Sì. Johannes, la frase «un’altra vittoria così sui Romani e sarò perduto» è mia.
Per vincere l’avevo vinta quella battaglia, ma quale prezzo. Una vittoria inutile.
Ero convinto che i Sanniti si sarebbero ribellati ai Romani.
O gli Etruschi, o i Latini almeno. Invece.
«Già. Credo tu stia parlando della battaglia del 279 a.C., quella di Ascoli Satriano nell’attuale provincia di Foggia. In realtà le tue perdite, 3.500, furono inferiori rispetto ai Romani dei consoli Publio Decio Mure e Publio Sulpicio Saverrione, che persero circa 6.000 uomini»
E’ vero, i loro caduti venivano però rimpiazzati alla svelta. Per me era più complicato farli arrivare dall’Epiro.
Per quello contavo sulla ribellione di quei popoli.
Da alleati le cose sarebbero andate diversamente.
La battaglia di Malevento avrebbe avuto ben altro esito.
«Prima di parlare di quella battaglia forse è il caso di raccontare come sei arrivato in Italia. E perché.
Te ne stavi tranquillo nel tuo regno, l’Epiro, un pezzo d’Albania e un pezzo di Grecia.
Chi te lo ha fatto fare d'imbarcarti in quell’avventura. Contro i Romani, poi».
Quello è vero. Pensando soprattutto a quello che avevo passato prima di diventare Re.
Avevo due anni quando il popolo si ribellò esiliando mio padre, Eacide II, che poco dopo morì.
Salvato da alcuni servi riparai con mia madre e le mie due sorelle da Glaucia, re dei Taulanti.
«Conosco la storia.
A 13 anni riprendesti il tuo posto di comando, ma a 17 Cassandro I, re di Macedonia impose Neottolemo II al tuo posto. Per te altro esilio.
Poi nel 298 a.C., grazie a Tolomeo, tornasti sul trono dell’Epiro.
Lasciamo perdere il resto. Perché contro Roma?»
Possiamo partire dal 290 a.C. quando Roma si ritrovò, dopo le tre guerre sannitiche, padrona di buona parte dell’Italia meridionale a esclusione delle colonie della Magna Grecia.
L’idea era chiara.
Occupare anche quelle colonie significava avere il possesso del Mediterraneo.
«Sì, però che c’entra Taranto?
Quella città aveva stipulato un trattato con Roma.
Le navi romane non potevano superare il promontorio Lacinio, nei pressi di Crotone.
Perché i romani, nel 282 a. C., arrivarono a poca distanza da quella città?»
Era stata la colonia di Thurii a chiedere aiuto ai Romani dopo essere stata attaccata dai Lucani.
Per Roma un’occasione ghiotta per avvicinare il proprio esercito a Taranto.
Sconfitti i Lucani lasciarono a Thurii alcune legioni.
E per Taranto fu una violazione del trattato
«Dopo le proteste Roma inviò nel golfo di Taranto una piccola flotta per “visita” esplorativa.
Non avevano tenuto conto del fatto che si stava festeggiando Dioniso.
Pensando fosse un attacco i tarantini affondarono quattro navi. Il vino aveva aiutato. A essere confusi, intendo»
L’avevano combinata bella.
Se ne accorsero una volta passati i fumi dell'alcool.
Cosa facciamo, cosa non facciamo, capirono ben presto che la guerra con Roma era ormai inevitabile.
Così attaccarono Thurii, saccheggiandola, e scacciando i romani. E poi rimasero in attesa.
«Roma invece non reagì militarmente.
Mandò a Taranto degli ambasciatori guidati da Postumio. Con alcune richieste. La consegna dei responsabili dell’affondamento delle navi, il rimpatrio dei cittadini espulsi da Thurii e la liberazione dei prigionieri. Continua tu che è meglio».
Mentre gli ambasciatori parlavano i tarantini ridevano. Tutta colpa del greco approssimativo usato dai romani. Non avendo ottenuta risposte tornarono a Roma raccontando di essere stati dileggiati.
Il Senato prese la decisione di dichiarare guerra a Taranto. Una scusa.
«Pirro, ma non hai dimenticato qualcosa?
Non presero solo in giro i romani per il loro greco,
fecero qualcosa di peggio.
Se ne stavano andando quando Postumio fu avvicinato da un uomo ubriaco, un certo Filonide.
Fu quello che fece a far imbestialire i romani».
Scusa Johannes, ma lo devo raccontare proprio io? Uffa.
