata.
Tra poco sfiderò in finale, sul manto erboso del Centre Court di Wimbledon, il vincitore dell’anno scorso.
Numero uno al mondo
Non ci sopportiamo. Vecchia ruggine per questioni di patriottismo.
Non avendo risposto a una chiamata della nazionale per giocare delle amichevoli lo avevo definito “antipatriottico”. Una causa di risarcimento in corso. Siamo diversi. Non solo per il colore della pelle.
«Dopo 2 thread (bit.ly/301WVoL e bit.ly/2OcUuNj ), caro Pericle, riprendiamo dalle opere da te realizzate.
Non avevi soldi. Però avevi i tributi dalle città che facevano parte della lega di Delo.
Soldi custoditi nell’isola sacra ad Apollo.
Ti venne un’idea».
Vero. I soldi erano custoditi nell’isola di Delo.
Pensai di trasferire quei soldi ad Atene, sotto il mio controllo. Usai quel denaro anche per completare i circa sei chilometri di mura che dalla città arrivavano a inglobare il vecchio porto del Falero e il nuovo porto del Pireo.
«Ma come sempre accade, anche ai migliori politici, il consenso cominciò a calare.
E quando cala il consenso…
I tuoi avversari passarono al contrattacco.
Cominciarono accusando il tuo amico Anassagora.
Solo per aver formulato ipotesi sul moto dei corpi celesti».
«Salve Pericle, ci sei? Sono Johannes.
Eravamo rimasti (qui ieri bit.ly/301WVoL ) alla tua rivalità con Cimone.
Tu che facevi parte della famiglia degli Alcmeonidi, lui della famiglia rivale dei Filaidi, famiglie ateniesi potenti e aristocratiche. Continua pure».
Ieri hai detto che Cimone aiutava il popolo.
Io non ero da meno.
Lo sapevi che i teatri erano pieni di gente povera?
E secondo te chi pagava loro il biglietto? Il sottoscritto.
Non solo.
Davo pure soldi a quelli che facevano parte delle giurie nei tribunali popolari.
«Peccato che, a differenza di Cimone, non fossero soldi tuoi.
Prelevavi il tutto dalle casse dello Stato.
E con quello compravi il consenso popolare.
Al popolo il superfluo dà più piacere del necessario, ripetevi a ogni occasione.
Ecco il perché del biglietto a teatro».
Discutere della mia vita con te? Perché no, Johannes.
In fondo non puoi riportare niente di più di quello che sta scritto nei libri di storia.
Plutarco ha trasmesso al mondo intero come io, Pericle, sia stato l’inventore della democrazia ateniese.
E molto, molto altro.
«Ottimo. Iniziamo.
Siamo nel 480 a.C. e Temistocle è il politico più influente di Atene.
È lui a convincere gli abitanti a lasciare la città per rifugiarsi sulle isole di Egina e Salamina mentre i Persiani devastano Atene.
Temistocle sta preparando lo scontro navale finale».
Esattamente. Temistocle fu molto astuto.
In quello stretto braccio di mare le navi persiane, anche se più numerose, erano troppo massicce per poter manovrare.
Grazie alle sue duecento triremi, riuscì a ottenere sui Persiani una vittoria decisiva.
Però ora parliamo di me.
Oggi è il 23 marzo 2017.
Non è la prima volta che vengo ad Auschwitz.
Sono stanco, e non solo per i miei 83 anni.
Sono ormai trent’anni che cerco di a mettere in luce le responsabilità di quell’azienda nello sterminio di milioni di esseri umani.
Era il 26 ottobre 1942 e sono certo che Kurt ripensò al suo passato. Era stato assunto da quell'azienda come disegnatore tecnico e di strada ne aveva fatta parecchia. Dopo nove anni era stato promosso ingegnere del reparto D.
E proprio in quel reparto aveva dato il meglio di sé.
Grazie al suo ingegno la sua ditta si stava aggiudicando tutti gli appalti.
Quel giorno era particolarmente euforico.
«Le mie idee sono davvero rivoluzionarie, posso supporre che mi concederete un bonus per il lavoro che ho fatto» aveva scritto in mattinata al suo direttore.
«Nerone ti sei calmato? Ieri sera
(qui bit.ly/3sbRpMi) abbiano parlato di un’accusa infamante nei tuoi confronti. Abbiamo però concordato sul fatto che tu non hai nessuna colpa per l’incendio di Roma del 64 d.C.
Ci resta da approfondire il resto della tua vita».
Credo che nessuno abbia qualcosa da dire sui primi anni del mio impero. Mi sono comportato bene.
Anzi benissimo, in modo impeccabile.
Sotto la guida di Seneca, del prefetto del pretorio, Sesto Afranio Burro e della donna più influente di Roma, mia madre Agrippina.
«Concordo sul ruolo avuto da tua madre nella tua salita al trono. Lo voleva a ogni costo.
“Che mi uccida, purché regni” rispose a un oracolo che la metteva in guardia. Ci mettesti del tuo.
Hai fatto uccidere Britannico, il tuo fratellastro.
Era lui il legittimo Imperatore»