+++ Le nuove tasse verdi - Thread +++

L’Unione Europea sta preparando una proposta legislativa mirata a introdurre il Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM), che sarà presentato entro la fine di questo mese. L’ennesimo minaccioso acronimo inventato in quel di Bruxelles
prevede in sintesi l’introduzione dal 2023 di una corposa tassa sulle importazioni di beni da paesi con regole meno stringenti di quelle europee sulle emissioni di CO2. Nelle intenzioni, la nuova tassa dovrebbe incentivare quei paesi a dotarsi di regole per
l’abbattimento delle emissioni secondo gli accordi di Parigi del 2015, scoraggiando al tempo stesso la delocalizzazione di imprese europee.

Ancora non si sa a quanto potrebbe ammontare la tassa, ma sappiamo che dovrebbe rispettare un criterio di proporzionalità rispetto
al costo attuale dei permessi di emissione (50€/ton).

Il progetto è una parte fondamentale della strategia europea di riduzione delle emissioni ed è sostenuto con vigore da economisti, ambientalisti e industria europea, che si sente svantaggiata dal sistema vigente nell’UE
e reclama parità di trattamento. In UE infatti esiste un Emissions Trading System (ETS), che obbliga le imprese a più alta intensità carbonica (energia, acciaio, vetro, cemento, chimica) a pagarsi l’acquisto di costosi permessi di emissione.

Al di là dei propositi e degli
obiettivi dichiarati, applicando una tassa sull'import il risultato quasi certo sarà un aumento generalizzato dei prezzi al consumo finale. A questa conseguenza praticamente certa si sommano però altre preoccupazioni, meno immediate ma anche più rilevanti.

Il CBAM, essendo
a tutti gli effetti un dazio sulle importazioni, non gode dei favori delle due maggiori economie mondiali, USA e Cina, che vedrebbero penalizzate le proprie esportazioni. L’inviato speciale USA per il clima, John Kerry, per conto dell’amministrazione Biden, ha da subito espresso
serie perplessità sul meccanismo. A Washington si teme che la mossa unilaterale europea possa non solo spiazzare i prodotti americani, ma anche scatenare una guerra dei dazi a livello mondiale.

Grossi dubbi sulle conseguenze di questo provvedimento arrivano anche
dai paesi in via di sviluppo. Gli standard ambientali europei sono infatti irraggiungibili dai paesi del Sud del mondo, almeno in tempi ragionevoli. Il dazio colpirebbe innanzitutto quelle economie, che, private di uno sbocco importante per le proprie merci, sarebbero costrette
a orientarsi verso mercati meno ricchi e con standard ambientali più bassi, alimentando così una netta disuguaglianza tra circuiti commerciali. I paesi più svantaggiati dovrebbero lottare contro la povertà di massa avendo anche condizioni ambientali peggiori dell’Occidente.
La disuguaglianza tra chi può permettersi politiche "virtuose" e chi non può permettersele sarebbe ancora maggiore.

Il CBAM all’europea assomiglia molto, insomma, a una toppa sulla riduzione di competitività dell’industria europea, messa a dura prova dai costi
della transizione ambientale imposta dal blocco industriale tedesco, più che un tentativo di dare una risposta adeguata al problema delle emissioni di CO2. Una tassa come questa finanzierebbe la transizione energetica con il contributo determinante del portafoglio
dei cittadini italiani, già abbondantemente provato da decenni di avanzi primari e dalla crisi da lockdown.

Ma non è tutto. La Commissione, sempre gravida di idee fenomenali, sta infatti valutando di introdurre una vera propria carbon tax che colpisca i trasporti
e il riscaldamento domestico, sul modello della tassa già in vigore in Germania da quest’anno. Simile proposta di legge è appena stata bocciata da un referendum in Svizzera.
Tutti gli usi di gas naturale, benzina e gasolio in Germania sono tassati per 25€/ton di CO2,
che sulla benzina equivalgono a 7-8 centesimi di euro al litro. Le abitazioni che consumano gas per riscaldamento o acqua calda hanno un sovrapprezzo di circa 5€cent al metro cubo. La legge tedesca stabilisce già ora che entro il 2025 questa cifra dovrà essere raddoppiata.
Se sarà confermata l’introduzione di una simile carbon tax europea, insieme al meccanismo CBAM, la tassazione sulle emissioni nell’Unione Europea sarà totale e sarà la più alta del mondo. Il rischio è che questo salasso duri a lungo, perché per i sistemi energetici europei
e per la massa di cittadini le alternative disponibili ancora non ci sono o sono assai costose. Si rischia di avere, da qui a pochi anni, una povertà energetica interna dalle conseguenze sociali imprevedibili. La società di consulenza Cambridge Econometrics ha stimato
che se il sistema ETS europeo fosse allargato anche ai settori dei trasporti e del riscaldamento domestico, al 2030 si avrebbe un aumento dei costi del carburante di 50 €cent/litro e circa un raddoppio dei costi per i riscaldamenti a gas. Numeri impressionanti
che rischiano di colpire drasticamente i redditi delle famiglie.
Si prospetta insomma una transizione verde a suon di tasse, obblighi e divieti, tesi a modificare i comportamenti individuali in nome di una rinnovata austerità, invocata questa volta a salvezza del pianeta.
Alla retorica del peccato del debito che “pesa sulle generazioni future” (topos fondamentale del racconto piddino, condito dal moralismo di stampo nordico protestante) si aggiunge quella del pianeta da salvare ad ogni costo perché, ovviamente, TINA (There Is No Alternative).

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