Va bene. Quell’ubriacone si sollevò la veste e fece quello che fece inondando la toga dell’ambasciatore. Oltraggiandolo.
Postumio cercò di sollevare i tarantini contro l’uomo che aveva oltraggiato un ospite. Invece…
«Invece i tarantini appoggiarono l’ubriacone.
E l’ambasciatore tornò a Roma mostrando la toga oltraggiata al Senato. E poi la guerra.
Quanto i tarantini videro avvicinarsi le legioni del console Lucio Emilio Barbula decisero di chiedere il tuo aiuto.
E tu non aspettavi altro».
Certo. Era l’occasione che aspettavo.
Ampliare il mio regno.
Prima in Italia, poi la Sicilia e successivamente l’Africa.
Era l’anno 280 a.C.
Sbarcai in Italia con un esercito di 25mila soldati tra fanti, cavalieri e arcieri.
E poi venti di quegli splendidi guerrieri.
«I Romani rimasero impressionati quando l’anno dopo li videro la prima volta nella piana di Eraclea a circa 70 Km da Taranto.
Cominciarono a chiamarli “buoi lucani” invece erano degli straordinari elefanti.
Vinta quella battaglia ti dirigesti verso Roma».
Ero un grande condottiero, tanto che Annibale mi riteneva il più astuto degli strateghi.
Però una volta arrivato vicino a Roma capii di non essere pronto. Per quello tentai un accordo per una tregua.
Il tentativo fallì per colpa del console romano Appio Claudio Cieco.
«In quanto a propaganda non ti batteva nessuno.
Avevi messo in giro la voce di essere un discendente di Achille e di Eracle.
Non ti bastava essere imparentato con Alessandro Magno.
Giusto ricordare che anche sul campo di Eraclea lasciasti a terra 4.000 uomini».
Anche 7.000 romani però.
Comunque nel 279 a. C. ci fu quella battaglia di Ascoli Satriano. Ne abbiamo parlato all’inizio.
Quella della “vittoria di Pirro”.
Dopo quella vittoria feci una sortita in Sicilia tentando la sua conquista. Troppe perdite. Me ne tornai a mani vuote.
«Nel 275 a.C. riprendesti le ostilità con Roma.
Avevi perso molti dei tuoi soldati, ma ti vennero in soccorso le città greco-italiche e soprattutto i Sanniti.
La battaglia decisiva si tenne a Malevento.
Contro il console romano Manio Curio Dentato, con i suoi 17 mila uomini»
Erano su un’altura.
Io sotto con i miei 20.000 fanti, più la cavalleria e i venti elefanti.
Mi mancavano gli esperti falangisti che avevo perso nelle precedenti battaglie.
I Romani capirono come mettere fuori gioco gli elefanti. Con un fitto lancio di frecce incendiarie.
«Gli elefanti alla vista del fuoco cominciarono a fuggire in modo disordinato travolgendo la tua fanteria. Non fu una vera sconfitta, ma prendesti la decisione di ritirarti prima a Taranto e poi in patria dopo aver perso due terzi dei tuoi uomini. Per morire ad Argo nel 272 a.C.»
«Dopo la vittoria romana la città di Malevento venne ribattezzata Benevento.
Taranto rimase sotto assedio per tre anni per poi capitolare.
Roma completò così la conquista dell'Italia meridionale.
Ora poteva dedicarsi ad altro. Un po’ più in là.
A Cartagine».

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12 Mar
Ho letto i giornali.
Il 18 febbraio 2021 alle 20:55 UTC, il Rover Perseverance, soprannominato Percy, è atterrato su Marte.
Non ho detto “ammartato” altrimenti li sentivi quelli della brigata dei Crusconi.
Come chi sono? L’Accademia della Crusca, perdinci.
Tutti a parlare e scrivere di Perseverance.
Eppure su Marte non ci sarebbe mai arrivato senza il suo contributo. Quello del razzo Atlas V, intendo.
E quindi senza il mio contributo.
Mio e di lei, soprattutto.
Senza di noi, niente Marte.
Non sono stato il primo, e nemmeno il più importante, ma nella conquista dello spazio mediante razzi propulsori un pochino di merito è anche mio. Chi ha iniziato?
Bisogna andare indietro nel tempo, quando la conquista si fermava all’aria. Alle rondini volanti dei bambini di Rodi
Read 25 tweets
7 Mar
Cosa darei per vincere questo torneo? C’è gente che sarebbe disposta a tutto anche solo per essere presente come spettatore, figuriamoci come protagonista in campo. Dicono che non posso vincere. Sono d'accordo.
In conferenza stampa ho detto che «Darei una mano pur di farcela».
C’è sempre dell’ansia prima di entrare in campo.
Ci si veste, poi i soliti riti scaramantici, e infine qualche minuto seduto in attesa della chiamata.
Tra poco sfiderò in finale, sul manto erboso del Centre Court di Wimbledon, il vincitore dell’anno scorso.
Numero uno al mondo
Non ci sopportiamo. Vecchia ruggine per questioni di patriottismo.
Non avendo risposto a una chiamata della nazionale per giocare delle amichevoli lo avevo definito “antipatriottico”. Una causa di risarcimento in corso. Siamo diversi. Non solo per il colore della pelle.
Read 24 tweets
3 Mar
«Dopo 2 thread (bit.ly/301WVoL e bit.ly/2OcUuNj ), caro Pericle, riprendiamo dalle opere da te realizzate.
Non avevi soldi. Però avevi i tributi dalle città che facevano parte della lega di Delo.
Soldi custoditi nell’isola sacra ad Apollo.
Ti venne un’idea».
Vero. I soldi erano custoditi nell’isola di Delo.
Pensai di trasferire quei soldi ad Atene, sotto il mio controllo. Usai quel denaro anche per completare i circa sei chilometri di mura che dalla città arrivavano a inglobare il vecchio porto del Falero e il nuovo porto del Pireo.
«Ma come sempre accade, anche ai migliori politici, il consenso cominciò a calare.
E quando cala il consenso…
I tuoi avversari passarono al contrattacco.
Cominciarono accusando il tuo amico Anassagora.
Solo per aver formulato ipotesi sul moto dei corpi celesti».
Read 25 tweets
2 Mar
«Salve Pericle, ci sei? Sono Johannes.
Eravamo rimasti (qui ieri bit.ly/301WVoL ) alla tua rivalità con Cimone.
Tu che facevi parte della famiglia degli Alcmeonidi, lui della famiglia rivale dei Filaidi, famiglie ateniesi potenti e aristocratiche. Continua pure».
Ieri hai detto che Cimone aiutava il popolo.
Io non ero da meno.
Lo sapevi che i teatri erano pieni di gente povera?
E secondo te chi pagava loro il biglietto? Il sottoscritto.
Non solo.
Davo pure soldi a quelli che facevano parte delle giurie nei tribunali popolari.
«Peccato che, a differenza di Cimone, non fossero soldi tuoi.
Prelevavi il tutto dalle casse dello Stato.
E con quello compravi il consenso popolare.
Al popolo il superfluo dà più piacere del necessario, ripetevi a ogni occasione.
Ecco il perché del biglietto a teatro».
Read 25 tweets
1 Mar
Discutere della mia vita con te? Perché no, Johannes.
In fondo non puoi riportare niente di più di quello che sta scritto nei libri di storia.
Plutarco ha trasmesso al mondo intero come io, Pericle, sia stato l’inventore della democrazia ateniese.
E molto, molto altro.
«Ottimo. Iniziamo.
Siamo nel 480 a.C. e Temistocle è il politico più influente di Atene.
È lui a convincere gli abitanti a lasciare la città per rifugiarsi sulle isole di Egina e Salamina mentre i Persiani devastano Atene.
Temistocle sta preparando lo scontro navale finale».
Esattamente. Temistocle fu molto astuto.
In quello stretto braccio di mare le navi persiane, anche se più numerose, erano troppo massicce per poter manovrare.
Grazie alle sue duecento triremi, riuscì a ottenere sui Persiani una vittoria decisiva.
Però ora parliamo di me.
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24 Feb
Oggi è il 23 marzo 2017.
Non è la prima volta che vengo ad Auschwitz.
Sono stanco, e non solo per i miei 83 anni.
Sono ormai trent’anni che cerco di a mettere in luce le responsabilità di quell’azienda nello sterminio di milioni di esseri umani.
Era il 26 ottobre 1942 e sono certo che Kurt ripensò al suo passato. Era stato assunto da quell'azienda come disegnatore tecnico e di strada ne aveva fatta parecchia. Dopo nove anni era stato promosso ingegnere del reparto D.
E proprio in quel reparto aveva dato il meglio di sé.
Grazie al suo ingegno la sua ditta si stava aggiudicando tutti gli appalti.
Quel giorno era particolarmente euforico.
«Le mie idee sono davvero rivoluzionarie, posso supporre che mi concederete un bonus per il lavoro che ho fatto» aveva scritto in mattinata al suo direttore.
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